La Descrizione Fondativa
Capitolo I
Principi metodologici generali
1. I nuovi modelli di pianificazione del territorio
Il PUC del Comune della Spezia si distacca sostanzialmente, dal punto di vista metodologico, dalla consuetudine dei Piani di assetto di tradizionale contenuto tecnico-regolamentare, caratterizzati dalla disciplina zonizzativa del territorio attraverso parametri di tipo esclusivamente quantitativo basati su criteri di natura tecnico-fisica, attuabili con normative indistinte nella loro sintetica omologazione parametrica e quantitativa, e si caratterizza da un lato come un Piano di Struttura, dal contenuto programmatico e, dall’altro, come un Piano Attuativo. Il piano opera ad un analitico livello di dettaglio attraverso specifiche indicazioni ordinatorie nelle zone in cui è necessario subordinare ogni operazione edilizia a precisi criteri di valore ambientale, storico-formali o funzionali. Nelle zone di più recente formazione, ad esempio, il completamento edilizio, come la ristrutturazione urbanistica o edilizia nonché i mantenimenti o le trasformazioni sono sempre in funzione della riqualificazione dei tessuti edilizi nel rispetto dei caratteri morfologici di impianto e delle preesistenze storico documentarie significative. Questo obiettivo, tuttavia, non è rigido né deterministicamente derivante dalle analisi: esso viene perseguito, con il PUC, attraverso un processo continuo di pianificazione di tipo processuale, distribuito nel tempo, articolato sulla base di precisi programmi operativi rispondenti al principio della flessibilità delle opzioni offerte e della compatibilità con le scelte fondative ed organiche di struttura, talvolta concertate, quando occorre, con gli operatori privati onde garantire, in tempi brevi, il raggiungimento congiunto degli obiettivi concordemente assunti nel quadro dei principi pianificatori o programmatici dell’Amministrazione, sulla base delle direttive di indirizzo definite dallo strumento urbanistico.
1.1. I Piani di Assetto
Il Piano di Struttura, invece, anche se di più complessa realizzazione e di più esposta responsabilità circa il giudizio di valore “qualitativo” che richiede, comporta, per contro, una gestione più chiara e certamente meglio programmabile dei risultati formali delle modificazioni edilizie, i cui risultati ambientali divengono più correlabili tra loro, adeguati come sono al continuo modificarsi sia delle destinazioni d’uso, sia degli scenari morfologici urbani. In tal modo si guida e si incentiva al meglio la riqualificazione e il completamento edilizio per correlarlo il più possibile alle esigenze espresse dalla realtà del momento, sulla base di un criterio generale di omogeneità e di continuità tra costruzioni e tessuto edilizio o tra questi e gli ambiti urbani al fine di pervenire ad una organicità diffusa programmata processualmente, seguendo l’evoluzione e la trasformazione della città. Tutto ciò contribuisce, anche sotto il profilo del controllo della “qualità” tipo-morfologica, alla rispondenza di ogni singolo progetto con il dettato perseguito dal PUC. Tale nuovo strumento, tuttavia, presuppone una decisa, chiara e forte operatività dal Comune che diviene in tal modo promotore e coordinatore di tutte le iniziative che richiedono la tempestiva programmazione nel tempo di soluzioni progettuali di ampio respiro e di complessa qualità d’assetto, sia per gli interventi operativi di lungo periodo, sia quando occorre una maggiore flessibilità nel definire nel dettaglio i parametri morfologici per un più coerente sviluppo organico, coordinato e omogeneo del territorio urbano.
Il PUC è stato predisposto in funzione di una precisa e ineludibile assunzione di responsabilità cui deve far fronte con tempestività l’Amministrazione Comunale per rendere funzionale la gestione dell’intero processo programmatico-pianificatorio con soluzioni coerenti d’indirizzo progettuale in campo edilizio-urbanistico articolate e flessibili nel tempo. Ciò comporta il mantenimento di adeguate strutture progettuali permanenti (Ufficio di Piano, SIT, ecc.) e di idonei strumenti di informazione e formazione per la gestione dei rapporti complessi pubblico-privato che debbono instaurarsi necessariamente per avviare un corretto e continuo processo dinamico di “conservazione, riqualificazione e trasformazione” della città esistente, senza squilibri degradanti la scena urbana della città contemporanea.
1.3. Il recupero abitativo come fattore trainante dell’economia delle costruzioni
In Italia il Cresme ha recentemente stimato che il mercato del rinnovo delle costruzioni è un settore che mette in moto circa 80 mila miliardi l’anno, di cui almeno 50 mila derivanti dal solo recupero residenziale. Non è azzardato quindi affermare che per la particolarità dei lavori di rinnovo (proprio perché si tratta di interventi su edifici moderni ma non contemporanei che richiedono modalità di intervento e tipologia di lavori assai diversificate segmentati) anche alla Spezia, in virtù delle scelte operate dal nuovo PUC, si metterà in moto, nei prossimi anni, progressivamente, un rilancio sostenuto delle attività imprenditoriali legate al comparto edilizio (artigianato, piccole medie imprese, arredamento, impiantistica, componentistica e relativi indotti) e in particolari di quelle gravitanti intorno al segmento abitativo.
Anche per tale motivo il PUC è stato studiato per fornire un controllo più incisivo dei futuri processi di modificazione edilizia. L’attività di recupero sarà, infatti, la principale attività che nel futuro in tutte le medie e grandi città italiane si espliciterà in modo sostenuto e con forte dinamicità imprenditoriale, anche con operatori estremamente frazionati e La Spezia ha urgente bisogno di questa riqualificazione di natura ambientale e abitativa.
Sempre dai dati Cresme si osserva, inoltre, che il mercato del rinnovo del patrimonio residenziale esistente è eseguito per oltre il 50% da piccole imprese o da artigiani. Al riguardo tale studio afferma: “Il mercato del recupero, e del recupero residenziale in particolare, è un mercato che offre molte opportunità per gli operatori del settore: fra dieci anni più del 50% del patrimonio abitativo avrà più di quarant’anni, soglia oltre la quale il prodotto edilizio necessita di interventi di rinnovo per mantenere intatta la propria funzionalità. La crescita della domanda potenziale avrà il carattere esponenziale della produzione edilizia residenziale degli anni ‘60, ’70 e ‘80, allorquando si costruivano 400.000 abitazioni l’anno.” In questi termini la proposta che fornisce il PUC assume un carattere innovativo e di sviluppo, anche alla luce di un’interpretazione originale della nuova legge urbanistica regionale ponendosi come strumento di riqualificazione volto al consolidamento dell’identità fisica e spaziale del carattere urbano di La Spezia, esigenza questa oggi avvertita da tutti come necessaria e non più oltre rinviabile.
1.4. I principi metodologici del PUC
Uno dei principi sui quali si fonda oggi l’urbanistica contemporanea in Italia è che il processo di espansione della città si è esaurito da tempo e che non è prevedibile, nel medio periodo, un’ulteriore crescita abitativa, almeno con il ritmo sostenuto nei decenni precedenti. Da questo presupposto, finché la città non riprenderà un trend demografico positivo, la principale regola della pianificazione urbana sarà quella di rigovernare al meglio l’esistente, garantendo processi di sviluppo compatibili con le residue risorse ambientali, storiche e naturali esistenti, privilegiando non solo la salvaguardia, la conservazione e il recupero ma anche una più estesa opera di riordino e di completamento. Questo, del resto, è anche il principale fine della nuova legge urbanistica della Liguria.
Partendo da questi principi il PUC del Comune di La Spezia è stato costruito adottando una metodologia attenta ai problemi della salvaguardia ambientale e allo sviluppo sostenibile. In particolare, all’interno della città consolidata, è stata posta particolare attenzione sia al recupero ed alla conservazione dei tessuti e degli immobili storico-ambientali, sia alle modificazioni e alla riqualificazione delle aree edificate recenti (costruite cioè dopo gli anni quaranta di questo secolo) quando la condizione di disomogeneità tipo-morfologica dei loro ambiti lo richiede. Tale metodologia, nelle aree insediate, è stata applicata non per sottolineare astrattamente giudizi di valore qualitativo, quanto per meglio indirizzare le modalità operative mediante interventi urbanistico-edilizi diversificati, atti a migliorare l’assetto spaziale dei luoghi, attraverso specifiche regole insediative omogeneamente articolate sulla base di precisi criteri d’assetto urbano. Analoga metodologia è stata riservata per gli interventi di conservazione, riqualificazione, modificazione e trasformazione delle aree extraurbane collinari al fine di raggiungere le medesime finalità. In particolare, per le aree urbane non storiche, che costituiscono gran parte dell’attuale vasto e indistinto tessuto edilizio della città, il PUC persegue modalità d’ordine progettuale tese a riqualificare il disegno tipo-morfologico di spazi urbanisticamente alterati, pur caratterizzandosi, il Preliminare di PUC, allo stato, come una sorta di “Piano Strutturale”. Quest’ultimo indica le strategie operative più idonee da perseguire nell’ambito delle possibilità offerte dai diversi modi di intervento, calibrati in ordine al rispetto dei caratteri storico-fisici, ambientali o di tessuto e degli aspetti antropologici, sociali e culturali che ancora caratterizzano, specificano e definiscono al meglio l’identità urbana dei singoli luoghi. Il PUC, inoltre, interviene sistematicamente sulle zone di scarso o nullo valore urbanistico o sulle aree dismesse per le quali vengono presentati una serie di piani d’Area.
Da quanto sopra, emerge la necessità di attivare una diffusa riqualificazione dell’ambiente urbano e territoriale, della città storica e della città consolidata con modesti interventi di completamento, escludendo nuove forme di espansione e pianificando la trasformazione urbana all’interno dei “Distretti” previsti dalla L.U.R. e dei Piani d’Area. Con riferimento alla disciplina della città esistente, partendo dall’assunto che fino al secondo dopoguerra essa sia da considerarsi “documento” e come tale sottoposta a provvedimenti più o meno conservativi, si profila come uno dei compiti principali della pianificazione quello di rigovernare al meglio l’edilizia costruita dopo gli anni ’40 di questo secolo. Si è reso pertanto necessario studiare l’intero tessuto urbano e tutte le zone extraurbane operando un analitico ed approfondito esame, edificio per edificio, lotto per lotto, area per area, al fine di disporre di elementi di indagine quantitativi e qualitativi in grado di imprimere all’azione progettuale del piano un’identità innovativa basata su scelte di valore incontestabili.
2. Il sistema informativo territoriale
Per raggiungere gli obiettivi sopra esposti è stato necessario predisporre un’ampia e sistematica campagna di indagini che ha permesso di elaborare, quantitativamente prima e qualitativamente poi, un approfondito quadro diagnostico sullo stato del territorio e, in particolare, sulla sua struttura insediativa. Ciò ha consentito di proporre una soluzione progettuale tesa a fornire le basi per un’evoluzione delle trasformazioni in atto nonché per proporre una riflessione progettuale innovativa circa la riqualifi-cazione edilizio-urbanistica nelle zona urbane recenti
L’attuale Preliminare di Piano contiene, pertanto, l’insieme delle previsioni che si reputano necessarie per la formulazione definitiva del PUC. Tali previsioni tendono a valorizzare i caratteri propri dei principali sistemi morfologici e funzionali della collina e della città consolidata, nonché a specificare le potenzialità dinamiche delle città della trasformazione; ad elevare la quantità e la qualità dei servizi pubblici o d’uso pubblico e a circoscrivere le aree da sottoporre a progettazione di dettaglio oltre al riassetto del sistema dei parcheggi e della viabilità principale. Le modalità d’intervento e il sistema dei vincoli preordinati alla salvaguardia delle testimonianze antropiche o storico-culturali e i criteri per il mantenimento degli aspetti paesaggistico-ambientali o ecologici caratterizzanti l’intero territorio comunale, costituiscono infine le invarianti che presiedono, unitamente alle indicazioni geologiche e agronomiche, ad ogni trasformazione urbanistico-edilizia e determinano il quadro di riferimento primario entro il quale può solo esplicarsi l’attività di modificazione dei suoli.
2.1. Finalità e obiettivi del processo di informatizzazione del PUC
La formazione del PUC è stata l’occasione per avviare un processo di modernizzazione del Settore Pianificazione Territoriale del Comune della Spezia, e che dovrà riguardare, in una fase successiva, tutti i servizi comunali. La costruzione di un Sistema Informativo Territoriale del territorio comunale rappresenta infatti uno strumento fondamentale per la gestione del territorio, sia per tenere aggiornate le modificazioni della realtà territoriale, sia per garantire trasparenza ai processi in atto.
Il SIT è uno strumento che consente di sistematizzare e connettere insieme ciò che prima era separato nei diversi settori del Comune e di altri Enti territoriali (come ad esempio il Catasto). Risiede proprio in questa correlazione di dati il valore aggiunto delle informazioni che si ottengono con il SIT; un valore aggiunto preziosissimo che fornisce al Comune un nuovo strumento di gestione, un utile supporto per il lavoro di analisi, di pianificazione e di controllo. L’innovazione introdotta con il SIT e il suo utilizzo avanzato ha permesso di superare la metodologia di pianificazione basata su un quadro analitico e informativo “statico”, per acquisire le caratteristiche di un’attività continua, processuale e, in futuro, sistematicamente aggiornabile.
2.2. Organizzazione del SIT
La realizzazione del Sistema Informativo Territoriale è avvenuta per fasi operative:
– acquisizione delle risorse necessarie per la realizzazione del progetto;
– analisi e individuazione dei dati necessari al progetto;
– raccolta dati;
– inserimento dei dati raccolti nel sistema informativo;
– analisi dei dati alfanumerici e geografici;
– creazione di carte tematiche per lo studio del territorio;
– realizzazione del progetto.
A supporto dei progettisti del PUC, è stato predisposto un apposito gruppo di lavoro per l’informatizzazione, coordinato da un responsabile analista programmatore. Oltre alle risorse umane sono state acquisite le risorse strumentali, e in particolare una piattaforma arc/info, arcview e alcune workstation sun sparcstation. E’ stata inoltre realizzata una rete locale del palazzo comunale, tale da permettere lo scambio dei dati tra i diversi sistemi informativi presenti nel comune e poter scambiare informazioni con i settori coinvolti nel progetto. Sono state analizzate tutte le informazioni geografiche ed alfanumeriche necessarie alla elaborazione del PUC., in primis le alfanumeriche già disponibili nei diversi sistemi informativi presenti nei dipartimenti comunali, cercando di integrarle tra loro in strutture relazionali tramite formalismi sql. Sono state così definite le informazioni necessarie da acquisire direttamente sul territorio, e quelle già presenti nei sistemi informativi comunali da utilizzare per lo studio del PUC. Successivamente sono state analizzate le informazioni geografiche necessarie per ottenere la cartografia di base. Dallo studio è emersa la necessità di utilizzare una base EIRA in scala 1:5000 e 1:2000 come base cartografica del PUC e come supporto della cartografia catastale vettoriale.
Per la raccolta dati si sono acquisite le informazioni provenienti dalle diverse fonti comunali per integrarle nelle strutture relazionali del SIT. Questa attività è stata fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di progetto. oltre alle informazioni già disponibili nel comune e necessarie al PUC, sono state reperite le informazioni provenienti dalle indagini conoscitive effettuate sul campo dal gruppo di lavoro del piano (indagini urbanistiche, paesistico – territoriali, agronomiche, geologiche, ecc.); la metodologia di raccolta e implementazione dei dati è stata organizzata attraverso la predisposizione di un modello unico di scheda di rilievo e dei relativi codici di legenda, su cui riportare i dati dell’indagine e facilitarne l’inserimento degli stessi nel sistema informativo territoriale in database relazionali appositamente costruiti. Oltre ai dati descrittivi sono state raccolte le informazioni geometriche delle aree e degli edifici mediante opportuni rilievi.
La necessaria implementazione dei dati grafici e alfanumerici è stata condotta attraverso codici di identificazione tali da permettere la relazione tra gli oggetti del territorio sulla cartografia e le informazioni descrittive contenute nella scheda di rilievo. Le basi geografiche e i dati alfanumerici sono state quindi messe in relazione tramite opportune chiavi descrittive. L’analisi si è basata su particolari elaborazioni, utilizzando più archivi messi in relazione con le informazioni delle schede di rilievo.
La formazione delle carte tematiche, ottenuta tramite il codice ecografico, ha permesso il confronto di dati contenuti nei diversi data base relazionali. Per esempio l’indagine del sistema dei servizi ha permesso di costruire scenari di valutazione di questi ultimi per la determinazione degli standard urbanistici,incrociando i dati dell’anagrafe sulla popolazione residente e le indagini urbanistiche sugli aspetti tipologici e qualitativi dei servizi.
Nella fase di costruzione del progetto di PUC si è provveduto alla sistematizzazione della base cartografica di piano,attraverso la sovrapposizione della cartografia aerofotogrammetrica e della cartografia catastale. Tramite le funzioni di overlay topologico proprie di un gis, gli attributi delle banche dati (costruite durante la fase di acquisizione ed integrazione dei dati) sono stati riportati dal livello di indagine al livello catastale per permettere la restituzione del progetto di PUC su base catastale. Si tratta pertanto di una fase che ha portato alla gestione ed elaborazione dei dati attraverso un complesso sistema di interrelazioni delle informazioni raccolte. In particolare la definizione del progetto di PUC relativo agli ambiti della città recente è stato realizzato attraverso la creazione e gestione di un “progetto informatico” finalizzato all’individuazione, per ciascun ambito urbano della città consolidata di parametri urbanistici quantitativi e qualitativi necessari alla definizione della disciplina urbanistica ed ambientale.
2.3. La cartografia
Nel progetto del PUC sono state predisposte due cartografie vettoriali di base:
– una relativa al censimento, costituita da lotti ed edifici che fotografa lo stato di fatto del territorio e delimita i confini naturali degli spazi, realizzata mediante una riperimetrazione di tutto il territorio sulla base cartografica EIRA in scala 1: 2000;
– una cartografia catastale sovrapposta all’aerofotogrammetrico, costituita da particelle ed edifici, necessaria per ridisegnare il progetto finale del PUC con un riferimento immediato anche alla proprietà.
Per ottenere una cartografia catastale aggiornata ed aggiornabile nel tempo, è stata realizzata una intesa con il catasto grazie al progetto intersettoriale Catasto-Comune e relativo alla realizzazione di sistemi informatici Comunali di supporto all’interazione tra i due Enti. L’intesa prevede la vettorializzazione delle carte catastali e la restituzione delle stesse in formati per ARC/INFO esportabili nel formato standard NTF. Per evitare che con il passare del tempo la cartografia diventi obsoleta, è stato previsto un aggiornamento periodico delle carte vettoriali da effettuarsi a cura del Comune, fino ad avvenuta informatizzazione del Catasto locale.
E’ stata realizzata la digitalizzazione delle carte catastali e di tutti i numeri civici. Il livello numeri civici fornisce le informazioni alfanumeriche relative all’indirizzo e costituisce la chiave univoca di associazione tra tutti i diversi data base del Comune, presenti nei diversi settori e utilizzabili tramite il supporto della rete locale.
Capitolo II
La pianificazione d’area vasta
1. Il Piano Territoriale di Coordina-mento
La Legge Regionale 39/84 per la prima volta stabiliva livelli di pianificazione di competenza sovracomunale e provinciale da attuarsi attraverso Piani Territoriali di Coordinamento, con i quali la Regione doveva assumere le iniziative pianificatorie. Il primo campo di applicazione dei PTC furono le aree industriali dismesse, in particolare quelle del genovese e i sistemi territoriali di area vasta incapaci di stabilire una autonoma strategia di sviluppo, come il caso della Spezia-Val di Magra. La seconda fase dei PTC si è concentrata sulla tutela del paesaggio e dell’ambiente: il Piano Paesistico è stato il primo attuatore della legge Galasso e ha certamente segnato una inversione di tendenza nelle attenzioni al territorio e nella formazione di chi del territorio si occupa, soprattutto dal punto di vista istituzionale.
Con la conclusione del processo di alfabetizzazione degli Enti Locali nel campo della pianificazione e gestione del territorio la Regione ha cominciato ad occuparsi dei problemi che più rappresentavano interessi non localistici: un esempio è il Piano della costa che tenta di inquadrare e individuare strategie per la parte di territorio ligure più soggetta a interessi economici e conseguenti possibili carenze di controllo.
In ultimo, con la Legge 36/97, sono state introdotte competenze e ruoli di controllo da parte della Provincia. Con il PTC Provinciale è riaffermata la necessità di una struttura intermedia tra il Comune e la Regione che, opportunamente organizzata, consentirà di superare particolarismi locali su temi di più ampia rilevanza.
1.1. La Conferenza d’ambito
La Provincia nella bozza di documento finalizzato alla discussione del Quadro di riferimento al Piano regionale di sviluppo in occasione della Conferenza d’ambito del 16.01.97, ha delineato i criteri a cui riferirsi per indirizzare lo sviluppo provinciale e per superare gli squilibri che ne frenano il cammino.
Il Comune di La Spezia, elaborando il nuovo PUC conviene con tali criteri e ne sottolinea qui di seguito gli aspetti più salienti dato che essi hanno costituito da un lato la base di partenza degli studi elaborati e dall’altro l’obiettivo di pianificazione che si è inteso raggiungere con il PUC.
Di fronte a un quadro che presenta i sintomi caratteristici di un’area in declino e di una non certo rapida ripresa economica, il documento provinciale individua una serie di priorità di intervento nei diversi settori economici, qui di seguito sinteticamente espressi:
1) per l’industria sono individuati tre aggregati produttivi significativi:
a) la grande impresa, per la quale sono prioritari la strutturazione di un polo cantieristico, di un polo armiero e di un polo di ricerca ambientale e marina;
b) la nebulosa delle imprese indotte dipendenti dal grande committente per le quali l’obiettivo è quello della riqualificazione, in particolare l’organizzazione dei processi, l’autonomia produttiva, la certificazione della qualità;
c) il tessuto imprenditoriale autonomo per il quale appare determinante la promozione delle sinergie tra le aree produttive e lo sviluppo dell’offerta dei servizi avanzati alla produzione e la commercializzazione;
2) nell’artigianato appare prioritario lo stimolo all’aggregazione imprenditoriale, sia orizzontale che verticale, raggiungendo per tal via un livello competitivo maggiore tanto sul mercato dei fattori quanto su quello dei prodotti;
3) per il porto si ritiene strategico per l’economia spezzina il suo potenziamento e delle occasioni di sviluppo ad esso collegate, in un quadro di sostenibilità ambientale. Il rilancio del porto deve prevedere una sua sostanziale polifunzionalità, con offerta di servizi articolati e diversificati (traffici specializzati, merci e colli alla rinfusa, passeggeri, diportismo nautico e rifornimenti energetici);
4) il commercio continua a rappresentare per molti giovani una delle principali prospettive di auto occupazione. Alla Spezia, a causa del forte calo demografico, viene rilevato un sovradimensionamento delle rete distributiva pur a fronte di processi di riorganizzazione di molti esercizi;
5) nel turismo viene evidenziato come la crescita delle strutture museali (ultimo in ordine di tempo il Museo Lia della Spezia) tendono a favorire la crescita di un modulo d’offerta significativo e pongono le basi per un nuovo modello di fruizione turistica urbana. È inoltre prospettato, all’interno della funzionalità del porto, un “nodo” croceristico, e auspicati interventi nel campo del turismo congressuale;
6) nel settore dei servizi extra commerciali La Spezia e Sarzana costituiscono i “poli” terziari provinciali. Oltre che elencare una serie di possibili interventi per creare dei centri di servizio locale alla produzione e commercializzazione (per il polo armiero e cantieristico, nel campo commerciale e turistico) la Provincia rileva la necessità di costruire un polo universitario che possa rappresentare un riferimento per il mercato del lavoro, nonché per il mondo della produzione.
1.2. Indirizzi territoriali del PTC provinciale
l Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia della Spezia è in fase di adozione. Nella bozza della “Descrizione Fondativa” (sett. 1997) sono evidenziati i criteri e gli orientamenti di pianificazione che la Provincia promuove per la pianificazione comunale:
– orientando azioni progettuali finalizzate alla tutela sia dell’integrità fisica, sia dell’identità culturale del territorio, al fine di perseguire uno “sviluppo sostenibile”;
– sostenendo una attività pianificatoria flessibile, articolata in due parti: la componente strutturale rivolta al perseguimento dei principali obiettivi ambientali, culturali, socioeconomici e comprendente la definizione delle condizioni alle trasformazioni e delle trasformazioni strategiche, che costituisce la parte più solida e duratura della pianificazione; la componente programmatica, rivolta alla precisazione, alla configurazione e alla organizzazione specifica delle trasformazioni, che costituisce la parte flessibile della pianificazione.
La Provincia tende costantemente a rimarcare come la qualità ambientale sia la “precondizione” per lo sviluppo, proponendo la questione ambientale come tema centrale negli obiettivi e negli impegni del governo del territorio.
Le principali opzioni interessano alcuni principali aspetti tra cui:
– il recupero e la protezione delle risorse ambientali, attraverso il miglioramento della qualità dell’acqua e dell’aria;
– il recupero dei siti industriali dismessi, le attività di disinquinamento, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti (differenziazione, incenerimento con recupero energetico), la formazione in campo ambientale ed il potenziamento della protezione civile;
– la riqualificazione delle aree urbane e delle periferie (qualità della vita, traffico, parcheggi, abbattimento del rumore), la valorizzazione delle risorse culturali ed il recupero dei centri storici;
– l’equilibrio tra uso e protezione della costa ed il miglioramento delle condizioni di fruibilità ed accessibilità sia nella fascia costiera che nelle aree interne.
2. Il PTC La Spezia Val di Magra
Il PTC La Spezia Val di Magra, adottato con DGR n.53/97, nel fotografare una situazione di crisi del comune capoluogo a fronte di una vivacità nella valle del Magra, dovuta principalmente alle recenti vicende economico-territoriali, individua alcune aree di intervento strategico per il rilancio e la riorganizzazione produttiva della città: la area ex IP, il 1° bacino portuale, la zona di Valdilocchi/Fossamastra. Su queste aree di trasformazione, ormai mature, dovrà concentrarsi la pianificazione comunale, sviluppando il tema della riqualificazione urbana e del rinnovamento urbanistico e funzionale, invertendo la tendenza volta a favorire espansioni collinari.
Per quanto concerne il sistema infrastrutturale viario, il PTC individua come elementi riorganizzativi strutturanti il completamento della variante Aurelia/ tangenziale urbana, la variante Buonviaggio, il nuovo casello di Beverino/Spezia Nord, la nuova dogana unica agli Stagnoni. Nella sostanza si conferma il disegno di ribaricentrizzazione del Comune Capoluogo rispetto alle valli della Magra e della Vara e si tende a modificare la funzione della Spezia città terminale, conseguente alla realizzazione della bretella autostradale Fornola-la Spezia.
Per l’area ex IP le indicazioni del PTC hanno portato alla variante al progetto originario, approvata nel 1997 in sede di accordo di programma tra Regione e Comune
Relativamente al porto commerciale, il PTC propone di favorire l’evoluzione del suo assetto attraverso il consolidamento delle opere necessarie alle attività commerciali, la ridefinizione degli affacci al mare di carattere urbano e la realizzazione di strutture turistiche per le quali individua una specifica area di intervento. In sintesi il PTC prevede la suddivisione del fronte portuale in sette settori per ognuno dei quali sono dettati degli indirizzi:
– in corrispondenza della calata Paita (settore 1) viene previsto il prolungamento del molo Garibaldi in funzione della movimentazione di merci varie e la successiva attribuzione di funzioni diportistiche e di turismo nautico. E’ ammessa la realizzazione di strutture turistico ricettive e di servizi di livello urbano, escluso la residenza;
– per gli affacci a mare di Levante, da S.Cipriano a Molo Enel (settore 2) è prevista la destinazione di porto commerciale per la movimentazione di merci e persone;
– in funzione della definitiva rilocalizzazione delle Marine del Canaletto e di Fossamastra è prevista (settore 3) la costruzione di una darsena ad uso della nautica minore;
– viee prevista la realizzazione dell’ingresso veicolare al porto e dell’unica barriera doganale, per consentire l’accesso ai diversi settori in cui il porto è suddiviso e la comunicazione tra i diversi terminal (settore 4);
– nella zona della Concia (settore 5) è prevista una utilizzazione in funzione del miglioramento delle connessioni infrastrutturali con il porto;
– nell’area di Fossamastra (settore 6) si riconosce la valenza urbana dell’insediamento, per il quale si prevede il consolidamento della residenza e il rafforzamento delle strutture produttive nautiche e terziario-portuali;
– nell’area di Valdilocchi (settore 7) è prevista la rilocalizzazione di funzioni retroportuali e di carattere produttivo oggi ubicate sull’area di Fossamastra e in altri settori del contesto urbano.
Su queste tematiche che hanno rapporti con il Piano Regolatore delle Opere Portuali, il Comune ha predisposto con Provincia, Autorità Portuale e Camera di Commercio” il “Documento Interenti” questo documento definisce comuni linee strategiche e fasi di intervento, mirate alla razionalizzazione delle aree portuali in termini di spazi e infrastrutture, al recupero urbano a fini turistici e diportistici di spazi non più utilizzabili dal porto o che comunque sono conflittuali con la città, stabilendo regole di progressiva compatibilizzazione tra porto e città, sia nella zona centrale che in periferia.
Con questa logica si è continuato a lavorare, predisponendo i Piani d’area per il levante cittadino e per il primo bacino portuale, che costituiscono approfondimenti progettuali programmatici del PUC: i contenuti dei piani sono coerenti con gli indirizzi del PTC, se si eccettua la previsione nel riuso del primo bacino di modeste quote di residenza, mirate soprattutto all’ integrazione piena delle funzioni, e l’esclusione, nel levante, di previsioni retroportuali, in quanto ne risulta impossibile la realizzazione all’interno del circuito doganale.
3. Il PTC della costa
Il piano territoriale della Costa, adottato con deliberazione G.R. n.209 del 26.2.99, costituisce un quadro di riferimento importante per la pianificazione dell’ambito territoriale più importante dal punto di vista economico sul quale si gioca l’opzione strategica del turismo e del porto.
Il piano individua nell’ambito provinciale tre temi progettuali:
-la valorizzazione turistica del parco 5 Terre;
-il tea della riconversione produttiva del Golfo, con al centro il ruolo della Spezia;
-la valorizzazione del parco fluviale e della piana di Marinella nella Val di Magra.
Le indicazioni per il tratto di costa che ricade fuori comune (porticciolo a Levanto-riambientalizzazione del fiume Magra con riduzione delle funzioni di ricettività nautica) sono coerenti con il disegno individuato per il golfo e con il ruolo assegnato alla Spezia di capoluogo di un ampio comprensorio turistico, in termini di servizi, ricettività turistica, di servizi e attrezzature per la nautica. Per la città sono infatti confermate e riproposte le indicazione del PTC La Spezia Val di Magra , quali il riordino della costa, il sistema porto, i porticcioli turistici del 1° bacino e del molo Mirabello, la nautica a Cadimare, anche mediante politiche da concertare con l’Amministrazione della Difesa.
Gli obiettivi generali riguardano sostanzialmente:
– la piena attuazione delle potenzialità portuali in un contesto di compatibilità con la città;
– il recupero di significativi affacci a mare oggi inseriti nel porto;
– la razionalizzazione degli spazi portuali;
– il potenziamento della nautica e la valorizzazione della cantieristica;
– il livello di pianificazione strategica al quale ci si riferisce è pienamente condivisibile, al di là di stabilire alcuni ulteriori principi alla scala di pianificazione comunale.
4. La pianificazione settoriale sovraordinata e quella strategica interistituzionale
4.1. Parchi, cave, discariche
La legge regionale n.12/85 individuava e disciplinava il sistema di aree di interesse naturalistico-ambientale “Bracco-Mesco-CinqueTerre-Montemarcello”. L’istituzione del Parco Regionale ha inizialmente costituito motivo di preoccupazione da parte delle comunità insediate, interessate all’attivazione di una politica regionale di sostegno economico al mantenimento di un paesaggio naturale e costruito problematico e delicato (frane, muri a secco, vigneti impervi, boschi difficilmente accessibili).
A circa 15 anni dalla Legge, appare radicalmente mutato l’approccio culturale alla tematica delle “Aree Protette”, essendone emersa la potenzialità economica, in particolare nel settore turistico. La recente istituzione del Parco Nazionale delle Cinque Terre è stata, di fatto, rilanciata e stimolata dagli Enti Locali, quale opportunità di sviluppo.
Con il nuovo Parco Nazionale dovranno pertanto essere necessariamente rivisti i confini del vigente Parco Regionale ed a questo punto sarà opportuno valutare se proseguire nella valorizzazione del patrimonio ambientale collinare e costiero, tendendo ad una maggiore integrazione dei due distinti ambiti Cinque Terre e Montemarcello, che vedono nel comprensorio Golfo una separazione amministrativa, ma non fisica, trattandosi di aree analoghe egualmente pregiate dal punto di vista paesistico- ambientale e vegetazionale.
Il tema della protezione della collina è peraltro già presente nella scelta recente di invertire la politica, comune a tutti (Regione – Provincia – Comune) sul tema cave e discariche, le une presenti nella fascia collinare di ponente, le seconde in quella di Levante.
Per le cave, in sede di osservazione al PTC delle attività di escavazione, il Comune ha richiesto la non apertura di nuove cave sul proprio territorio e la riduzione dei piani di coltivazione autorizzati, mirando, attraverso progetti di fine coltivazione, a riambientazioni dei siti o sistemazioni a fini sportivo-ricreativi.
In relazione alle discariche presenti in quantità consistente e con diverse tipologie nel versante di levante, è da tempo prevista la chiusura dei siti, mediante la predisposizione di progetti di recupero ambientale volti a ripristinare un processo di rinaturalizzazione complessiva, senza alcuno sfruttamento ulteriore dei siti.
Il quadro pianificatorio finale in sostanza dovrà considerare sempre di più il patrimonio collinare come elemento essenziale anche per lo sviluppo economico del territorio spezzino, costruendo appropriati meccanismi di salvaguardia ambientale atti a mantenere le situazioni di valore esistenti e a ricostruire quelle degradate.
4.2. Il Piano regolatore del porto
Nonostante la straordinaria vocazione insita nel luogo, il porto della Spezia non ha una storia antica, storia che risulta soprattutto determinata da esigenze di settori produttivi operanti sul territorio. L’egemonia del porto genovese prima, e la sabauda e italiana a fini militari dopo, hanno sempre impedito lo sviluppo naturale del traffico a specializzazione mercantile in un golfo estremamente riparato ed ampio.
La prima fase di crescita, costituita da Calata Paita, Molo Italia, Molo Garibaldi, si verifica in funzione di sviluppi urbani che prevedono la demolizione della collina dei Cappuccini; pur essendo caratterizzate da una serie di opere di riempimento e di nuove infrastrutture di consistente impatto insediativo, le previsioni del Piano Regolatore delle Opere Portuali, approvato nel 1982, vengono integralmente riproposte dal PRG comunale.
Le motivazioni di tale incondizionato recepimento sono da rintracciare nel clima socioeconomico degli anni dell’industrialismo e dello sviluppo, e nella scarsa credibilità di una economia alternativa, che avrebbe potuto svilupparsi a livello urbano.
L’espansione determinata dallo spostamento progressivo di armatori da Genova alla Spezia e dall’introduzione del container nel trasporto merci, pone la città nella condizione di assecondare il fenomeno in funzione delle sue ricadute occupazionali, con una conseguente sottovalutazione delle problematiche infrastrutturali oltre a quelle della qualità ambientale e urbana.
Nasce così un porto sostanzialmente privato e senza regìa, ma nello stesso tempo senza i vincoli di funzionalità presenti negli altri porti italiani, in particolare nei vicini e principali porti di Genova e Livorno.
Alla fine degli anni Ottanta La Spezia diventa il principale porto italiano per traffico di merci container, nonostante i minimi spazi di banchina, e l’assenza pressoché totale di adeguate infrastrutture ferroviarie e viabilistiche.
In questo quadro di crescita non pianificata e non sostenuta sotto il profilo infrastrutturale nascono i primi conflitti con la città: mentre il porto diventa di notevole interesse strategico nazionale, e si trovano investimenti per strade e banchine, i quartieri limitrofi subiscono le ripercussioni di tale sviluppo in termini di sottrazione di aree per il diporto e in termini di compatibilità ambientale complessiva.
Questa situazione porterà, come esempio estremo della conflittualità in atto, alla realizzazione di una viabilità portuale di collegamento con il sistema autostradale, prevista a raso nel PRG, mediante una galleria subalvea e la conseguente traslazione a mare della cosiddetta “Marina del Canaletto”: non raggiungendo, da un lato, un lay-out portuale efficiente né lungimirante, compromettendo irreparabilmente dall’altro i valori ambientali della Marina di Canaletto.
Da quel momento si è radicato sempre più il conflitto del Porto con le parti di città che su di esso si affacciano, i quartieri di Canaletto e Fossamastra; anche se è sempre più chiaro alla città che il Porto è stato il motore economico che ha consentito di superare la grave crisi degli anni 80 e 90 dell’industria, della cantieristica e del settore militare e che oggi costituisce una parte decisiva della futura economia cittadina.
Attorno al problematico riassetto portuale, infrastrutturale, dimensionale e tecnologico – si è sviluppato in questi anni il dibattito urbanistico cittadino. Il PTC La Spezia Val di Magra, il Piano della Costa – il documento interenti, sono unanimi e concordi nell’individuare la strada da percorrere, sia in termini di pianificazione che di attuazione. Il PUC e il PRP Portuale dovranno individuare una compatibilità tra sviluppo portuale mercantile, lo sviluppo nautico turistico e la città.
Capitolo III
Caratteri paesistici e fisici del territorio spezzino
Parte I
Il livello puntuale della pianificazione paesistica
1. Premessa
Il livello puntuale della pianificazione paesistica ha rappresentato l’elemento fonda-tivo per individuare la struttura morfologica dell’organismo urbano. La L.U.R., in parti-colare, ripropone i contenuti della precedente L.R. 6/91 che evidenzia la necessità di una lettura morfotipologica del territorio secondo gli indirizzi della delibera re-gionale n.78/94, articolandone il contenuto in alcuni elementi fondamentali così sintetizzati:
a) una “lettura storico-interpretativa del territorio come riferimento progettuale”, volta a comprendere la stratificazione storica della realtà territoriale al fine di “comprenderne le ‘radici’ dei processi di trasformazione avvenuti nel tempo al fine di disciplinare e orientare le trasformazioni in atto e quelle potenziali”;
b) la necessità di una individuazione delle specificità locali nei termini di una lettura tipologica del territorio, al fine di “di-sciplinarne i modi d’uso in coerenza e va-lorizzazione con le peculiarità paesistico-territoriali ivi riconosciute” sia dal punto di vista strettamente insediativo, che da quello geomorfologico e vegetazionale;
c) l’interpretazione della “forma del ter-ritorio come risultato dell’attività dell’uo-mo” che implica una “lettura organica del-le forme del paesaggio, in quanto deter-minate, oltreché dall’opera dell’uomo, dalle altre vocazioni d’uso di origine naturale dell’ambiente stesso (…) nonché dai modi storici d’uso del territorio”;
d) una “concezione organica del paesaggio”, per cui ogni singolo elemento è inteso come parte di un sistema di scala più ampia, la cui conoscenza consente di comprendere le relazioni che legano le diverse componenti tra loro ed il ruolo che esse rivestono all’interno del processo evolutivo del territorio”.
Gli studi del PUC hanno fatto propria la metodologia relativa alla lettura del territorio dal punto di vista del “paesistico” (in alcuni casi ampliandola nei contenuti disciplinari come nel caso dell’area urbana), artico-landola e interpretandola nel seguente modo:
– l’Organismo Territoriale corrisponde ad una individuazione dell’insediamento nelle sue relazioni strutturali (storico-territoriali) di livello comprensoriale con il sistema territoriale circostante;
– l’Organismo Territoriale Elementare definisce e codifica gli elementi costitutivi degli insediamenti locali, all’interno del territorio comunale, evidenziando “le specifiche identità locali delle singole parti del territorio e le regole dominanti per selezionare i modi di intervento su di esse”;
– l’Unità Insediativa, che corrisponde al “riconoscimento (…) di singole parti del territorio antropizzato con proprie caratteristiche di organicità che derivano dalla connessione fra un determinato uso del suolo e un determinato insediamento, connessione sinteticamente rappresentata nelle forme riconoscibili del paesaggio”;
– il livello dei Tessuti Edilizi corrisponde a un’analisi delle parti costitutive dell’insediamento con l’approfondimento dei rapporti tra i lotti edificati e gli elementi strutturali dell’insediamento stesso (assi e poli) e “le diverse relazioni intercorrenti fra gli elementi che compongono l’edificato (edifici, lotti di pertinenza”. La lettura dei Tipi Edilizi è stata pertanto finalizzata alla ricerca “di elementi che accomunano, all’interno di una determinata area e di un determinato periodo storico, i modi di costruire e, nello stesso tempo, che li rendono diversi rispetto a qualsiasi altra situazione spazio-temporale”.
Facendo riferimento a questa griglia metodologica, il territorio comunale è stato suddiviso in territorio urbano e territorio extraurbano, identificando quindi due ambiti distinti di indagine e di approfondimento degli aspetti morfo-tipologici, secondo una coerente metodologia interpretativa.
Inevitabili, nel metodo, alcune specificità interpretative rispetto alle indicazioni della Delibera Regionale 78/94: in particolare per l’area urbana, nella quale si è operato a livello delle tipologie edilizie, dei tessuti e delle unità insediative, attraverso una specifica metodologia di analisi e di interpretazione del modello insediativo come meglio precisato in seguito.
2. Rapporto tra PTCP e disciplina di livello puntuale
Le indagini svolte sotto il profilo paesistico hanno messo in luce il patrimonio naturalistico e insediativo di un ambiente tanto legato con la città e tanto vicino ad essa da diventare parte integrante dell’ambiente urbanizzato. Si è visto, infatti, nella storia della città, come questa, da centro murato posto sotto le pendici del Poggio, abbia, dalla metà del secolo XIX, occupato le piane del levante coinvolgendo la collina. La lettura paesistica di livello puntuale ha cercato di rendere evidenti le diverse emergenze che sono diventate parti integranti della città e della sua immagine e lo scopo dell’analisi è stato quello di mettere in evidenza le caratteristiche dello sviluppo contemporaneo del territorio e della città sotto il profilo paesistico, individuando le componenti che devono essere salvaguardate e valorizzate attraverso un sistema coordinato di interventi di conservazione e riqualificazione.
L’articolazione del territorio comunale extraurbano in Organismi Territoriali Elementari, sintetizza e fa propri gli intendimenti di salvaguardia della disciplina paesistica che, distinguendo fra le aree insediate secondo le definizioni del Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico, esprime concetti di conservazione (CE) e mantenimento (MA) al fine di guidare il progetto di pianificazione verso una gestione integrata del patrimonio ambientale. L’elenco e la descrizione dei manufatti emergenti (ME) del territorio hanno infine completato e integrato quello già fornito dal PTCP regionale.
In relazione agli specifici contenuti del PTCP, i risultati dell’indagine puntale ai fini della costruzione della disciplina paesistica di livello puntuale non hanno modificato le attuali previsioni, limitandosi in alcuni casi a meglio specificare i contenuti delle diverse normative. In sintesi, rispetto alle tre grandi tematiche interessate dal piano paesistico, gli studi e le analisi hanno avuto i seguenti effetti:
a) assetto insediativo. Sono state apportate modeste modifiche della perimetrazione del PTCP a seguito di una lettura puntuale del territorio, in particolare dovute alla suscettività d’uso del suolo o dalla evoluzione del tessuto urbano (tali modifiche saranno evidenziate in una specifica tavola di raffronto);
b) assetto geomorfologico. Le indicazioni del PTCP relative all’assetto geomorfologico, se si fa eccezione per la localizzazione delle cave, sono definizioni di macroambiti che le indagini puntuali svolte non mettono in discussione, bensì ne costituiscono un approfondimento e una specificazione, in coerenza con le diverse indicazioni di conservazione e di mantenimento. Non è stata pertanto prevista alcuna variante all’assetto geomorfologico;
c) assetto vegetazionale. Le indicazioni del PTCP relative all’assetto vegetazionale sono definizioni di macroambiti che le indagini puntuali svolte non mettono in discussione, bensì ne costituiscono un approfondimento e una specificazione, in coerenza con le diverse indicazioni di conservazione e di mantenimento. Non è stata pertanto prevista alcuna variante all’assetto vegetazionale.
3. Il sistema territoriale di riferimento
Il sistema territoriale di riferimento mette in evidenza:
A- il crinale costiero dal Monte Zatta a Portovenere con il passo del Bracco al vertice di una dorsale diagonale che collega Sestri Levante con Bru-gnato. Dalla Foce della Spezia il percorso di crinale aggira le colline del Golfo e si conclude a Montemarcello. Il crinale longitudinale pro-veniente da Marinasco deve continuamente scendere e salire in corris-pondenza delle foci minori di Buonviaggio, Termo, e Pugliola favorendo il drenaggio trasversale fra Piana della Magra e Golfo della Spezia;
B) il crinale interno dal Gottero alle Apuane con attraversamento della Magra. Il Gottero divarica i percorsi provenienti dalla costa per la conca di Pontremoli e per l’alta valle del Taro. Le Apuane divaricano i percorsi longitudinali facendoli scendere in Toscana o attraverso la Valle del Serchio o lungo il pedemonte della Versilia;
C) il crinale Appenninico tra la catena dell’Orsaro e quella del Monte Tondo, sovrastante la foce dei Carpinelli, al centro i due passi del Lagastrello e del Cerreto, separati dal monte Acuto;
D) aree collinari costiere da Deiva Marina a Portovenere disposte su sistemi vallivi minori;
E) le aree collinari interne fra San Pietro Vara e Brugnato e allineamento lungo la faglia che modella la sponda destra del Vara. L’allineamento delle selle muove dalla Foce della Spezia e termina al nodo di Velva alle spalle di Sestri Levante;
F) le aree collinari e pedemontane della bassa valle della Magra fra Piana Battolla ed Ortonovo. In corrispondenza di Sarzana i terreni alluvionali formano una strettoia che favorisce il collegamento fra le due sponde impiantando l’asse trasversale Lerici – Sarzana;
G) le aree collinari della Val di Magra interna;
H) il territorio pianeggiante spezzino articolano in due sistemi separati dalla dorsale del Poggio:
I) il territorio della bassa valle della Magra, fortemente sbilanciato in sponda sinistra dove i depositi alluvionali terrazzati formano gran parte del pedemonte, con un suolo sostanzialmente asciutto e di facile utilizzo. La piana è divisa in due: a Nord il terreno è più ghiaioso mentre a sud, a dove causa della diminuzione della pendenza la capacità di trasporto dei torrenti diminuisce, il terreno è più sabbioso. Nell’ultimo tratto, in età romana, era presente il mare e in fregio alla linea di costa, la città di Luni;
L) il territorio della Val di Magra interna è caratterizzato da episodi vallivi in corrispondenza di Aulla dove convergono di tre sistemi di Terrarossa, Pallerone e Licciana, posta quest’ultima lungo il torrente Tavarone, che nasce dall’Appennino sotto la catena del Monte Acuto. Più a settentrione il sistema vallivo della Magra interna si concentra attorno ai depositi alluvionali delle piane di Filetto, Filattiera -l’antica Surianum dei Bizantini, recentemente esplorata- e Mulazzo. Più a nord ancora Pontremoli avamposto padano in terra Toscana.
TAV. C.1 – Sistema dei crinali e delle terre alte
TAV. B.1 – CARTA DELL’ORGANISMO TERRITORIALE GENERALE
4. Il sistema geomorfologico di riferimento
Sotto il profilo geomorfologico il comune della Spezia si articola in quattro sistemi:
1) le colline di Pitelli collocate nella parte sud orientale del territorio comunale, un tempo appartenute alla comunità di Arcola che vi possedeva anche un’approdo, sono formate da suoli prevalentemente silicei con un vasto affioramento di calcare dolomitico brecciforme nel modellato del pendio che si trova a sud di Pitelli verso Lerici. Il complesso del monte Val di Lochi è strutturato da rocce silicee sedimentarie che contengono quarziti;
2) San Venerio – Mont’Albano – Castellazzo che dalla foce del Termo forma le pendici del monte Beverone, ossia della testa occidentale del crinale di Vezzano, fino alla foce del Buonviaggio, quindi risale lungo i contrafforti del Monte Albano modellando il pendio sinistro della valle Dorgia, si distende lungo la dorsale di Montalbano fino a Castellazzo dove si innestano i rami del Poggio e di Gaggiola che formano il contrafforte della Spezia. A valle di Marinasco di inntesta sulla sella che conduce in Val Durasca, quindi risale il colle di Visseggi per scendere alla Foce dove incontra faglia che dall’interno del Golfo si incunea lungo la val di Vara. Tutto questo ambiente, caratterizzato dalle forme morbide del paesaggio delle arenarie, contiene i sistemi minori di Isola, del Monte Arsà, di Sarbia e della Foce;
3) il crinale di Portovenere è un sistema misto, essendo composto prevalentemente da rocce calcaree ed arenacee: le prime formano tutta la sponda occidentale del golfo della Spezia modellando le alture dei monti Parodi, Biassa, Santa Croce e Coregna; le seconde si distendono nel versante marino strutturando tutto il territorio di Tramonti e Monesteroli. La massa montuosa del crinale costiero è la più elevata del territorio comunale e ha un modellato dalle forme sintetiche, ben riconoscibile nei promontori tondeggianti che formano la scena dei panorami della Spezia quando si scende dalla val di Magra;
4) le aree pianeggianti sulle quali la città ha impostato le sue fondamenta si articolano in tre bacini principali: il primo forma la piana del torrente Lagora, che raccoglie le acque provenienti da Biassa e dal bacino della Chiappa; il secondo è costituito dalla piana di Migliarina dove sfociano alcuni torrenti, l’Ora, il Cappelletto, le due Dorgie Vecchia e nuova; il terzo è il bacino di Melara con il canali che confluivano nella piana degli Stagnoni poi di Fossa Mastra, provenienti dalle colline di Pitelli e dal versante di San Venerio – Brigola. I suoli, come si evince dalla relazione geologica sono formati da depositi alluvionali terrazzati nella parte pedemontana, da depositi lacustri nelle zona degli Stagnoni e da depositi marini sulla linea litoranea.
Le indagini geologiche eseguite ai sensi della LR 24/87 riportate integralmente nella relazione generale, completano gli studi sul sistema geomorfologico ai fini di fornire adeguato supporto alle scelte di pianificazione urbanistica.
TAV. C.2. Sintesi strutturale e morfologica
Parte II
Caratteri del territorio extraurbano
1. L’assetto vegetazionale
L’assetto vegetazionale è composto dai seguenti biotopi:
1) i boschi che rappresentano un ecosistema caratterizzato da ricche e articolate comuni-tà viventi (biocentesi), influenzate e regola-te da fattori ecologici naturali e indotti (bio-topo). Il bosco è generalmente descritto co-me “luogo degli alberi” in quan-to per di-mensione esso sovrasta ogni altra compo-nente biotica presente e rappresenta una parte paesistica rilevante in quanto testimo-nia l’attività dell’uomo sul suolo e la capaci-tà rigeneratrice del ciclo naturale. Il bosco climax tipico è quello di leccio che, tuttavia, come bosco puro, è riscontrabile solo in forme relittuali, mentre risulta assai più frequente in consociazione ad altre piante forestali e agrarie, segno che il territorio ha subito nutrite modificazioni. La maggior parte dei boschi sono di conifere, rappresentate da popolamenti di pinus pinaster (piante non autoctone introdotte dall’uomo) che, pur avendo una grande velocità di colonizzazione, non rappresen-tano mai un bosco durevole a causa dell’ estrema fragilità biologica. Gli esemplari di castagno sono perfettamente integrati nell’ ambiente e rappresentano il frutto di disse-minazioni spontanee recenti e di immissioni passate a scopi agricoli, oggi abbandonate;
2) la macchia è rappresentata da formazioni vegetali a boscaglia sempreverde, fitte fino a diventare inestricabili, nelle quali predo-minano sufrittici, arbusti e piccoli alberi, in una associazione più o meno duratura di transizione a forme di climax diverse;
3) l’ambiente della costa a diretto contatto con il mare è di notevole importanza dal punto di vista biologico, per la rarità delle specie presenti.
TAV. B.2 – ASSETTO VEGETAZIONALE
2. L’ecosistema collinare
Partendo dalla carta del PTCP relativa all’assetto vegetazionale, è stato successivamente eseguito un attento lavoro di indagine sul territorio extraurbano del Comune della Spezia, raccolto integralmente nello “Studio Agronomico Ambientale”, del quale viene di seguito esposto in sintesi nei suoi caratteri salienti.
Con estremo realismo si deve ribadire che l’agricoltura, nel territorio del Comune della Spezia, è una delle tante attività praticate, importante ma non esclusiva. La vera importanza dell’attività “agricola”non deve essere pertanto ricercata nella capacità di “creare reddito” (capacità questa del resto limitata in tutta la Regione da fattori orografici, strutturali e congiunturali), quanto nella funzione di mantenimento sotto il profilo paesaggistico e idrogeologico. In effetti la diffusione di tale “attività”, in funzione del presidio, risulta essere l’unica in grado di contribuire ad un’equilibrata evoluzione del territorio che altrimenti verrebbe inesorabilmente a trasformarsi in bosco ed ad essere soggetto a dissesti e degradi consistenti.
Per queste considerazioni l’indagine condotta è di tipo strutturale ossia considera il territorio nel suo più ampio significato, contraddistinto da caratteristiche biologiche e morfologiche proprie, quale sistema complesso identificabile con il termine ecosistema.
In un territorio ad elevata concentrazione di attività antropiche la pianificazione deve tenere conto di esigenze tra loro diverse che, in termini biologici tendono alla contemporanea presenza di ecosistemi poco stabili ma assai produttivi, e di ecosistemi poco produttivi ma generalmente più stabili. Ne deriva che il vero problema della pianificazione è rappresentato dall’individuare il più corretto rapporto territoriale tra i due estremi di prestazione ecosistemica. Tale problematica è stata affrontata riconoscendo l’alternanza di territori a diversa prestazione ecosistemica più favorevole rispetto a quella attuale, tendente al livellamento delle condizioni ecologiche su tutto il territorio.
2.1. Suddivisione del territorio extraurbano in organismi e sub organismi territoriali elementari
2.2. Le risultanze delle indagini: dal quadro statistico al rilievo diretto
Alla superficie boscata totale spetta dunque il primato di maggior estensione. Tale prevalenza è apparsa verso la metà degli anni ’60 per andarsi a consolidare in modo definitivo e stabile dal censimento del 1972 ad oggi. Quello del bosco è quindi un incremento abbastanza recente, sviluppatosi in buona parte sull’abbandono dei coltivi, con notevoli interferenze non naturali e con inquinamenti varietali di specie, arbustive ed arboree, alloctone.
La componente propriamente agraria rimane quindi in subordine per estensione rappresentando sostanzialmente una attività non specializzata, decisamente polverizzata, quasi mai in grado di assorbire completamente l’attività lavorativa di un operatore a tempo pieno e, di conseguenza, di marginale interesse economico, produttivo e mercantile.
Classe |
S.T. |
S.A.U. |
Senza Terreno Agrario |
0 |
16 |
< di 1 Ha |
1.575 |
1.926 |
1-2 Ha. |
257 |
71 |
2-5 Ha. |
150 |
9 |
5-10 Ha. |
24 |
3 |
10-20 Ha. |
14 |
2 |
20-50 Ha. |
4 |
0 |
50-100 Ha. |
0 |
0 |
> 100 Ha. |
2 |
0 |
Totale |
2.026 |
2.026 |
Categoria di manodopera agricola |
Totale giornate lav./anno |
% |
Conduttore |
64.396 |
64,66 |
Coniuge |
22.126 |
22,24 |
Altri familiari |
6.313 |
6.34 |
Parenti |
2.900 |
2,93 |
Operai a tempo determinato |
1.950 |
1,91 |
Operai a tempo indeterminato |
810 |
0,81 |
Coloni ed assimilati |
1.108 |
1,11 |
Totale |
99.604 |
100 |
Tipo di coltura |
Mq. Superficie |
% |
Bosco Misto |
9.733.212 |
27,0 |
Bosco prev. Conifere |
3.886.917 |
10,8 |
Bosco prev. Latifoglie |
8.592.585 |
23,8 |
Castagneto – Ceduo |
1.196.304 |
3,3 |
Macchia Mediterranea |
1.030.971 |
2,9 |
Oliveto |
2.557.774 |
7,1 |
Oliveto-Vigneto |
2.001.480 |
5,5 |
Vigneto |
1.195.820 |
3,3 |
Frutteto Misto |
745.191 |
2,1 |
Seminativo Arborato |
2.198.849 |
6,1 |
Orto |
499.918 |
1,4 |
Serre-Tunnels-Vivai |
24.197 |
0,1 |
Prati Pascoli |
36.827 |
0,1 |
Incolto produttivo |
513.574 |
1,4 |
Incolto sterile |
197.477 |
0,5 |
Giardino |
478.369 |
1,3 |
Verde attrezzato |
198.699 |
0,6 |
Cava attiva |
143.673 |
0,4 |
Cava dismessa |
144.202 |
0,4 |
Discarica attiova |
219.515 |
0,6 |
Discarica chiusa |
2.746 |
0,0 |
Resede |
314.361 |
0,9 |
Parcheggi |
65.106 |
0,2 |
Deposito |
40.290 |
0,1 |
Attività diverse |
89.530 |
0,2 |
Totale |
36.107.587 |
100,0 |
Tipologia di coltura |
Mq. Superficie |
% |
Totale Boschi |
23.409.018 |
64,8 |
Totale S.A.U. |
9.260.056 |
25,6 |
Macchia Mediterranea |
1.030.971 |
2,9 |
Incolto |
711.051 |
2,0 |
Verde |
677.069 |
1,9 |
Cave |
287.875 |
0,8 |
Discariche |
222.271 |
0,6 |
Altro |
509.287,0 |
1,4 |
Totale |
36.107.587,0 |
100,0 |
2.3. Gli insediamenti
Sub- O.T.E. |
ABITAZIONI |
EDIFICI RURALI |
EDIFICI ABBANDONATI |
DIVERSI |
TOTALE EDIFICI |
VOLUME TOTALE |
||||
numero |
Vol. mc. |
numero |
Vol. mc. |
numero |
Vol .mc. |
numero |
Vol. mc. |
|||
1A |
7 |
2.582 |
5 |
659 |
2 |
137 |
1 |
103 |
15 |
3.483 |
1B |
38 |
22.394 |
30 |
1.977 |
15 |
2.786 |
2 |
2.687 |
75 |
30.176 |
1C |
33 |
11.601 |
65 |
5.455 |
8 |
1.136 |
3 |
969 |
109 |
19.163 |
1D |
11 |
6.123 |
17 |
1.261 |
8 |
4.279 |
4 |
11.976 |
40 |
23.640 |
2A |
141 |
86.750 |
141 |
12.976 |
8 |
1.676 |
5 |
1.734 |
295 |
103.137 |
2B |
24 |
15.047 |
28 |
2.378 |
5 |
763 |
4 |
2.500 |
61 |
20.690 |
2C |
26 |
12.911 |
38 |
2.675 |
4 |
1.252 |
0 |
0 |
68 |
16.839 |
2D |
294 |
135.868 |
70 |
7.805 |
13 |
5.352 |
10 |
5.158 |
387 |
154.185 |
3A |
113 |
81.552 |
37 |
3.974 |
9 |
4.308 |
7 |
5.149 |
166 |
94.984 |
3B |
24 |
13.384 |
6 |
553 |
3 |
1.200 |
2 |
942 |
35 |
16.079 |
4 |
1 |
70 |
1 |
131 |
1 |
191 |
0 |
0 |
3 |
393 |
5A |
30 |
46.522 |
7 |
1.136 |
2 |
9.770 |
99 |
19.698 |
48 |
77.127 |
5B |
113 |
55.585 |
48 |
3.961 |
5 |
1.902 |
0 |
0 |
166 |
61.448 |
5C |
30 |
14.127 |
18 |
2.244 |
6 |
2.700 |
2 |
273 |
56 |
19.346 |
6 |
190 |
97.894 |
116 |
15.171 |
7 |
2.100 |
13 |
4.198 |
326 |
119.364 |
7A |
518 |
322.940 |
82 |
8.432 |
23 |
12.993 |
28 |
32.607 |
651 |
376.973 |
7B |
162 |
91.147 |
28 |
3.913 |
11 |
3.027 |
8 |
8.588 |
2090 |
106.676 |
7C |
126 |
87.835 |
47 |
5.466 |
14 |
4.377 |
7 |
3.638 |
194 |
101.317 |
8 |
138 |
60.667 |
30 |
2.603 |
5 |
1.563 |
8 |
11.117 |
181 |
75.950 |
9A |
5 |
3.972 |
1 |
34 |
1 |
304 |
2 |
3.000 |
9 |
7.311 |
9B |
79 |
33.234 |
15 |
1.114 |
8 |
922 |
4 |
3.050 |
106 |
38.321 |
10A |
70 |
48.749 |
41 |
3.097 |
11 |
1.789 |
5 |
5.225 |
127 |
58.863 |
10B |
83 |
40.294 |
30 |
4.183 |
7 |
1.552 |
2 |
34 |
122 |
46.380 |
10C |
91 |
36.211 |
35 |
1.763 |
13 |
1.515 |
1 |
0 |
140 |
39.490 |
10D |
8 |
4.081 |
3 |
141 |
5 |
4.557 |
2 |
1.124 |
18 |
9.905 |
11 |
84 |
33.502 |
97 |
17.449 |
15 |
3.050 |
0 |
0 |
196 |
54.002 |
TOT. |
2.439 |
1.365.051 |
1.036 |
110.563 |
209 |
75.834 |
219 |
124.094 |
3.803 |
1.675.252 |
2.4. Le valutazioni di carattere ambientale
La tabella riassuntiva sotto allegata evidenzia, oltre al “valore ambientale”, la relativa media matematica, a livello dell’intero territorio comunale, e lo scostamento (scarto positivo o negativo) che da tale media ogni subOTE dimostra. E’ stato inoltre introdotto il così detto “limite qualitativo” (teorico) che rappresenta il giudizio minimo attribuibile (tra i subOTE esaminati) a quel territorio privo di elementi di valore negativi (esempio concentrazione di fonti di inquinamento, presenza di attività depauperanti. ecc.) attribuibili ad attività, diretta o indiretta, e antropica.
Sintesi di calcolo per le valutazioni ambientali del territorio extraurbano |
||||
OTE e Sub-OTE |
Valutaz. Ambient. |
Limite qualitativo |
Media comunale |
Scarto |
1A |
7,22 |
7,50 |
8,55 |
-1,33 |
1B |
7,82 |
7,50 |
8,55 |
-0,73 |
1C |
6,36 |
7,50 |
8,55 |
-2,19 |
1D |
4,48 |
7,50 |
8,55 |
-4,07 |
2A |
8,90 |
7,50 |
8,55 |
0,35 |
2B |
9,04 |
7,50 |
8,55 |
0,49 |
2C |
9,45 |
7,50 |
8,55 |
0,90 |
2D |
8,65 |
7,50 |
8,55 |
0,15 |
3A |
8,91 |
7,50 |
8,55 |
0,36 |
3B |
7,09 |
7,50 |
8,55 |
-1,46 |
4 |
8,00 |
7,50 |
8,55 |
-0,55 |
5A |
5,88 |
7,50 |
8,55 |
-2,67 |
5B |
9,05 |
7,50 |
8,55 |
0,50 |
5C |
8,61 |
7,50 |
8,55 |
0,06 |
6 |
8,84 |
7,50 |
8,55 |
0,29 |
7A |
7,95 |
7,50 |
8,55 |
-0,60 |
7B |
9,37 |
7,50 |
8,55 |
0,82 |
7C |
8,80 |
7,50 |
8,55 |
0,25 |
8 |
7,55 |
7,50 |
8,55 |
-1,00 |
9A |
9,45 |
7,50 |
8,55 |
0,90 |
9B |
8,89 |
7,50 |
8,55 |
0,34 |
10A |
10,61 |
7,50 |
8,55 |
2,06 |
10B |
10,67 |
7,50 |
8,55 |
2,12 |
10C |
8,47 |
7,50 |
8,55 |
-0,08 |
10D |
10,47 |
7,50 |
8,55 |
1,92 |
11 |
11,71 |
7,50 |
8,55 |
3,16 |
Comparazione dati storici di insediamento extraurbano
1961 |
1971 |
1981 |
1991 |
1997 |
|
Abitanti del Comune della Spezia |
121.923 |
124.547 |
115.392 |
101.442 |
97.712 |
Abitanti città (delimitazione Urbana) |
112.270 |
119.163 |
110.632 |
97.175 |
86.000 / 88.000 |
Abitanti in territorio extraurbano |
9.653 |
5.384 |
4.760 |
4.267 |
9.000 / 11.000 |
Abitazioni sparse |
non rilevato |
non rilevato |
non rilevato |
796 |
2.439 |
Abitanti case sparse |
2.364 |
2.276 |
1.448 |
1.703 |
4.000 |
H.U. (Habitat umano) in Ha in extraurbano. |
2.021,4 |
1223,5 |
476,0 |
427,7 |
1.154,7 |
H.S.(Habitat standard) mq in extraurbano |
2.094 |
2.272 |
1.989 |
1.325 |
1.283 / 1.049 |
Pitelli |
2.168 |
1.690 |
1.277 |
1.269 |
Non disponib |
Biassa |
1.100 |
856 |
645 |
315 |
Non disponib |
Campiglia |
314 |
222 |
181 |
125 |
Non disponib |
Isola |
364 |
201 |
37 |
47 |
Non disponib |
Carozzo |
282 |
193 |
207 |
167 |
Non disponib |
San Venerio |
665 |
693 |
511 |
non rilevato |
Non disponib |
Coregna |
82 |
27 |
54 |
39 |
Non disponib |
Dati ISTAT |
Dati stimati |
Circa i dati esposti si precisa che che:
L’esame complessivo della situazione comunale può essere così sintetizzato:
TAV. B.3 – CARTA DEI BIOTOPI |
Parte III
L’organismo territoriale elementare e le unità insediative
2. Gli elementi dell’organismo territoriale elementare
2.1. I percorsi e le infrastrutture viarie
2.3. Gli insediamenti storici e recenti
3. Descrizione degli organismi territoriali elementari
4. L’album degli organismi territoriali elementari
TAV. B.5 -ORGANISMI TERRITORIALI ELEMENTARI IN AREA EXTRAURBANA E UNITA’ INSEDIATIVE URBANE |
5. Le unità insediative
Parte III
Processi storici di formazione delle organizzazioni territoriali
TAV. C.3 – SISTEMA DELLE AREE DI MEZZACOSTA |
1.2. Pievi e nuclei collinari
TAV. C.4 – PIEVI E NUCLEI COLLINARI |
1.3. Il sistema dei centri e delle polarità
TAV. C.5 – SISTEMA DEI CENTRI E DELLE POLARITA’ |
1.4. Gli impianti militari del golfo
TAV. C.6 – GLI IMPIANTI MILITARI DEL GOLFO |
1.5. L’organismo urbano di fondazione
TAV. C.7 – ORGANISMO URBANO DI FONDAZIONE |
1.6. La città murata
TAV. C.8 – LA CITTA’ MURATA |
1.7. Il periodo dal 1850 al 1880
TAV. C.9 – PRIMO PERIODO DAL 1850 AL 1880 |
1.8. Il periodo tra il 1880 e il 1900
TAV. C.10 – IL SECONDO PERIODO DAL 1880 AL 1990 |
1.9. Il centro storico e le sue espansioni
TAV. C.11A – IL CENTRO STORICO E LE SUE ESPANSIONI |
1.10. La piana di Migliarina
TAV. C.11B – LA PIANA DI MIGLIARINA |
2. I piani urbanistici della città
TAV. C.12A – I PIANI DEL PRIMO NOVECENTO |
TAV. C.12B – I PIANI DEL SECONDO DOPOGUERRA
2.2. I piani del secondo dopoguerra
TAV. C.13 – LA CITTA’ DEL SECONDO DOPOGUERRA |
2.3. L’organismo territoriale contemporaneo
TAV. C.14 – SISTEMA DELL’ORGANISMO TERRITORIALE CONTEMPORANEO |
Capitolo IV
L’assetto morfologico e funzionale della città
1.1. La città storica
1.2. L’area centrale
1.3. Il sistema periferico policentrico
1.4. La piana di Migliarina
2. Analisi del sistema insediativo
residenza |
mq |
4.086.418 |
industria |
mq |
1.455.985 |
artigianato |
mq |
214.668 |
commercio |
mq |
268.564 |
turismo |
mq |
7.517 |
terziario privato |
mq |
40.894 |
terziario pubblico |
mq |
107.269 |
attrezzature urbane |
mq |
2.177.122 |
verde |
mq |
724.749 |
parcheggi |
mq |
96.803 |
attrezzature primarie |
mq |
312.804 |
totale |
9.492.794 |
TAV. D.1 – CARTA GENERALE DELL’USO DEL SUOLO |
STRALCIO DELLA CARTA DELL’USO DEL SUOLO DEL CENTRO STORICO |
STRALCIO DELLA CARTA DELL’USO DEL SUOLO DI MIGLIARINA |
TAV. D.2 – CRONOLOGIA DELL’EDIFICATO |
TAV. D.3 – CARTA GENERALE DELLA MORFOTIPOLOGIA EDILIZIA
STRALCIO CARTA MORFOTIPOLOGIA EDILIZIA DEL CENTRO STORICO |
STRALCIO CARTA MORFOTIPOLOGIA EDILIZIA DI MIGLIARINA |
TAV. D.4A – CARTA GENERALE DEI VALORI STORICI E AMBIENTALI
STRALCIO CARTA DEI VALORI STORICI E AMBIENTALI CENTRO STORICO |
STRALCIO CARTA DEI VALORI STORICI E AMBIENTALI A MIGLIARINA
TAV. D.4B – PRESENZA DI ELEMENTI DEL LINGUAGGIO ARCHITETTONICO
3. La Tipologia Urbana
TAV. D.5A – tipologia urbana: ambiti e tessuti |
3.1. Analisi della tipologia urbana periferica
Tav D.5B – caratteri tipologici degli ambiti omogenei periferici |
4. Tessuti ed ambiti urbani periferici
5. Tipi edilizi
L’ipotesi di un inferiore “livello di tipicità” dell’edificato storico della periferia urbana, ha trovato un comune riscontro negli esiti della lettura della tipologia edilizia. Al costante riproporsi di una incertezza insediativa originata dalla sovrapposizione alla preesistente maglia di matrice rurale di interventi ristrutturanti di epoca moderna rimasti incompiuti, fa riscontro, a livello edilizio, un’analoga indeterminazione dell’ identità tipologica dei manufatti rispetto a quelli del nucleo urbano centrale: le alte-razioni dei tipi caratteristici delle aree centra-li si esprimono sia nella relazione morfo-logica tra edificio, percorso e lotto perti-nenziale (rapporto edificio-tessuto), sia negli stessi caratteri architettonici e distributivi dei singoli manufatti. Alcune delle tipologie edi-lizie seriali tradizional-mente riscontrabili nel nucleo urbano centrale compaiono, peraltro, nelle parti della periferia storica nella loro inalterata configurazione, prevalentemente all’interno dei tessuti lineari chiusi lungo le dorsali, mentre tendono complessivamente a perdere il loro grado di identificabilità o a riproporsi in forme moderne diversificate via via che i tessuti di impianto tendono ad allon-tanarsi da esse per sfrangiarsi nei percorsi minori di lottizzazione o nelle fasce pedecollinari dell’estrema periferia. All’interno dei tessuti edilizi storici chiusi sono state rilevate le seguenti tipologie edilizie:
1) in termini quantitativi le tipologie a schiera, pseudoschiera, pseudolinea,linea,compaiono nel 45% dei casi;
2) molti degli elementi tradizionali (per lo più edifici in linea) che tendono a conformare le cortine edilizie continue e chiuse sui percorsi principali (es. i tessuti lungo l’Aurelia storica: via Lunigiana, via Sarzana), compaiono, con analoghi carat-teri architettonici lungo i percorsi minori in forma isolata, talvolta in posizione centrale rispetto al lotto di pertinenza, alterando la propria regola insediativa in favore di un modello “a palazzina”;
3) alterazioni degli aspetti architettonici nei tipi “storici”, sono state assimilate all’interno delle categorie di pseudolinea o pseudoschiera, tipologie che costituiscono il 2,5% circa degli edifici rilevati nell’area periferica;
4) analoga alterazione architettonica e morfologica, si riscontra nei casi di trasformazione di tipi di origine rurale, come le corti, disseminate pressoché su tutto il territorio urbano periferico (8%circadegli edifici storici della periferia sono ancora riconducibili ai caratteri distintivi del tipo a corte), in edifici assimilabili al tipo del villino periurbano;
5) l’incidenza delle trasformazioni dei manufatti storici è resa altresì maggiormente significativa dal dato percentuale relativo agli edifici ristrutturati con modifiche o alterazioni dei loro caratteri architettonici e tipologici (in larga misura in seguito a processi superfetativi moderni) pari a circa il 36% degli edifici storici periferici. Degli edifici ristrutturati solo il 30% mantiene i caratteri originari.
Nel passaggio dai tessuti di tipo continuo-chiuso a quelli di tipo discreto-aperto sta il principale elemento di differenziazione delle tipologie edilizie del centro storic” da quelle specifiche della periferia: lungo le direttrici di impianto della piana di Migliarina il tessuto si apre nelle sequenze dei villini storici di via Michele Rossi, via delle Grazie, via Falconi, Stradone D’Oria, frutto delle prime colonizzazioni urbane della piana intorno alla fine degli anni Venti. All’interno dei tessuti edilizi aperti sono rilevate le seguenti tipologie edilizie:
1) il tipo a villino che rappresenta il 22,5% degli edifici, è il più frequente della periferia. Esso raffigura la principale caratterizzazione dei tessuti di tipo aperto e degli ambiti, compare frequentemente (nel 40% circa dei casi) nella sua forma storica (anni Venti-Trenta) nelle aree della piana di Migliarina, nella fascia di fondovalle della conurbazione Boschetti, Limone, Melara, Termo, Pianazze, nella fascia pedecollinare della Chiappa a ridosso dell’Aurelia, nella zona di Ruffino. Il villino presenta spesso caratteristici elementi di linguaggio architettonico decorativo che ne gerarchizzano l’affaccio urbano. In forma moderna (anni Cinquanta-Sessanta) il villino si presenta con caratteri morfo-tipologici analoghi in spazi di completamento ma caratterizzato da linguaggio architettonico funzionale. I tessuti e gli ambiti a villino sono spesso caratterizzati dalla regolarità di un impianto lottizzativo ordinato e da una configurazione morfologicamente definita ed equilibrata costituendo, pertanto, elemento di tipicità e di qualificazione dello spazio insediato periferico;
2) l’edilizia post-bellica si caratterizza anche attraverso le espressioni moderne della casa in linea che costituiscono, in termini puramente quantitativi, il 36%circa degli edifici in linea della periferia. Nei quartieri residenziali pubblici (anni Cinquanta-Sessanta), spesso essa si presenta nella forma aperta di corpo edilizio autonomo costituito da elementi a due alloggi per piano serialmente ripetuti, indifferente rispetto alla gerarchia dei percorsi, con corpo isolato sul lotto pertinenziale destinato frequentemente a giardino collettivo. Nei primi esempi di tale tipologia (Favaro, Termo, Pianazze), il linguaggio edilizio a parete muraria continua contribuisce a rendere tali episodi assimilabili ai complessi popolari storici del Nucleo Urbano Centrale e riconosciuti di specifico valore architettonico e documentario da un punto di vista qualitativo. Lo sviluppo più recente di questa tipologia (anni ’60-’80), identificato nei “blocchi aperti”, che sempre più tendono a svincolarsi dalla geometria dell’impianto urbano circostante (via Parma, via Federici, via Bragarina, via della Pianta, corso Nazionale), tende ad accentuare l’indifferenza dell’edificio rispetto al percorso e il grado di diversificazione della morfologia edilizia e del linguaggio architettonico. La negazione, tipicamente moderna, di un ordine riconosciuto, si esprime talvolta a livello planimetrico con edifici a “spezzata” che tendono ad occupare il lotto pertinenziale in profondità, escludendo la possibilità di gerarchizzare, a livello volumetrico, il fronte lungo il percorso con una parete continua in favore di corpi concavi e convessi disarticolati e indifferenti all’assialità (corso Nazionale, via Bragarina, via Federici); oppure con edifici a “stecca”, più rigorosi nella stereometria e nell’allineamento, ma di fatto architettonicamente indifferenti alla maglia urbana (via Parma, via Federici);
3) a questa individuazione, negli edifici moderni, di caratteri tipologici ricono-scibili nella loro graduale trasformazione storica, fa riscontro un insieme diffuso di elementi ibridi che, ricondotti in parte a tipologie edilizie di tipo aperto, “a palazzina” o “a villino”, costituiscono gran parte degli ambiti urbani periferici con eterogeneità di linguaggio architettonico. Complessivamente, infatti “palazzina” e “villino“, specifici di tessuti a morfologia aperta, costituiscono circa il 33% degli edifici della periferia. Non infrequenti le caratterizzazioni di tali episodi attraverso stilemi architettonici del movimento moderno “volgarizzati” in chiave “domestica”, cui è stato comunque riconosciuto un valore documentario.
Quando gli edifici, storici o moderni, non sono risultati ascrivibili a tipi edilizi codificati, in assenza, cioè, di regole morfologiche riscontrabili, sono stati attribuiti alla categoria “altro“, che costituisce circa il 27%dell’edificato totale, a significativa conferma dell’inferiore grado di identificabilità dell’edilizia periferica.
In termini di valutazione qualitativa generale è evidente, nell’edificato storico presente nella periferia spezzina, la prevalenza di edilizia di valore ambientale su quella di valore storico-architettonico o monumentale. La prima assume, infatti, la consistenza di circa il 77,5%dell’edificato storico non interessato da più recenti interventi di ristrutturazione; mentre gli edifici di valore architettonico-monumentale o storico architettonico costituiscono l’8% degli edifici antecedenti il 1940. La gerarchizzazione in forma ordinata del linguaggio architettonico dell’edilizia storica periferica, riscontrata lungo le dorsali o i percorsi principali e, più episodicamente, all’interno dei percorsi secondari e minori, tende a stemperarsi, infatti, in un diffuso “valore ambientale” nei tessuti aperti della periferia, interessati, altresì, come già rilevato, da trasformazioni e alterazioni; anche per questo il riconoscimento dello spazio urbano, in una prospettiva di lettura tesa a interpretarne il valore nelle forme e nei gradi di organizzazione complessiva, trascende quella del valore architettonico del singolo edificio per interessare tessuti ed ambiti nella loro struttura e tipologia.
Per l’edilizia moderna, solo il5%degli edifici rilevati assume valore “architettonico-documentario”, mentre circa il 55%risulta morfologicamente non compatibile con il relativo contesto insediativo; ma una interpretazione qualitativa più complessa dei significati e dei valori degli insediamenti moderni è raggiungibile solo attraverso la più organica lettura “per ambiti” delle relazioni tra le diverse parti dello spazio urbano.
6. La divisione omogenea della città
TAV. D.6 – DIVISIONE FUNZIONALE DELLA CITTA’ CONSOLIDATA |
Capitolo V
Il sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei servizi
1.1. Le grandi infrastrutture
1.2. Il progetto della viabilità provinciale
2. L’assetto della viabilità della città
3. L’assetto ferroviario
3.1. Il trasporto passeggeri
3.2. Il trasporto merci
4. Il trasporto pubblico
5. La rete pedonale e ciclopedonale
6. Sistema della viabilità – scenari di intervento
STRALCIO DELLA RETE FOGNARIA NELL’AREA CENTRALE |
TAV. D7 – IL SISTEMA DELLE PRINCIPALI INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO E DELLA MOBILITA’
7. Le reti tecnologiche
8. Il sistema dei servizi pubblici
8.1. Le attrezzature urbane
8.2. Aspetti quantitativi e carenze del sistema dei servizi di quartiere
Il quadro complessivo delle dotazioni di quartiere mostra una situazione di deficit generalizzato per ciascuna delle categorie di servizi. Lo standard medio esistente valutato su tutto il territorio comunale ammonta, infatti, complessivamente a 9,3 mq/ab, a fronte dei 18 mq/ab minimi previsti dal D.M. 1444/’68. Più in particolare si riscontrano sensibili carenze nell’ambito del sistema dei parcheggi pubblici e degli spazi per l’istruzione, sensibilmente inferiori, questi ultimi, alla metà di quelli prescritti dal D.M. 1444/’68 (1,8 mq/ab stimati sull’intero territorio comunale a fronte dei 4,5 mq/ab necessari).
SERVIZI PUBBLICI DI QUARTIERE ESISTENTI |
mq |
mq |
Istruzione e attrezzature civili e religiose |
279161 |
2,85 |
Zone a verde attrezzato, sportive e di relazione con il mare |
543180 |
5,54 |
Zone per parcheggi pubblici |
89261 |
0,91 |
TOTALE |
911602 |
9,30 |
8.3. Il sistema del verde urbano
TAV. D.8A – STATO DELL’ATTUALE OFFERTA DEI SERVIZI |
TAV. D.8B – QUALITA’ DELLE AREE PER SERVIZI ESISTENTI E DELLE AREE INTERESSATE DALLE PREVISIONI DEL PRG 87
Capitolo VI
Processi socioeconomici in atto
1. L’andamento demografico
La costruzione di un quadro demografico attendibile è uno dei presupposti basilari per fondare le future scelte di programmazione territoriale. Esso si configura non soltanto come elemento attraverso il quale dimensionare gli interventi urbanistici, ma, specie nella componente migratoria, diventa una variabile dipendente dell’evoluzione economica, la quale, a sua volta, è condizionata dalle generali politiche di sviluppo locale di cui fanno parte anche le scelte urbanistiche. Oggi, attraverso lo studio demografico si tende a fornire elementi non solo in termini di tendenza di sviluppo (o di regressione) ma, in particolare, per quantificare deficienze per tipologia dei servizi e delle abitazioni e, di conseguenza, per formulare delle ipotesi di progetto della citty basato su necessity reali, non solo in termini quantitativi, ma di quality (dei servizi, dell’ambiente, della condizione abitativa, della mobility).
Per comprendere l’andamento della popolazione del Comune della Spezia si fa riferimento ai dati censuari dal 1911 al 1991. Da questa raccolta di informazioni è possibile distinguere quattro cicli: uno di crescita intensa, uno di incremento meno marcato, uno di pressoché stasi demografica, l’ultimo di declino:
a) il primo ciclo arriva fino al 1951, durante il quale la popolazione sale da 82.362 a 111.849 unity con una variazione percentuale del 35,8% ed un incremento medio annuo dello 0,89%;
b) il secondo ciclo interessa il decennio dal 1951 al 1961; in questo periodo la popolazione aumenta di circa 10.000 unity, pari ad un incremento percentuale del 9,01% ;
c) il terzo ciclo riguarda il decennio 1961-1971 durante il quale la popolazione residente cresce molto rispetto al periodo precedente (è quasi una stasi demografica se rapportata alle variazioni dei primi due cicli), con un aumento di 2.624 unità in valore assoluto (l’incremento medio annuo risulta essere dello 0,21%);
d) il quarto ciclo, (dal 1971 ad oggi), mostra un declino demografico confutato dalla perdita di 9.155 unity tra il 1971 ed il 1981 (-7,35%) ulteriormente accentuatosi tra il 1981 ed il 1991, intervallo temporale durante il quale la popolazione residente si riduce di 13.950 elementi (-12,09%), scendendo nel 1995 arriva a 98.415 unità, con una variazione media annua del -0,87%.
L’arresto demografico del Comune è da attribuirsi all’insufficiente ricambio naturale (costantemente negativo) ed a quello migratorio.
Nell’area geografica comprendente il comune della Spezia e quelli a lei confinanti le dinamiche demografiche risultano diverse tra Comune e Comune. Suddividendo il periodo 1971-1991 in due intervalli temporali intercensuari di osservazione, si evince che:
a) il decennio 71-’81 ha visto una riduzione della popolazione nel Comune della Spezia (-7,35%), Lerici (-6,93%), Portovenere (-7,83%), Riomaggiore ( 7,85%); un trend demografico positivo si è invece verificato nei Comuni di Arcola (+10,14%), Follo (+18,87%), Riccò del Golfo (+2,68%), Sarzana (+2,87%) e Vezzano (+8,18%);
b) il decennio ‘81-’91 ha portato un aggravamento nel decremento della popolazione nel Comune della Spezia ( 12,09%), di Lerici (-10,47%), di
Riomaggiore (-15,98%) ; nel periodo considerato si nota invece un notevole incremento nel Comune di Riccò del Golfo (14,76%) e di Follo (22,70%).
Nel periodo 1991-1995 si registra un ulteriore diminuzione di abitanti nel comune della Spezia (-2,8%), Lerici (-3,39%) e Riomaggiore (-3,73%). La migliore performance rimane quella riscontrata nel Comune di Follo (12,16%), Portovenere (+3,44%), Riccò del Golfo (+3,25%).
Per ciò che riguarda il Comune della Spezia, la diminuzione della popolazione è imputabile principalmente al decremento naturale sempre contrario dal 1976 al 1995, ulteriormente aggravato da un saldo migratorio, anch’esso negativo negli anni considerati.
Nei comuni limitrofi che hanno fatto registrare un aumento di popolazione, la causa che ha fatto notare un saldo positivo è da ricercare sempre nell’andamento dei saldi migratori positivi che hanno continuamente sopperito all’andamento negativo del saldo naturale.
Al tendenziale calo di popolazione si accompagna un progressivo invecchiamento degli abitanti che non investe solo il comune capoluogo.
Nel Comune della Spezia tra il 1971 e il 1995 i giovani in ety inferiore a 14 anni diminuisce di ben 13.492 unity (da 23.543 a 10.051, pari a – 57%), mentre gli ultrasessantacinquenni salgono di 7.428 (17.719 a 25.147, pari a +42%).
Tutto questo spiega l’aumento consistente dell’indice di invecchiamento che, sempre nello stesso periodo 71-95, è passato da 75,26 a 250,19.
Tutti gli indicatori demografici confermano il generale declino della popolazione della Spezia.
Per ciò che riguarda l’andamento delle famiglie nel periodo compreso tra il 1951 e il 1995, a possibile notare una duplice dinamica:
1) la popolazione ha registrato un incremento dal 1951 al 1971 di 12698 unity subendo, successivamente, una drastica riduzione fino alle 98.316 unity del 1995;
2) il numero di famiglie presenti nel Comune a aumentato dalle 33.425 unity del 1951, alle 49.134 del 1981; nel decennio successivo (‘81-’91) le famiglie registrano un decremento (43.202 unity nel 1991), continuando a ridursi fino al 1995 (42.594 unity).
L’andamento a forbice verificatosi nel periodo ‘51-’71 tra famiglie e popolazione residente, si a tradotto in una nuova contrazione del numero medio dei componenti che a sceso da 3,3 (1951) a 2,7 (1971) fino ad attestarsi sulla media attuale di circa 2,3. La più rilevante trasformazione nel campo delle famiglie riguarda la crescita di nuclei unipersonali che hanno assunto dal 1981 al 1995 un peso percentuale maggiore sul totale, passando dal 27,2% al 30,6%.
La contrazione della dimensione media e la conseguente parcellizzazione dei nuclei composti da uno e due persone dà dunque ragione ai mutati valori nei
rapporti di formazione che si sono spostati a favore delle minime dimensioni. L’elevato numero anagrafico di famiglie minime può comunque essere attribuito all’esistenza di norme che favoriscono in campi diversi coloro che possono esibire la qualifica di capofamiglia, anche se di un nucleo unipersonale. È dunque probabile che nell’anagrafe comunale siano sottodimensionate le famiglie più ampie.
2. La distribuzione territoriale della popolazione
Vediamo adesso, brevemente, come la popolazione sia distribuita sul territorio e quale siano state le principali variazioni nel periodo 1988-1991, prendendo come unità territoriale di riferimento la circoscrizione amministrativa.
La densità media territoriale è di 19,8 ab/ettaro e varia da un minimo di 6,9 nella 1^ Circoscrizione (Biassa, Pegazzano, Cadimare, Marola), ad un massimo di 135,4 ab/ ettaro nella 3^ Circoscrizione (centro città). La zona più densamente popolata è quella centrale, che distanzia molto la zona successiva che è quella della 4^ Circoscrizione (la zona oltre la ferrovia) dove la densità territoriale è di 28,34 ab/ettaro. La situazione non si modifica, come tendenza, se la densità viene misurata attraverso il parametro dei vani/Ha. Come per la densità della popolazione, anche quel-la abitativa è più elevata nella 3^ Circoscrizione con 265,3 vani/Ha, seguita dalla 4^ Circoscrizione, dove si riscontrano 45,6 vani/Ha.
|
3. La condizione abitativa
ANNO |
TOTALE ABITAZ. |
ABITAZ. OCCUPATE |
STANZE OCCUPATE |
STANZE NON OCC. |
POPOLAZ RESIDEN |
1971 |
41599 |
39801 |
148918 |
6498 |
124547 |
1981 |
44191 |
41096 |
161842 |
10820 |
115392 |
1991 |
44906 |
40560 |
161280 |
14975 |
101442 |
71-81 V.A. |
2592 |
1295 |
12924 |
4322 |
-9155 |
71-81 V.% |
6,23 |
3,25 |
8,68 |
66,51 |
-7,35 |
81-91 V.A. |
715 |
-536 |
-562 |
4155 |
-13950 |
81-91 V.% |
1,62 |
-1,30 |
-0,35 |
38,40 |
-12,09 |
INDICATORI: |
ANNO 1971 |
ANNO 1981 |
ANNO 1991 |
DIM MEDIA ALLOGGI OCCUP. |
3,74 |
3,94 |
3,98 |
INDICE AFFOLLAMENTO |
3,94 |
0,71 |
6,27 |
% STANZE NON OCC SULLE OCC. |
3,98 |
0,63 |
8,50 |
3.1. Il mercato delle costruzioni
Anno |
Residenziale |
Non Residenziale |
||
N° concess. |
Volume Mc. |
N° concess. |
Volume Mc. |
|
1985 |
5 |
19.988 |
2 |
9.700 |
1986 |
11 |
21.763 |
5 |
225.930 |
1987 |
10 |
25.833 |
1 |
6.973 |
1988 |
22 |
49.767 |
3 |
201.786 |
1989 |
30 |
48.692 |
3 |
60.413 |
1990 |
27 |
45.413 |
1 |
31.900 |
1991 |
37 |
87.798 |
2 |
79.591 |
1992 |
45 |
113.257 |
0 |
0 |
1993 |
34 |
108.450 |
1 |
16.632 |
1994 |
53 |
47.164 |
2 |
109.150 |
1995 |
47 |
94.955 |
2 |
135.198 |
3. La condizione economica della popolazione
Il tasso di attività scende da 89,11% all’86,8% (variazione pari a -2,31%) ; gli occupati nel periodo 1981-1991 si riducono del 7,15%, mentre aumentano i disoccupati (addirittura del 50,32%) e di coloro in cerca di prima occupazione (2,74%).
Nel Comune della Spezia, la popolazione attiva nel 1981, suddivisa per ramo di attività economica, è impiegata per circa il 33% nell’industria, seguono la Pubblica Amministrazione ed i servizi (30,68%), il commercio (19,68%) ed i trasporti e comunicazioni (9,79%). Il 1991 segna invece un mutamento nel peso percentuale degli occupati nei vari rami di attività. La Pubblica Amministrazione ed i servizi pubblici e privati divengono il ramo di attività con il peso più elevato degli occupati (35,01%).
L’industria scende al 25,21% degli occupati sul totale degli attivi, l’agricoltura riduce il suo peso relativo allo 0,65%, così come i trasporti e comunicazioni (8,89%). Il credito e servizi aumentano di circa il doppio
il numero degli occupati, passando dal 5,31% del 1981 al 10,27% del 1991.Globalmente gli occupati hanno subito una riduzione in valore assoluto di 2.084 (-5,32%). Una tendenza rilevata in questo ultimo decennio è il passaggio di occupati dal settore industriale al comparto P.A., servizi pubblici e credito. Tale fenomeno è riscontrabile anche nei Comuni confinanti.
5. Caratteri evolutivi dell’industria dell’artigianato e del commercio
predominate rimane la ditta individuale, per il settore industriale è invece prevalente la forma delle società di capitali (67% sul totale provinciale), grazie soprattutto all’evidente peso delle società a responsabilità limitata che raggiungono l’85% del totale delle società di capitale presenti. Il 14% è appannaggio delle società per azioni, mentre le società di persone occupano il 15% del totale provinciale.
Per ciò che concerne una più precisa collocazione delle principali attività industriali vi è una forte presenza di attività cantieristiche sul viale San Bartolomeo, il settore edile è invece piuttosto diffuso su tutto il territorio. Le attività di movimentazione dei containers sono localizzate all’interno del porto ed in Viale San Bartolomeo, Via privata ENEL e Via Valdilocchi; le industrie chimiche si trovano nelle via Vappa, Via Fontevivo, Via Pitelli; le agenzia marittime e spedizionieri si dividono tra il Porto mercantile, Viale San Bartolomeo e Viale Italia.
5.1. L’industria
5.2. L’artigianato
5.3. Il commercio
Uno sguardo più ampio all’ambito nazionale, secondo quanto recentemente pubblicato da Infocamere, mostra che, a fronte di un aumento complessivo del numero delle imprese, si è registrato nel
6. Elementi dell’indagine logistico-economica
6.1. Il Porto e la nautica da diporto
6.2. Il turismo
6.3. Ipotesi e tendenze del settore turistico
Capitolo VII
Turismo – Sviluppo e prospettive
1. Premessa
2. I flussi turistici – Comune, Provincia, Regione
2.1. Nel Comuni della Spezia – periodo 1995/2000
2.2. Nella Provincia della Spezia – periodo 1995/2000
2.3. Nelle Province liguri – periodo 1990/1999
3. I tipi di turismo nel Comune della Spezia
4. Lo stato di fatto: le strutture ricettive esistenti
5. Elementi per il dimensionamento della capacità ricettiva
5.1. Considerazioni preliminari
5.2. Valutazioni per il dimensionamento della capacità ricettiva
5.3. I tipi di turismo e di ricettività: considerazioni sullo sviluppo del settore
Capitolo VIII
Le condizioni del processo di pianificazione
1. Il Piano urbano del traffico
1.1 Il piano dei trasporti pubblici urbani e suburbani
1.2 Il Piano dei Trasporti Marittimi
2. Lo stato di attuazione del Prg vigente
2.1. La residenza
2.2. Le aree produttive
2.3. I servizi di quartiere
3. La potenzialità del sistema insediativo