5.3. Il commercio

 

Analisi della rete

Uno sguardo più ampio all’ambito nazionale, secondo quanto recentemente pubblicato da Infocamere, mostra che, a fronte di un aumento complessivo del numero delle imprese, si è registrato nel

primo trimestre del 2001 una diminuzione complessiva di 7.952 unità commerciali pari ad un tasso di crescita negativo dello – 0.52%. La dinamica natalità- mortalità delle imprese mette in evidenza il processo di ristrutturazione in atto nel settore del commercio. Lo studio condotto da Unioncamere attribuisce, infatti, tale risultato negativo al processo di ammodernamento che sta coinvolgendo il settore. La ristrutturazione in atto si evince da una diminuzione che riguarda prevalentemente le ditte individuali nel commercio (5.951) e da un contemporaneo aumento riguardante esclusivamente le società di capitale (+ 461) pari ad un tasso di crescita dello 0.25%.[1]   Un dato interessante se incrociato con i dati provinciali dai quali emerge un prevalenza delle ditte individuali (il 70.95% sul totale) e delle società di persone (21.17%) sulle altre forme giuridiche. Lo stesso rapporto sull’economia provinciale della C.C.I.A.A riferito ai dati  1999 ha evidenziato una contrazione delle imprese individuali e delle società di persone, con l’unica eccezione delle società di capitali che  hanno totalizzato una tendenza al rialzo pari all’11,5%.[2] Il 2000 è caratterizzato come un anno di forte ripresa delle aperture di esercizi commerciali da ricondurre all’applicazione delle nuove norme sulla libertà d’accesso, introdotte dalla riforma del settore: nella provincia sono registrate 337 nuove iscrizioni nei registri camerali relative al commercio al dettaglio fisso con un saldo positivo pari a +76, in controtendenza rispetto al saldo  tra imprese iscritte e cancellate del 1999  pari a –74.[3]

Il grafico 2 sintetizza l’andamento del commercio locale nel periodo 1995-2001. I dati riguardano il primo  trimestre di ogni anno e sommano il numero delle imprese attive nel commercio all’ingrosso, intermediazione del commercio e commercio al dettaglio esclusi il commercio relativo alla riparazione e manutenzione degli autoveicoli. Il grafico e’ stato elaborato in base ai dati pubblicati sul sito Internet di Infocamere.

L’interpretazione di un simile dato dimostra che anche di fronte alla diminuzione costante delle attività commerciali non si registrano variazioni significative nel settore in esame.

La differenza tra il primo trimestre 1995 e 2001 mostra una differenza di sole 426 unità distribuite in 7 anni.[4]     Ciò confermando i dati elaborati dallo studio della DITEA.

 

 

 

A marzo 2001 delle 167 nuove attività iscritte alla C.C.I.A.A 25 riguardano il settore del commercio ovvero l’0.14% delle nuove attività.[5]

Continuando l’indagine relativa al contesto provinciale, rileviamo che il commercio spezzino si presenta prevalentemente come commercio al dettaglio (42.3%),[6] assorbendo circa il 25% degli occupati totali della provincia.[7] Secondo i dati recentemente divulgati dall’Osservatorio Nazionale del Commercio presso il Ministero dell’industria il commercio spezzino è caratterizzato prevalentemente da esercizi non specializzati a prevalenza alimentare (409 su un totale di 3264 esercizi),altri esercizi specializzati non alimentari (508) e di attività inerenti al settore dell’abbigliamento, accessori e pelliceria (581)[8]

Per ciò che riguarda il Comune della Spezia la tendenza che si rileva è sostanzialmente la stessa con un incremento evidente solo nel primo semestre del 2001 per gli esercizi di vicinato alimentari e non alimentari.

Il 2002 rappresenta l’anno in cui la riforma relativa al commercio si è andata assestando e definendo. All’incremento del numero degli esercizi si è associato un altrettanto incremento relativo alla superficie di vendita.

Una particolare attenzione deve essere rivolta al piccolo commercio, che rappresenta ancora, sia in termini quantitativi che qualitativi, l’ossatura della rete spezzina.

Un processo di evoluzione di questo livello distributivo va guidato ed incentivato verso forme evolute di associazionismo, sia fondato su basi territoriali sia su affinità merceologiche.

E’ questa l’unica efficace strategia, unita ad una costante politica di promozione, in grado di ridurre i costi ed elevare la qualità dei servizi alla clientela, realizzando livelli di competitività in grado di rispondere efficacemente alla crescita della grande distribuzione, in quest’ottica sempre più l’amministrazione tende a favorire la realizzazione di consorzi.

L’apertura degli esercizi di vicinato è regolata da una procedura semplificata che consiste nell’invito al Comune di una preventiva comunicazione e lasciando allo stesso un termine di 30 giorni per effettuare le opportune verifiche permette al soggetto interessato di dar corso all’apertura dell’esercizio dopo il trentesimo giorno.

La normativa consente delle deroghe a tale principio per le aperture di esercizi di vicinato, queste sono state utilizzate dalla Regione Liguria che ha ridotto nei propri indirizzi e criteri, il limite di 250 Mq. di superficie di vendita a 100 Mq. nelle zone urbanistiche di tipo “A“ (D.M. n° 1444/68), nei centri storico commerciali, nei comuni con popolazione residente fino a 3.000 abitanti e in tutte le frazioni o centri abitati con popolazione fino a 500 abitanti; con l’attuazione del nuovo P.U.C. si intendono mantenere detti limiti comprendendoli negli ambiti territoriali di conservazione: nel centro storico, nei nuclei collinari e costieri e nel quartiere dei colli.

Ciò al fine di salvaguardare in questo settore la rete commerciale esistente senza peraltro scoraggiare la sua modernizzazione e la produttività.

Tutto questo nel nostro comune è stato recepito ed utilizzato per ciò che riguarda il settore alimentare. E’ indubbio che la media distribuzione alimentare ha subito negli ultimi anni un incremento, nel 1990 rappresentava il 34,2% della superficie dell’intero comparto alimentare, nel 1998 la media risultava cresciuta del 5,27%.

Questo processo di razionalizzazione del settore si è realizzato prescindendo dalle previsioni della programmazione commerciale.    La suddetta realizzazione è avvenuta mediante lo sviluppo dei discount e delle superette, si è così determinata una forte densità di esercizi nella fascia più bassa della media secondo i limiti del decreto 114 (250-2500 Mq.).  Questo processo ha tuttavia delineato un nuovo equilibrio della rete che le ha assicurato un’accettabile livello di efficienza e capillarità.

 

La pianificazione commerciale

La Regione ha accompagnato la stesura dei suoi criteri ed indirizzi emanati nel 1999 ad uno studio approfondito effettuato dal Dipartimento di Tecnica ed Economia dell’azienda dell’Università di Genova.

Lo studio aveva preso in esame le variabili di carattere demografico e socio economico che avevano influito sull’assetto del sistema commerciale ligure.

Dal punto di vista demografico si era registrata una complessiva staticità, con tendenza alla diminuzione della popolazione ligure con un progressivo aumento delle fasce più anziane e una diminuzione di quelle più giovani. Ciò non aveva influito comunque in maniera apprezzabile sui processi di trasformazione del settore. 

Si ritiene che tale studio, effettuato dalla DITEA nel 1998/1999 possa, in attesa dei nuovi criteri che dovranno essere emanati dalla Regione Liguria nell’aprile 2002, essere ancora alla base della programmazione non essendosi verificate ad oggi variazioni sostanziali.

Dall’approvazione dei primi criteri nel maggio del 2000 si è detto che la rete commerciale non si è sostanzialmente modificata, con l’attuazione dei criteri regionali si sono andate definendo le situazioni relative a quanto era già stato programmato negli anni precedenti.

Di ciò si ha un riscontro oggettivo esaminando la grande distribuzione, la delibera regionale n° 29/1999 aveva confermato gli indirizzi programmatori esistenti in materia di grande distribuzione, prevedendo per il nostro territorio tre insediamenti di cui due nell’area ex IP (ex tipo B e ex tipo D) e il terzo previsto nella zona ponente oggi in fase di completamento.

Appare importante confermare l’orientamento dell’amministrazione, sentite le forze sociali, a richiedere una sostanziale revisione di quanto programmato nell’ex area IP.

I dati prodotti confermavano una forte evasione dei consumi a favore di aree limitrofe sia nel settore alimentare che non alimentare. Tali dati evidenziavano una carenza oggettiva della rete e cioè l’assenza di un centro commerciale in grado di attirare  flussi di consumatori anche su scala sovracomunale.    Nulla è mutato.

Un centro di maggiori dimensioni ripensato anche dal un punto di vista progettuale consentirebbe di colmare l’oggettiva lacuna ricordata e di sviluppare un rapporto sinergico anche con il commercio al dettaglio specializzato.

Emerge inoltre l’esigenza di dover prevedere superfici di medie dimensioni alimentari in zone urbanistiche predeterminate, ciò al fine di salvaguardare in questo settore la rete commerciale esistente senza per altro scoraggiare la sua modernizzazione e produttività.

Per il settore non alimentare invece non si ritiene necessario attivare tali deroghe, proprio per favorire nel centro storico e in altre zone strategiche l’ammodernamento della rete, la sua qualificazione cercando di far diventare il centro storico un polo d’attrazione per il commercio nei settori dello “shopping-goods”.

Per ciò che concerne la media distribuzione non alimentare la rete appare ancora oggi molto poco articolata se non addirittura carente.   

La pianificazione deve prevedere e favorire la possibilità di nuovi insediamenti anche capaci di attirare nuovi flussi turistici.

Un altro tema di fondamentale importanza per quanto concerne la programmazione della piccola distribuzione è quello della salvaguardia degli esercizi collocati nelle zone periferiche ed in particolare in quelle collinari. Tali esercizi costituiscono servizi di grande importanza anche sociale in relazione all’invecchiamento della popolazione. Essi costituiscono rispetto ai fenomeni di concorrenza in atto delle realtà sempre più marginali.



[1] Indagine Movimprese del 23 aprile 2001.

[2] Rapporto sull’economia provinciale pubblicato della C.C.I.A.A.

[3] Dati relativi all’anno 2000 pubblicati dall’Osservatorio del Commercio presso il Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato.

[4] Elaborazione dei dati disponibili sul sito internet htto://www.infocamere.it/movi/tables/2001/SP12001.htm.

[5] Dati pubblicati da  “Il Sole-24 Ore”  sezione Nord-Ovest in data 30/04/01 formulati in base alle nuove iscrizioni al registro imprese di marzo 2001.

[6] Rapporto Provinciale del 1999.

[7] “I dati sul mercato del lavoro in Provincia di La Spezia: Anno 2000” pubblicato dalla CC.I.AA.

[8] Osservatorio sul Commercio:http://www.minindustria.it/Dgcas/Osscommercio/Tavole/TAV3_7A_Liguria.htm.