4.2. Il
Piano regolatore del porto
Nonostante
la straordinaria vocazione insita nel luogo, il porto della Spezia non ha una
storia antica, storia che risulta soprattutto determinata da esigenze di
settori produttivi operanti sul territorio. L'egemonia del porto genovese
prima, e la sabauda e italiana a fini militari dopo, hanno sempre impedito lo
sviluppo naturale del traffico a specializzazione mercantile in un golfo
estremamente riparato ed ampio.
La prima
fase di crescita, costituita da Calata Paita, Molo Italia, Molo Garibaldi, si
verifica in funzione di sviluppi urbani che prevedono la demolizione della
collina dei Cappuccini; pur essendo caratterizzate da una serie di opere di
riempimento e di nuove infrastrutture di consistente impatto insediativo, le
previsioni del Piano Regolatore delle Opere Portuali, approvato nel 1982,
vengono integralmente riproposte dal PRG comunale.
Le
motivazioni di tale incondizionato recepimento sono da rintracciare nel clima
socioeconomico degli anni dell’industrialismo e dello sviluppo, e nella scarsa
credibilità di una economia alternativa, che avrebbe potuto svilupparsi a
livello urbano.
L’espansione
determinata dallo spostamento progressivo di armatori da Genova alla Spezia e
dall’introduzione del container nel trasporto merci, pone la città nella
condizione di assecondare il fenomeno in funzione delle sue ricadute
occupazionali, con una conseguente sottovalutazione delle problematiche
infrastrutturali oltre a quelle della qualità ambientale e urbana.
Nasce
così un porto sostanzialmente privato e senza regìa, ma nello stesso tempo
senza i vincoli di funzionalità presenti negli altri porti italiani, in
particolare nei vicini e principali porti di Genova e Livorno.
Alla fine
degli anni Ottanta La Spezia diventa il principale porto italiano per traffico
di merci container, nonostante i minimi spazi di banchina, e l’assenza
pressoché totale di adeguate infrastrutture ferroviarie e viabilistiche.
In questo
quadro di crescita non pianificata e non sostenuta sotto il profilo
infrastrutturale nascono i primi conflitti con la città: mentre il porto
diventa di notevole interesse strategico nazionale, e si trovano investimenti
per strade e banchine, i quartieri limitrofi subiscono le ripercussioni di tale
sviluppo in termini di sottrazione di aree per il diporto e in termini di
compatibilità ambientale complessiva.
Questa
situazione porterà, come esempio estremo della conflittualità in atto, alla
realizzazione di una viabilità portuale di collegamento con il sistema
autostradale, prevista a raso nel PRG, mediante una galleria subalvea e la
conseguente traslazione a mare della cosiddetta “Marina del Canaletto”: non
raggiungendo, da un lato, un lay-out portuale efficiente né lungimirante,
compromettendo irreparabilmente dall’altro i valori ambientali della Marina di
Canaletto.
Da quel
momento si è radicato sempre più il conflitto del Porto con le parti di città
che su di esso si affacciano, i quartieri di Canaletto e Fossamastra; anche se
è sempre più chiaro alla città che il Porto è stato il motore economico che ha
consentito di superare la grave crisi degli anni 80 e 90 dell’industria, della
cantieristica e del settore militare e che oggi costituisce una parte decisiva
della futura economia cittadina.
Attorno
al problematico riassetto portuale, infrastrutturale, dimensionale e
tecnologico - si è sviluppato in questi anni il dibattito urbanistico cittadino.
Il PTC La Spezia Val di Magra, il Piano della Costa - il documento interenti,
sono unanimi e concordi nell’individuare la strada da percorrere, sia in
termini di pianificazione che di attuazione. Il PUC e il PRP Portuale dovranno
individuare una compatibilità tra sviluppo portuale mercantile, lo sviluppo
nautico turistico e la città.