1.1. I
Piani di Assetto
Anche se il Piano di assetto, sempre proponibile con la nuova l.u.r., è più facile da realizzare e da gestire, esso, tuttavia, per il suo carattere fortemente “quantitativo” non propone scelte qualitativamente perseguibili di riqualificazione e riordino formale della città di più recente formazione, dato che demanda all’Amministrazione il compito di “predefinire” univocamente parametri e indici numerali e destinazioni d’uso valevoli genericamente comunque e dovunque, pur con diverse articolazioni quantitative, teorizzando così astrattamente (secondo un “formulario” da manuale urbanistico) un ipotetico generale assetto pianificatorio c.d. “ottimale” o razionale che si ritiene scientifico e oggettivo ma che è indifferente alla realtà dei luoghi, ignorando le singole diverse specificità locali e la loro storicità distintiva (sia quella edilizia e antropica che quella ambientale e naturale); storicità questa che è esaltata, invece, dall’immagine figurale e materiale del lavoro dell’uomo impressa sul territorio e che dà identità significante ad ogni singolo sito urbano o spazio extraurbano. Tale “prassi” comporta un passivo distacco del Comune dal problema dei criteri architettonici e spaziali da adottare per le nuove costruzioni, il che porta spesso l’Amministrazione a seguire, anziché a guidare, le tendenze “innovative” e “originali” degli operatori. Ciò accade perché tale “prassi zonizzatoria” disarticola il territorio sia in aree funzionali per quantità e non per qualità e sia per l’impossibilità che tali regole comportano nel predefinire, con continuità e omogeneità, adeguati strumenti di indirizzo flessibili nel tempo atti a meglio coordinare le mutazioni proposte altrimenti difficilmente governabili sul piano della qualità d’insieme e di dettaglio. Il tradizionale Piano di Assetto non possiede, infatti, i mezzi occorrenti per il controllo formale della trasformazione e ciò proprio per mancanza di studi preordinati a tale scopo, per eccessiva tendenza normativa alle sole destinazioni d’uso e ai relativi dimensionamenti quantitativi o per l’abuso di uno zoning troppo spesso indistinto e assente rispetto ai problemi dell’identità storico-ambientale o formale propri di ogni ambito urbano.