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La descrizione fondativa

La Descrizione Fondativa

Capitolo I 
Principi metodologici generali
 

1. I nuovi modelli di pianificazione del territorio

Il PUC del Comune della Spezia si distacca sostanzialmente, dal punto di vista metodologico, dalla consuetudine dei Piani di assetto di tradizionale contenuto tecnico-regolamentare, caratterizzati dalla disciplina zonizzativa del territorio attraverso parametri di tipo esclusivamente quantitativo basati su criteri di natura tecnico-fisica, attuabili con normative indistinte nella loro sintetica omologazione parametrica e quantitativa, e si caratterizza da un lato come un Piano di Struttura, dal contenuto programmatico e, dall’altro, come un Piano Attuativo. Il piano opera ad un analitico livello di dettaglio attraverso specifiche indicazioni ordinatorie nelle zone in cui è necessario subordinare ogni operazione edilizia a precisi criteri di valore ambientale, storico-formali o funzionali. Nelle zone di più recente formazione, ad esempio, il completamento edilizio, come la ristrutturazione urbanistica o edilizia nonché i mantenimenti o le trasformazioni sono sempre in funzione della riqualificazione dei tessuti edilizi nel rispetto dei caratteri morfologici di impianto e delle preesistenze storico documentarie significative. Questo obiettivo, tuttavia, non è rigido né deterministicamente derivante dalle analisi: esso viene perseguito, con il PUC, attraverso un processo continuo di pianificazione di tipo processuale, distribuito nel tempo, articolato sulla base di precisi programmi operativi rispondenti al principio della flessibilità delle opzioni offerte e della compatibilità con le scelte fondative ed organiche di struttura, talvolta concertate, quando occorre, con gli operatori privati onde garantire, in tempi brevi, il raggiungimento congiunto degli obiettivi concordemente assunti nel quadro dei principi pianificatori o programmatici dell’Amministrazione, sulla base delle direttive di indirizzo definite dallo strumento urbanistico.

1.1. I Piani di Assetto

Anche se il Piano di assetto, sempre proponibile con la nuova l.u.r., è più facile da realizzare e da gestire, esso, tuttavia, per il suo carattere fortemente “quantitativo” non propone scelte qualitativamente perseguibili di riqualificazione e riordino formale della città di più recente formazione, dato che demanda all’Amministrazione il compito di “predefinire” univocamente parametri e indici numerali e destinazioni d’uso valevoli genericamente comunque e dovunque, pur con diverse articolazioni quantitative, teorizzando così astrattamente (secondo un “formulario” da manuale urbanistico) un ipotetico generale assetto pianificatorio c.d. “ottimale” o razionale che si ritiene scientifico e oggettivo ma che è indifferente alla realtà dei luoghi, ignorando le singole diverse specificità locali e la loro storicità distintiva (sia quella edilizia e antropica che quella ambientale e naturale); storicità questa che è esaltata, invece, dall’immagine figurale e materiale del lavoro dell’uomo impressa sul territorio e che dà identità significante ad ogni singolo sito urbano o spazio extraurbano. Tale “prassi” comporta un passivo distacco del Comune dal problema dei criteri architettonici e spaziali da adottare per le nuove costruzioni, il che porta spesso l’Amministrazione a seguire, anziché a guidare, le tendenze “innovative” e “originali” degli operatori. Ciò accade perché tale “prassi zonizzatoria” disarticola il territorio sia in aree funzionali per quantità e non per qualità e sia per l’impossibilità che tali regole comportano nel predefinire, con continuità e omogeneità, adeguati strumenti di indirizzo flessibili nel tempo atti a meglio coordinare le mutazioni proposte altrimenti difficilmente governabili sul piano della qualità d’insieme e di dettaglio. Il tradizionale Piano di Assetto non possiede, infatti, i mezzi occorrenti per il controllo formale della trasformazione e ciò proprio per mancanza di studi preordinati a tale scopo, per eccessiva tendenza normativa alle sole destinazioni d’uso e ai relativi dimensionamenti quantitativi o per l’abuso di uno zoning troppo spesso indistinto e assente rispetto ai problemi dell’identità storico-ambientale o formale propri di ogni ambito urbano.
 
1.2. I Piani di Struttura

Il Piano di Struttura, invece, anche se di più complessa realizzazione e di più esposta responsabilità circa il giudizio di valore “qualitativo” che richiede, comporta, per contro, una gestione più chiara e certamente meglio programmabile dei risultati formali delle modificazioni edilizie, i cui risultati ambientali divengono più correlabili tra loro, adeguati come sono al continuo modificarsi sia delle destinazioni d’uso, sia degli scenari morfologici urbani. In tal modo si guida e si incentiva al meglio la riqualificazione e il completamento edilizio per correlarlo il più possibile alle esigenze espresse dalla realtà del momento, sulla base di un criterio generale di omogeneità e di continuità tra costruzioni e tessuto edilizio o tra questi e gli ambiti urbani al fine di pervenire ad una organicità diffusa programmata processualmente, seguendo l’evoluzione e la trasformazione della città. Tutto ciò contribuisce, anche sotto il profilo del controllo della “qualità” tipo-morfologica, alla rispondenza di ogni singolo progetto con il dettato perseguito dal PUC. Tale nuovo strumento, tuttavia, presuppone una decisa, chiara e forte operatività dal Comune che diviene in tal modo promotore e coordinatore di tutte le iniziative che richiedono la tempestiva programmazione nel tempo di soluzioni progettuali di ampio respiro e di complessa qualità d’assetto, sia per gli interventi operativi di lungo periodo, sia quando occorre una maggiore flessibilità nel definire nel dettaglio i parametri morfologici per un più coerente sviluppo organico, coordinato e omogeneo del territorio urbano.

Il PUC è stato predisposto in funzione di una precisa e ineludibile assunzione di responsabilità cui deve far fronte con tempestività l’Amministrazione Comunale per rendere funzionale la gestione dell’intero processo programmatico-pianificatorio con soluzioni coerenti d’indirizzo progettuale in campo edilizio-urbanistico articolate e flessibili nel tempo. Ciò comporta il mantenimento di adeguate strutture progettuali permanenti (Ufficio di Piano, SIT, ecc.) e di idonei strumenti di informazione e formazione per la gestione dei rapporti complessi pubblico-privato che debbono instaurarsi necessariamente per avviare un corretto e continuo processo dinamico di “conservazione, riqualificazione e trasformazione” della città esistente, senza squilibri degradanti la scena urbana della città contemporanea.

1.3. Il recupero abitativo come fattore trainante dell’economia delle costruzioni

In Italia il Cresme ha recentemente stimato che il mercato del rinnovo delle costruzioni è un settore che mette in moto circa 80 mila miliardi l’anno, di cui almeno 50 mila derivanti dal solo recupero residenziale. Non è azzardato quindi affermare che per la particolarità dei lavori di rinnovo (proprio perché si tratta di interventi su edifici moderni ma non contemporanei che richiedono modalità di intervento e tipologia di lavori assai diversificate segmentati) anche alla Spezia, in virtù delle scelte operate dal nuovo PUC, si metterà in moto, nei prossimi anni, progressivamente, un rilancio sostenuto delle attività imprenditoriali legate al comparto edilizio (artigianato, piccole medie imprese, arredamento, impiantistica, componentistica e relativi indotti) e in particolari di quelle gravitanti intorno al segmento abitativo.

Anche per tale motivo il PUC è stato studiato per fornire un controllo più incisivo dei futuri processi di modificazione edilizia. L’attività di recupero sarà, infatti, la principale attività che nel futuro in tutte le medie e grandi città italiane si espliciterà in modo sostenuto e con forte dinamicità imprenditoriale, anche con operatori estremamente frazionati e La Spezia ha urgente bisogno di questa riqualificazione di natura ambientale e abitativa.

Sempre dai dati Cresme si osserva, inoltre, che il mercato del rinnovo del patrimonio residenziale esistente è eseguito per oltre il 50% da piccole imprese o da artigiani. Al riguardo tale studio afferma: “Il mercato del recupero, e del recupero residenziale in particolare, è un mercato che offre molte opportunità per gli operatori del settore: fra dieci anni più del 50% del patrimonio abitativo avrà più di quarant’anni, soglia oltre la quale il prodotto edilizio necessita di interventi di rinnovo per mantenere intatta la propria funzionalità. La crescita della domanda potenziale avrà il carattere esponenziale della produzione edilizia residenziale degli anni ‘60, ’70 e ‘80, allorquando si costruivano 400.000 abitazioni l’anno.” In questi termini la proposta che fornisce il PUC assume un carattere innovativo e di sviluppo, anche alla luce di un’interpretazione originale della nuova legge urbanistica regionale ponendosi come strumento di riqualificazione volto al consolidamento dell’identità fisica e spaziale del carattere urbano di La Spezia, esigenza questa oggi avvertita da tutti come necessaria e non più oltre rinviabile.

1.4. I principi metodologici del PUC

Uno dei principi sui quali si fonda oggi l’urbanistica contemporanea in Italia è che il processo di espansione della città si è esaurito da tempo e che non è prevedibile, nel medio periodo, un’ulteriore crescita abitativa, almeno con il ritmo sostenuto nei decenni precedenti. Da questo presupposto, finché la città non riprenderà un trend demografico positivo, la principale regola della pianificazione urbana sarà quella di rigovernare al meglio l’esistente, garantendo processi di sviluppo compatibili con le residue risorse ambientali, storiche e naturali esistenti, privilegiando non solo la salvaguardia, la conservazione e il recupero ma anche una più estesa opera di riordino e di completamento. Questo, del resto, è anche il principale fine della nuova legge urbanistica della Liguria.

Partendo da questi principi il PUC del Comune di La Spezia è stato costruito adottando una metodologia attenta ai problemi della salvaguardia ambientale e allo sviluppo sostenibile. In particolare, all’interno della città consolidata, è stata posta particolare attenzione sia al recupero ed alla conservazione dei tessuti e degli immobili storico-ambientali, sia alle modificazioni e alla riqualificazione delle aree edificate recenti (costruite cioè dopo gli anni quaranta di questo secolo) quando la condizione di disomogeneità tipo-morfologica dei loro ambiti lo richiede. Tale metodologia, nelle aree insediate, è stata applicata non per sottolineare astrattamente giudizi di valore qualitativo, quanto per meglio indirizzare le modalità operative mediante interventi urbanistico-edilizi diversificati, atti a migliorare l’assetto spaziale dei luoghi, attraverso specifiche regole insediative omogeneamente articolate sulla base di precisi criteri d’assetto urbano. Analoga metodologia è stata riservata per gli interventi di conservazione, riqualificazione, modificazione e trasformazione delle aree extraurbane collinari al fine di raggiungere le medesime finalità. In particolare, per le aree urbane non storiche, che costituiscono gran parte dell’attuale vasto e indistinto tessuto edilizio della città, il PUC persegue modalità d’ordine progettuale tese a riqualificare il disegno tipo-morfologico di spazi urbanisticamente alterati, pur caratterizzandosi, il Preliminare di PUC, allo stato, come una sorta di “Piano Strutturale”. Quest’ultimo indica le strategie operative più idonee da perseguire nell’ambito delle possibilità offerte dai diversi modi di intervento, calibrati in ordine al rispetto dei caratteri storico-fisici, ambientali o di tessuto e degli aspetti antropologici, sociali e culturali che ancora caratterizzano, specificano e definiscono al meglio l’identità urbana dei singoli luoghi. Il PUC, inoltre, interviene sistematicamente sulle zone di scarso o nullo valore urbanistico o sulle aree dismesse per le quali vengono presentati una serie di piani d’Area.

Da quanto sopra, emerge la necessità di attivare una diffusa riqualificazione dell’ambiente urbano e territoriale, della città storica e della città consolidata con modesti interventi di completamento, escludendo nuove forme di espansione e pianificando la trasformazione urbana all’interno dei “Distretti” previsti dalla L.U.R. e dei Piani d’Area. Con riferimento alla disciplina della città esistente, partendo dall’assunto che fino al secondo dopoguerra essa sia da considerarsi “documento” e come tale sottoposta a provvedimenti più o meno conservativi, si profila come uno dei compiti principali della pianificazione quello di rigovernare al meglio l’edilizia costruita dopo gli anni ’40 di questo secolo. Si è reso pertanto necessario studiare l’intero tessuto urbano e tutte le zone extraurbane operando un analitico ed approfondito esame, edificio per edificio, lotto per lotto, area per area, al fine di disporre di elementi di indagine quantitativi e qualitativi in grado di imprimere all’azione progettuale del piano un’identità innovativa basata su scelte di valore incontestabili.

2. Il sistema informativo territoriale

Per raggiungere gli obiettivi sopra esposti è stato necessario predisporre un’ampia e sistematica campagna di indagini che ha permesso di elaborare, quantitativamente prima e qualitativamente poi, un approfondito quadro diagnostico sullo stato del territorio e, in particolare, sulla sua struttura insediativa. Ciò ha consentito di proporre una soluzione progettuale tesa a fornire le basi per un’evoluzione delle trasformazioni in atto nonché per proporre una riflessione progettuale innovativa circa la riqualifi-cazione edilizio-urbanistica nelle zona urbane recenti

L’attuale Preliminare di Piano contiene, pertanto, l’insieme delle previsioni che si reputano necessarie per la formulazione definitiva del PUC. Tali previsioni tendono a valorizzare i caratteri propri dei principali sistemi morfologici e funzionali della collina e della città consolidata, nonché a specificare le potenzialità dinamiche delle città della trasformazione; ad elevare la quantità e la qualità dei servizi pubblici o d’uso pubblico e a circoscrivere le aree da sottoporre a progettazione di dettaglio oltre al riassetto del sistema dei parcheggi e della viabilità principale. Le modalità d’intervento e il sistema dei vincoli preordinati alla salvaguardia delle testimonianze antropiche o storico-culturali e i criteri per il mantenimento degli aspetti paesaggistico-ambientali o ecologici caratterizzanti l’intero territorio comunale, costituiscono infine le invarianti che presiedono, unitamente alle indicazioni geologiche e agronomiche, ad ogni trasformazione urbanistico-edilizia e determinano il quadro di riferimento primario entro il quale può solo esplicarsi l’attività di modificazione dei suoli.

2.1. Finalità e obiettivi del processo di informatizzazione del PUC

La formazione del PUC è stata l’occasione per avviare un processo di modernizzazione del Settore Pianificazione Territoriale del Comune della Spezia, e che dovrà riguardare, in una fase successiva, tutti i servizi comunali. La costruzione di un Sistema Informativo Territoriale del territorio comunale rappresenta infatti uno strumento fondamentale per la gestione del territorio, sia per tenere aggiornate le modificazioni della realtà territoriale, sia per garantire trasparenza ai processi in atto.

Il SIT è uno strumento che consente di sistematizzare e connettere insieme ciò che prima era separato nei diversi settori del Comune e di altri Enti territoriali (come ad esempio il Catasto). Risiede proprio in questa correlazione di dati il valore aggiunto delle informazioni che si ottengono con il SIT; un valore aggiunto preziosissimo che fornisce al Comune un nuovo strumento di gestione, un utile supporto per il lavoro di analisi, di pianificazione e di controllo. L’innovazione introdotta con il SIT e il suo utilizzo avanzato ha permesso di superare la metodologia di pianificazione basata su un quadro analitico e informativo “statico”, per acquisire le caratteristiche di un’attività continua, processuale e, in futuro, sistematicamente aggiornabile.

2.2. Organizzazione del SIT

La realizzazione del Sistema Informativo Territoriale è avvenuta per fasi operative:
– acquisizione delle risorse necessarie per la realizzazione del progetto;
– analisi e individuazione dei dati necessari al progetto;
– raccolta dati;
– inserimento dei dati raccolti nel sistema informativo;
– analisi dei dati alfanumerici e geografici;
– creazione di carte tematiche per lo studio del territorio;
– realizzazione del progetto.

A supporto dei progettisti del PUC, è stato predisposto un apposito gruppo di lavoro per l’informatizzazione, coordinato da un responsabile analista programmatore. Oltre alle risorse umane sono state acquisite le risorse strumentali, e in particolare una piattaforma arc/info, arcview e alcune workstation sun sparcstation. E’ stata inoltre realizzata una rete locale del palazzo comunale, tale da permettere lo scambio dei dati tra i diversi sistemi informativi presenti nel comune e poter scambiare informazioni con i settori coinvolti nel progetto. Sono state analizzate tutte le informazioni geografiche ed alfanumeriche necessarie alla elaborazione del PUC., in primis le alfanumeriche già disponibili nei diversi sistemi informativi presenti nei dipartimenti comunali, cercando di integrarle tra loro in strutture relazionali tramite formalismi sql. Sono state così definite le informazioni necessarie da acquisire direttamente sul territorio, e quelle già presenti nei sistemi informativi comunali da utilizzare per lo studio del PUC. Successivamente sono state analizzate le informazioni geografiche necessarie per ottenere la cartografia di base. Dallo studio è emersa la necessità di utilizzare una base EIRA in scala 1:5000 e 1:2000 come base cartografica del PUC e come supporto della cartografia catastale vettoriale.

Per la raccolta dati si sono acquisite le informazioni provenienti dalle diverse fonti comunali per integrarle nelle strutture relazionali del SIT. Questa attività è stata fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di progetto. oltre alle informazioni già disponibili nel comune e necessarie al PUC, sono state reperite le informazioni provenienti dalle indagini conoscitive effettuate sul campo dal gruppo di lavoro del piano (indagini urbanistiche, paesistico – territoriali, agronomiche, geologiche, ecc.); la metodologia di raccolta e implementazione dei dati è stata organizzata attraverso la predisposizione di un modello unico di scheda di rilievo e dei relativi codici di legenda, su cui riportare i dati dell’indagine e facilitarne l’inserimento degli stessi nel sistema informativo territoriale in database relazionali appositamente costruiti. Oltre ai dati descrittivi sono state raccolte le informazioni geometriche delle aree e degli edifici mediante opportuni rilievi.

La necessaria implementazione dei dati grafici e alfanumerici è stata condotta attraverso codici di identificazione tali da permettere la relazione tra gli oggetti del territorio sulla cartografia e le informazioni descrittive contenute nella scheda di rilievo. Le basi geografiche e i dati alfanumerici sono state quindi messe in relazione tramite opportune chiavi descrittive. L’analisi si è basata su particolari elaborazioni, utilizzando più archivi messi in relazione con le informazioni delle schede di rilievo.

La formazione delle carte tematiche, ottenuta tramite il codice ecografico, ha permesso il confronto di dati contenuti nei diversi data base relazionali. Per esempio l’indagine del sistema dei servizi ha permesso di costruire scenari di valutazione di questi ultimi per la determinazione degli standard urbanistici,incrociando i dati dell’anagrafe sulla popolazione residente e le indagini urbanistiche sugli aspetti tipologici e qualitativi dei servizi.

Nella fase di costruzione del progetto di PUC si è provveduto alla sistematizzazione della base cartografica di piano,attraverso la sovrapposizione della cartografia aerofotogrammetrica e della cartografia catastale. Tramite le funzioni di overlay topologico proprie di un gis, gli attributi delle banche dati (costruite durante la fase di acquisizione ed integrazione dei dati) sono stati riportati dal livello di indagine al livello catastale per permettere la restituzione del progetto di PUC su base catastale. Si tratta pertanto di una fase che ha portato alla gestione ed elaborazione dei dati attraverso un complesso sistema di interrelazioni delle informazioni raccolte. In particolare la definizione del progetto di PUC relativo agli ambiti della città recente è stato realizzato attraverso la creazione e gestione di un “progetto informatico” finalizzato all’individuazione, per ciascun ambito urbano della città consolidata di parametri urbanistici quantitativi e qualitativi necessari alla definizione della disciplina urbanistica ed ambientale.

2.3. La cartografia

Nel progetto del PUC sono state predisposte due cartografie vettoriali di base:
– una relativa al censimento, costituita da lotti ed edifici che fotografa lo stato di fatto del territorio e delimita i confini naturali degli spazi, realizzata mediante una riperimetrazione di tutto il territorio sulla base cartografica EIRA in scala 1: 2000;
– una cartografia catastale sovrapposta all’aerofotogrammetrico, costituita da particelle ed edifici, necessaria per ridisegnare il progetto finale del PUC con un riferimento immediato anche alla proprietà.

Per ottenere una cartografia catastale aggiornata ed aggiornabile nel tempo, è stata realizzata una intesa con il catasto grazie al progetto intersettoriale Catasto-Comune e relativo alla realizzazione di sistemi informatici Comunali di supporto all’interazione tra i due Enti. L’intesa prevede la vettorializzazione delle carte catastali e la restituzione delle stesse in formati per ARC/INFO esportabili nel formato standard NTF. Per evitare che con il passare del tempo la cartografia diventi obsoleta, è stato previsto un aggiornamento periodico delle carte vettoriali da effettuarsi a cura del Comune, fino ad avvenuta informatizzazione del Catasto locale.

E’ stata realizzata la digitalizzazione delle carte catastali e di tutti i numeri civici. Il livello numeri civici fornisce le informazioni alfanumeriche relative all’indirizzo e costituisce la chiave univoca di associazione tra tutti i diversi data base del Comune, presenti nei diversi settori e utilizzabili tramite il supporto della rete locale.

Capitolo II 
La pianificazione d’area vasta

1. Il Piano Territoriale di Coordina-mento

La Legge Regionale 39/84 per la prima volta stabiliva livelli di pianificazione di competenza sovracomunale e provinciale da attuarsi attraverso Piani Territoriali di Coordinamento, con i quali la Regione doveva assumere le iniziative pianificatorie. Il primo campo di applicazione dei PTC furono le aree industriali dismesse, in particolare quelle del genovese e i sistemi territoriali di area vasta incapaci di stabilire una autonoma strategia di sviluppo, come il caso della Spezia-Val di Magra. La seconda fase dei PTC si è concentrata sulla tutela del paesaggio e dell’ambiente: il Piano Paesistico è stato il primo attuatore della legge Galasso e ha certamente segnato una inversione di tendenza nelle attenzioni al territorio e nella formazione di chi del territorio si occupa, soprattutto dal punto di vista istituzionale.

Con la conclusione del processo di alfabetizzazione degli Enti Locali nel campo della pianificazione e gestione del territorio la Regione ha cominciato ad occuparsi dei problemi che più rappresentavano interessi non localistici: un esempio è il Piano della costa che tenta di inquadrare e individuare strategie per la parte di territorio ligure più soggetta a interessi economici e conseguenti possibili carenze di controllo.

In ultimo, con la Legge 36/97, sono state introdotte competenze e ruoli di controllo da parte della Provincia. Con il PTC Provinciale è riaffermata la necessità di una struttura intermedia tra il Comune e la Regione che, opportunamente organizzata, consentirà di superare particolarismi locali su temi di più ampia rilevanza.

1.1. La Conferenza d’ambito

La Provincia nella bozza di documento finalizzato alla discussione del Quadro di riferimento al Piano regionale di sviluppo in occasione della Conferenza d’ambito del 16.01.97, ha delineato i criteri a cui riferirsi per indirizzare lo sviluppo provinciale e per superare gli squilibri che ne frenano il cammino.
Il Comune di La Spezia, elaborando il nuovo PUC conviene con tali criteri e ne sottolinea qui di seguito gli aspetti più salienti dato che essi hanno costituito da un lato la base di partenza degli studi elaborati e dall’altro l’obiettivo di pianificazione che si è inteso raggiungere con il PUC.
Di fronte a un quadro che presenta i sintomi caratteristici di un’area in declino e di una non certo rapida ripresa economica, il documento provinciale individua una serie di priorità di intervento nei diversi settori economici, qui di seguito sinteticamente espressi:
1) per l’industria sono individuati tre aggregati produttivi significativi:
a) la grande impresa, per la quale sono prioritari la strutturazione di un polo cantieristico, di un polo armiero e di un polo di ricerca ambientale e marina;
b) la nebulosa delle imprese indotte dipendenti dal grande committente per le quali l’obiettivo è quello della riqualificazione, in particolare l’organizzazione dei processi, l’autonomia produttiva, la certificazione della qualità;
c) il tessuto imprenditoriale autonomo per il quale appare determinante la promozione delle sinergie tra le aree produttive e lo sviluppo dell’offerta dei servizi avanzati alla produzione e la commercializzazione;
2) nell’artigianato appare prioritario lo stimolo all’aggregazione imprenditoriale, sia orizzontale che verticale, raggiungendo per tal via un livello competitivo maggiore tanto sul mercato dei fattori quanto su quello dei prodotti;
3) per il porto si ritiene strategico per l’economia spezzina il suo potenziamento e delle occasioni di sviluppo ad esso collegate, in un quadro di sostenibilità ambientale. Il rilancio del porto deve prevedere una sua sostanziale polifunzionalità, con offerta di servizi articolati e diversificati (traffici specializzati, merci e colli alla rinfusa, passeggeri, diportismo nautico e rifornimenti energetici);
4) il commercio continua a rappresentare per molti giovani una delle principali prospettive di auto occupazione. Alla Spezia, a causa del forte calo demografico, viene rilevato un sovradimensionamento delle rete distributiva pur a fronte di processi di riorganizzazione di molti esercizi;
5) nel turismo viene evidenziato come la crescita delle strutture museali (ultimo in ordine di tempo il Museo Lia della Spezia) tendono a favorire la crescita di un modulo d’offerta significativo e pongono le basi per un nuovo modello di fruizione turistica urbana. È inoltre prospettato, all’interno della funzionalità del porto, un “nodo” croceristico, e auspicati interventi nel campo del turismo congressuale;
6) nel settore dei servizi extra commerciali La Spezia e Sarzana costituiscono i “poli” terziari provinciali. Oltre che elencare una serie di possibili interventi per creare dei centri di servizio locale alla produzione e commercializzazione (per il polo armiero e cantieristico, nel campo commerciale e turistico) la Provincia rileva la necessità di costruire un polo universitario che possa rappresentare un riferimento per il mercato del lavoro, nonché per il mondo della produzione.

1.2. Indirizzi territoriali del PTC provinciale

l Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia della Spezia è in fase di adozione. Nella bozza della “Descrizione Fondativa” (sett. 1997) sono evidenziati i criteri e gli orientamenti di pianificazione che la Provincia promuove per la pianificazione comunale:
– orientando azioni progettuali finalizzate alla tutela sia dell’integrità fisica, sia dell’identità culturale del territorio, al fine di perseguire uno “sviluppo sostenibile”;
– sostenendo una attività pianificatoria flessibile, articolata in due parti: la componente strutturale rivolta al perseguimento dei principali obiettivi ambientali, culturali, socioeconomici e comprendente la definizione delle condizioni alle trasformazioni e delle trasformazioni strategiche, che costituisce la parte più solida e duratura della pianificazione; la componente programmatica, rivolta alla precisazione, alla configurazione e alla organizzazione specifica delle trasformazioni, che costituisce la parte flessibile della pianificazione.
La Provincia tende costantemente a rimarcare come la qualità ambientale sia la “precondizione” per lo sviluppo, proponendo la questione ambientale come tema centrale negli obiettivi e negli impegni del governo del territorio.
Le principali opzioni interessano alcuni principali aspetti tra cui:
– il recupero e la protezione delle risorse ambientali, attraverso il miglioramento della qualità dell’acqua e dell’aria;
– il recupero dei siti industriali dismessi, le attività di disinquinamento, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti (differenziazione, incenerimento con recupero energetico), la formazione in campo ambientale ed il potenziamento della protezione civile;
– la riqualificazione delle aree urbane e delle periferie (qualità della vita, traffico, parcheggi, abbattimento del rumore), la valorizzazione delle risorse culturali ed il recupero dei centri storici;
– l’equilibrio tra uso e protezione della costa ed il miglioramento delle condizioni di fruibilità ed accessibilità sia nella fascia costiera che nelle aree interne.

2. Il PTC La Spezia Val di Magra

Il PTC La Spezia Val di Magra, adottato con DGR n.53/97, nel fotografare una situazione di crisi del comune capoluogo a fronte di una vivacità nella valle del Magra, dovuta principalmente alle recenti vicende economico-territoriali, individua alcune aree di intervento strategico per il rilancio e la riorganizzazione produttiva della città: la area ex IP, il 1° bacino portuale, la zona di Valdilocchi/Fossamastra. Su queste aree di trasformazione, ormai mature, dovrà concentrarsi la pianificazione comunale, sviluppando il tema della riqualificazione urbana e del rinnovamento urbanistico e funzionale, invertendo la tendenza volta a favorire espansioni collinari.
Per quanto concerne il sistema infrastrutturale viario, il PTC individua come elementi riorganizzativi strutturanti il completamento della variante Aurelia/ tangenziale urbana, la variante Buonviaggio, il nuovo casello di Beverino/Spezia Nord, la nuova dogana unica agli Stagnoni. Nella sostanza si conferma il disegno di ribaricentrizzazione del Comune Capoluogo rispetto alle valli della Magra e della Vara e si tende a modificare la funzione della Spezia città terminale, conseguente alla realizzazione della bretella autostradale Fornola-la Spezia.
Per l’area ex IP le indicazioni del PTC hanno portato alla variante al progetto originario, approvata nel 1997 in sede di accordo di programma tra Regione e Comune
Relativamente al porto commerciale, il PTC propone di favorire l’evoluzione del suo assetto attraverso il consolidamento delle opere necessarie alle attività commerciali, la ridefinizione degli affacci al mare di carattere urbano e la realizzazione di strutture turistiche per le quali individua una specifica area di intervento. In sintesi il PTC prevede la suddivisione del fronte portuale in sette settori per ognuno dei quali sono dettati degli indirizzi:
– in corrispondenza della calata Paita (settore 1) viene previsto il prolungamento del molo Garibaldi in funzione della movimentazione di merci varie e la successiva attribuzione di funzioni diportistiche e di turismo nautico. E’ ammessa la realizzazione di strutture turistico ricettive e di servizi di livello urbano, escluso la residenza;
– per gli affacci a mare di Levante, da S.Cipriano a Molo Enel (settore 2) è prevista la destinazione di porto commerciale per la movimentazione di merci e persone;
– in funzione della definitiva rilocalizzazione delle Marine del Canaletto e di Fossamastra è prevista (settore 3) la costruzione di una darsena ad uso della nautica minore;
– viee prevista la realizzazione dell’ingresso veicolare al porto e dell’unica barriera doganale, per consentire l’accesso ai diversi settori in cui il porto è suddiviso e la comunicazione tra i diversi terminal (settore 4);
– nella zona della Concia (settore 5) è prevista una utilizzazione in funzione del miglioramento delle connessioni infrastrutturali con il porto;
– nell’area di Fossamastra (settore 6) si riconosce la valenza urbana dell’insediamento, per il quale si prevede il consolidamento della residenza e il rafforzamento delle strutture produttive nautiche e terziario-portuali;
– nell’area di Valdilocchi (settore 7) è prevista la rilocalizzazione di funzioni retroportuali e di carattere produttivo oggi ubicate sull’area di Fossamastra e in altri settori del contesto urbano.
Su queste tematiche che hanno rapporti con il Piano Regolatore delle Opere Portuali, il Comune ha predisposto con Provincia, Autorità Portuale e Camera di Commercio” il “Documento Interenti” questo documento definisce comuni linee strategiche e fasi di intervento, mirate alla razionalizzazione delle aree portuali in termini di spazi e infrastrutture, al recupero urbano a fini turistici e diportistici di spazi non più utilizzabili dal porto o che comunque sono conflittuali con la città, stabilendo regole di progressiva compatibilizzazione tra porto e città, sia nella zona centrale che in periferia.
Con questa logica si è continuato a lavorare, predisponendo i Piani d’area per il levante cittadino e per il primo bacino portuale, che costituiscono approfondimenti progettuali programmatici del PUC: i contenuti dei piani sono coerenti con gli indirizzi del PTC, se si eccettua la previsione nel riuso del primo bacino di modeste quote di residenza, mirate soprattutto all’ integrazione piena delle funzioni, e l’esclusione, nel levante, di previsioni retroportuali, in quanto ne risulta impossibile la realizzazione all’interno del circuito doganale.

3. Il PTC della costa

Il piano territoriale della Costa, adottato con deliberazione G.R. n.209 del 26.2.99, costituisce un quadro di riferimento importante per la pianificazione dell’ambito territoriale più importante dal punto di vista economico sul quale si gioca l’opzione strategica del turismo e del porto.
Il piano individua nell’ambito provinciale tre temi progettuali:
-la valorizzazione turistica del parco 5 Terre;
-il tea della riconversione produttiva del Golfo, con al centro il ruolo della Spezia;
-la valorizzazione del parco fluviale e della piana di Marinella nella Val di Magra.
Le indicazioni per il tratto di costa che ricade fuori comune (porticciolo a Levanto-riambientalizzazione del fiume Magra con riduzione delle funzioni di ricettività nautica) sono coerenti con il disegno individuato per il golfo e con il ruolo assegnato alla Spezia di capoluogo di un ampio comprensorio turistico, in termini di servizi, ricettività turistica, di servizi e attrezzature per la nautica. Per la città sono infatti confermate e riproposte le indicazione del PTC La Spezia Val di Magra , quali il riordino della costa, il sistema porto, i porticcioli turistici del 1° bacino e del molo Mirabello, la nautica a Cadimare, anche mediante politiche da concertare con l’Amministrazione della Difesa.
Gli obiettivi generali riguardano sostanzialmente:
– la piena attuazione delle potenzialità portuali in un contesto di compatibilità con la città;
– il recupero di significativi affacci a mare oggi inseriti nel porto;
– la razionalizzazione degli spazi portuali;
– il potenziamento della nautica e la valorizzazione della cantieristica;
– il livello di pianificazione strategica al quale ci si riferisce è pienamente condivisibile, al di là di stabilire alcuni ulteriori principi alla scala di pianificazione comunale.

4. La pianificazione settoriale sovraordinata e quella strategica interistituzionale

4.1. Parchi, cave, discariche

La legge regionale n.12/85 individuava e disciplinava il sistema di aree di interesse naturalistico-ambientale “Bracco-Mesco-CinqueTerre-Montemarcello”. L’istituzione del Parco Regionale ha inizialmente costituito motivo di preoccupazione da parte delle comunità insediate, interessate all’attivazione di una politica regionale di sostegno economico al mantenimento di un paesaggio naturale e costruito problematico e delicato (frane, muri a secco, vigneti impervi, boschi difficilmente accessibili).
A circa 15 anni dalla Legge, appare radicalmente mutato l’approccio culturale alla tematica delle “Aree Protette”, essendone emersa la potenzialità economica, in particolare nel settore turistico. La recente istituzione del Parco Nazionale delle Cinque Terre è stata, di fatto, rilanciata e stimolata dagli Enti Locali, quale opportunità di sviluppo.
Con il nuovo Parco Nazionale dovranno pertanto essere necessariamente rivisti i confini del vigente Parco Regionale ed a questo punto sarà opportuno valutare se proseguire nella valorizzazione del patrimonio ambientale collinare e costiero, tendendo ad una maggiore integrazione dei due distinti ambiti Cinque Terre e Montemarcello, che vedono nel comprensorio Golfo una separazione amministrativa, ma non fisica, trattandosi di aree analoghe egualmente pregiate dal punto di vista paesistico- ambientale e vegetazionale.
Il tema della protezione della collina è peraltro già presente nella scelta recente di invertire la politica, comune a tutti (Regione – Provincia – Comune) sul tema cave e discariche, le une presenti nella fascia collinare di ponente, le seconde in quella di Levante.
Per le cave, in sede di osservazione al PTC delle attività di escavazione, il Comune ha richiesto la non apertura di nuove cave sul proprio territorio e la riduzione dei piani di coltivazione autorizzati, mirando, attraverso progetti di fine coltivazione, a riambientazioni dei siti o sistemazioni a fini sportivo-ricreativi.
In relazione alle discariche presenti in quantità consistente e con diverse tipologie nel versante di levante, è da tempo prevista la chiusura dei siti, mediante la predisposizione di progetti di recupero ambientale volti a ripristinare un processo di rinaturalizzazione complessiva, senza alcuno sfruttamento ulteriore dei siti.
Il quadro pianificatorio finale in sostanza dovrà considerare sempre di più il patrimonio collinare come elemento essenziale anche per lo sviluppo economico del territorio spezzino, costruendo appropriati meccanismi di salvaguardia ambientale atti a mantenere le situazioni di valore esistenti e a ricostruire quelle degradate.

4.2. Il Piano regolatore del porto

Nonostante la straordinaria vocazione insita nel luogo, il porto della Spezia non ha una storia antica, storia che risulta soprattutto determinata da esigenze di settori produttivi operanti sul territorio. L’egemonia del porto genovese prima, e la sabauda e italiana a fini militari dopo, hanno sempre impedito lo sviluppo naturale del traffico a specializzazione mercantile in un golfo estremamente riparato ed ampio.
La prima fase di crescita, costituita da Calata Paita, Molo Italia, Molo Garibaldi, si verifica in funzione di sviluppi urbani che prevedono la demolizione della collina dei Cappuccini; pur essendo caratterizzate da una serie di opere di riempimento e di nuove infrastrutture di consistente impatto insediativo, le previsioni del Piano Regolatore delle Opere Portuali, approvato nel 1982, vengono integralmente riproposte dal PRG comunale.
Le motivazioni di tale incondizionato recepimento sono da rintracciare nel clima socioeconomico degli anni dell’industrialismo e dello sviluppo, e nella scarsa credibilità di una economia alternativa, che avrebbe potuto svilupparsi a livello urbano.
L’espansione determinata dallo spostamento progressivo di armatori da Genova alla Spezia e dall’introduzione del container nel trasporto merci, pone la città nella condizione di assecondare il fenomeno in funzione delle sue ricadute occupazionali, con una conseguente sottovalutazione delle problematiche infrastrutturali oltre a quelle della qualità ambientale e urbana.
Nasce così un porto sostanzialmente privato e senza regìa, ma nello stesso tempo senza i vincoli di funzionalità presenti negli altri porti italiani, in particolare nei vicini e principali porti di Genova e Livorno.
Alla fine degli anni Ottanta La Spezia diventa il principale porto italiano per traffico di merci container, nonostante i minimi spazi di banchina, e l’assenza pressoché totale di adeguate infrastrutture ferroviarie e viabilistiche.
In questo quadro di crescita non pianificata e non sostenuta sotto il profilo infrastrutturale nascono i primi conflitti con la città: mentre il porto diventa di notevole interesse strategico nazionale, e si trovano investimenti per strade e banchine, i quartieri limitrofi subiscono le ripercussioni di tale sviluppo in termini di sottrazione di aree per il diporto e in termini di compatibilità ambientale complessiva.
Questa situazione porterà, come esempio estremo della conflittualità in atto, alla realizzazione di una viabilità portuale di collegamento con il sistema autostradale, prevista a raso nel PRG, mediante una galleria subalvea e la conseguente traslazione a mare della cosiddetta “Marina del Canaletto”: non raggiungendo, da un lato, un lay-out portuale efficiente né lungimirante, compromettendo irreparabilmente dall’altro i valori ambientali della Marina di Canaletto.
Da quel momento si è radicato sempre più il conflitto del Porto con le parti di città che su di esso si affacciano, i quartieri di Canaletto e Fossamastra; anche se è sempre più chiaro alla città che il Porto è stato il motore economico che ha consentito di superare la grave crisi degli anni 80 e 90 dell’industria, della cantieristica e del settore militare e che oggi costituisce una parte decisiva della futura economia cittadina.
Attorno al problematico riassetto portuale, infrastrutturale, dimensionale e tecnologico – si è sviluppato in questi anni il dibattito urbanistico cittadino. Il PTC La Spezia Val di Magra, il Piano della Costa – il documento interenti, sono unanimi e concordi nell’individuare la strada da percorrere, sia in termini di pianificazione che di attuazione. Il PUC e il PRP Portuale dovranno individuare una compatibilità tra sviluppo portuale mercantile, lo sviluppo nautico turistico e la città.

Capitolo III 
Caratteri paesistici e fisici del territorio spezzino 

Parte I 
Il livello puntuale della pianificazione paesistica

1. Premessa

Il livello puntuale della pianificazione paesistica ha rappresentato l’elemento fonda-tivo per individuare la struttura morfologica dell’organismo urbano. La L.U.R., in parti-colare, ripropone i contenuti della precedente L.R. 6/91 che evidenzia la necessità di una lettura morfotipologica del territorio secondo gli indirizzi della delibera re-gionale n.78/94, articolandone il contenuto in alcuni elementi fondamentali così sintetizzati:

a) una “lettura storico-interpretativa del territorio come riferimento progettuale”, volta a comprendere la stratificazione storica della realtà territoriale al fine di “comprenderne le ‘radici’ dei processi di trasformazione avvenuti nel tempo al fine di disciplinare e orientare le trasformazioni in atto e quelle potenziali”;

b) la necessità di una individuazione delle specificità locali nei termini di una lettura tipologica del territorio, al fine di “di-sciplinarne i modi d’uso in coerenza e va-lorizzazione con le peculiarità paesistico-territoriali ivi riconosciute” sia dal punto di vista strettamente insediativo, che da quello geomorfologico e vegetazionale;

c) l’interpretazione della “forma del ter-ritorio come risultato dell’attività dell’uo-mo” che implica una “lettura organica del-le forme del paesaggio, in quanto deter-minate, oltreché dall’opera dell’uomo, dalle altre vocazioni d’uso di origine naturale dell’ambiente stesso (…) nonché dai modi storici d’uso del territorio”;

d) una “concezione organica del paesaggio”, per cui ogni singolo elemento è inteso come parte di un sistema di scala più ampia, la cui conoscenza consente di comprendere le relazioni che legano le diverse componenti tra loro ed il ruolo che esse rivestono all’interno del processo evolutivo del territorio”.

Gli studi del PUC hanno fatto propria la metodologia relativa alla lettura del territorio dal punto di vista del “paesistico” (in alcuni casi ampliandola nei contenuti disciplinari come nel caso dell’area urbana), artico-landola e interpretandola nel seguente modo:

– l’Organismo Territoriale corrisponde ad una individuazione dell’insediamento nelle sue relazioni strutturali (storico-territoriali) di livello comprensoriale con il sistema territoriale circostante;

– l’Organismo Territoriale Elementare definisce e codifica gli elementi costitutivi degli insediamenti locali, all’interno del territorio comunale, evidenziando “le specifiche identità locali delle singole parti del territorio e le regole dominanti per selezionare i modi di intervento su di esse”;

– l’Unità Insediativa, che corrisponde al “riconoscimento (…) di singole parti del territorio antropizzato con proprie caratteristiche di organicità che derivano dalla connessione fra un determinato uso del suolo e un determinato insediamento, connessione sinteticamente rappresentata nelle forme riconoscibili del paesaggio”;

– il livello dei Tessuti Edilizi corrisponde a un’analisi delle parti costitutive dell’insediamento con l’approfondimento dei rapporti tra i lotti edificati e gli elementi strutturali dell’insediamento stesso (assi e poli) e “le diverse relazioni intercorrenti fra gli elementi che compongono l’edificato (edifici, lotti di pertinenza”. La lettura dei Tipi Edilizi è stata pertanto finalizzata alla ricerca “di elementi che accomunano, all’interno di una determinata area e di un determinato periodo storico, i modi di costruire e, nello stesso tempo, che li rendono diversi rispetto a qualsiasi altra situazione spazio-temporale”.

Facendo riferimento a questa griglia metodologica, il territorio comunale è stato suddiviso in territorio urbano e territorio extraurbano, identificando quindi due ambiti distinti di indagine e di approfondimento degli aspetti morfo-tipologici, secondo una coerente metodologia interpretativa.

Inevitabili, nel metodo, alcune specificità interpretative rispetto alle indicazioni della Delibera Regionale 78/94: in particolare per l’area urbana, nella quale si è operato a livello delle tipologie edilizie, dei tessuti e delle unità insediative, attraverso una specifica metodologia di analisi e di interpretazione del modello insediativo come meglio precisato in seguito.

2. Rapporto tra PTCP e disciplina di livello puntuale

Le indagini svolte sotto il profilo paesistico hanno messo in luce il patrimonio naturalistico e insediativo di un ambiente tanto legato con la città e tanto vicino ad essa da diventare parte integrante dell’ambiente urbanizzato. Si è visto, infatti, nella storia della città, come questa, da centro murato posto sotto le pendici del Poggio, abbia, dalla metà del secolo XIX, occupato le piane del levante coinvolgendo la collina. La lettura paesistica di livello puntuale ha cercato di rendere evidenti le diverse emergenze che sono diventate parti integranti della città e della sua immagine e lo scopo dell’analisi è stato quello di mettere in evidenza le caratteristiche dello sviluppo contemporaneo del territorio e della città sotto il profilo paesistico, individuando le componenti che devono essere salvaguardate e valorizzate attraverso un sistema coordinato di interventi di conservazione e riqualificazione.
L’articolazione del territorio comunale extraurbano in Organismi Territoriali Elementari, sintetizza e fa propri gli intendimenti di salvaguardia della disciplina paesistica che, distinguendo fra le aree insediate secondo le definizioni del Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico, esprime concetti di conservazione (CE) e mantenimento (MA) al fine di guidare il progetto di pianificazione verso una gestione integrata del patrimonio ambientale. L’elenco e la descrizione dei manufatti emergenti (ME) del territorio hanno infine completato e integrato quello già fornito dal PTCP regionale.
In relazione agli specifici contenuti del PTCP, i risultati dell’indagine puntale ai fini della costruzione della disciplina paesistica di livello puntuale non hanno modificato le attuali previsioni, limitandosi in alcuni casi a meglio specificare i contenuti delle diverse normative. In sintesi, rispetto alle tre grandi tematiche interessate dal piano paesistico, gli studi e le analisi hanno avuto i seguenti effetti:
a) assetto insediativo. Sono state apportate modeste modifiche della perimetrazione del PTCP a seguito di una lettura puntuale del territorio, in particolare dovute alla suscettività d’uso del suolo o dalla evoluzione del tessuto urbano (tali modifiche saranno evidenziate in una specifica tavola di raffronto);
b) assetto geomorfologico. Le indicazioni del PTCP relative all’assetto geomorfologico, se si fa eccezione per la localizzazione delle cave, sono definizioni di macroambiti che le indagini puntuali svolte non mettono in discussione, bensì ne costituiscono un approfondimento e una specificazione, in coerenza con le diverse indicazioni di conservazione e di mantenimento. Non è stata pertanto prevista alcuna variante all’assetto geomorfologico;
c) assetto vegetazionale. Le indicazioni del PTCP relative all’assetto vegetazionale sono definizioni di macroambiti che le indagini puntuali svolte non mettono in discussione, bensì ne costituiscono un approfondimento e una specificazione, in coerenza con le diverse indicazioni di conservazione e di mantenimento. Non è stata pertanto prevista alcuna variante all’assetto vegetazionale.

3. Il sistema territoriale di riferimento

Il sistema territoriale di riferimento mette in evidenza:
A- il crinale costiero dal Monte Zatta a Portovenere con il passo del Bracco al vertice di una dorsale diagonale che collega Sestri Levante con Bru-gnato. Dalla Foce della Spezia il percorso di crinale aggira le colline del Golfo e si conclude a Montemarcello. Il crinale longitudinale pro-veniente da Marinasco deve continuamente scendere e salire in corris-pondenza delle foci minori di Buonviaggio, Termo, e Pugliola favorendo il drenaggio trasversale fra Piana della Magra e Golfo della Spezia;
B) il crinale interno dal Gottero alle Apuane con attraversamento della Magra. Il Gottero divarica i percorsi provenienti dalla costa per la conca di Pontremoli e per l’alta valle del Taro. Le Apuane divaricano i percorsi longitudinali facendoli scendere in Toscana o attraverso la Valle del Serchio o lungo il pedemonte della Versilia;
C) il crinale Appenninico tra la catena dell’Orsaro e quella del Monte Tondo, sovrastante la foce dei Carpinelli, al centro i due passi del Lagastrello e del Cerreto, separati dal monte Acuto;
D) aree collinari costiere da Deiva Marina a Portovenere disposte su sistemi vallivi minori;
E) le aree collinari interne fra San Pietro Vara e Brugnato e allineamento lungo la faglia che modella la sponda destra del Vara. L’allineamento delle selle muove dalla Foce della Spezia e termina al nodo di Velva alle spalle di Sestri Levante;
F) le aree collinari e pedemontane della bassa valle della Magra fra Piana Battolla ed Ortonovo. In corrispondenza di Sarzana i terreni alluvionali formano una strettoia che favorisce il collegamento fra le due sponde impiantando l’asse trasversale Lerici – Sarzana;
G) le aree collinari della Val di Magra interna;
H) il territorio pianeggiante spezzino articolano in due sistemi separati dalla dorsale del Poggio:
I) il territorio della bassa valle della Magra, fortemente sbilanciato in sponda sinistra dove i depositi alluvionali terrazzati formano gran parte del pedemonte, con un suolo sostanzialmente asciutto e di facile utilizzo. La piana è divisa in due: a Nord il terreno è più ghiaioso mentre a sud, a dove causa della diminuzione della pendenza la capacità di trasporto dei torrenti diminuisce, il terreno è più sabbioso. Nell’ultimo tratto, in età romana, era presente il mare e in fregio alla linea di costa, la città di Luni;
L) il territorio della Val di Magra interna è caratterizzato da episodi vallivi in corrispondenza di Aulla dove convergono di tre sistemi di Terrarossa, Pallerone e Licciana, posta quest’ultima lungo il torrente Tavarone, che nasce dall’Appennino sotto la catena del Monte Acuto. Più a settentrione il sistema vallivo della Magra interna si concentra attorno ai depositi alluvionali delle piane di Filetto, Filattiera -l’antica Surianum dei Bizantini, recentemente esplorata- e Mulazzo. Più a nord ancora Pontremoli avamposto padano in terra Toscana.

TAV. C.1 – Sistema dei crinali e delle terre alte

TAV. B.1 – CARTA DELL’ORGANISMO TERRITORIALE GENERALE

4. Il sistema geomorfologico di riferimento

Sotto il profilo geomorfologico il comune della Spezia si articola in quattro sistemi:
1) le colline di Pitelli collocate nella parte sud orientale del territorio comunale, un tempo appartenute alla comunità di Arcola che vi possedeva anche un’approdo, sono formate da suoli prevalentemente silicei con un vasto affioramento di calcare dolomitico brecciforme nel modellato del pendio che si trova a sud di Pitelli verso Lerici. Il complesso del monte Val di Lochi è strutturato da rocce silicee sedimentarie che contengono quarziti;
2) San Venerio – Mont’Albano – Castellazzo che dalla foce del Termo forma le pendici del monte Beverone, ossia della testa occidentale del crinale di Vezzano, fino alla foce del Buonviaggio, quindi risale lungo i contrafforti del Monte Albano modellando il pendio sinistro della valle Dorgia, si distende lungo la dorsale di Montalbano fino a Castellazzo dove si innestano i rami del Poggio e di Gaggiola che formano il contrafforte della Spezia. A valle di Marinasco di inntesta sulla sella che conduce in Val Durasca, quindi risale il colle di Visseggi per scendere alla Foce dove incontra faglia che dall’interno del Golfo si incunea lungo la val di Vara. Tutto questo ambiente, caratterizzato dalle forme morbide del paesaggio delle arenarie, contiene i sistemi minori di Isola, del Monte Arsà, di Sarbia e della Foce;
3) il crinale di Portovenere è un sistema misto, essendo composto prevalentemente da rocce calcaree ed arenacee: le prime formano tutta la sponda occidentale del golfo della Spezia modellando le alture dei monti Parodi, Biassa, Santa Croce e Coregna; le seconde si distendono nel versante marino strutturando tutto il territorio di Tramonti e Monesteroli. La massa montuosa del crinale costiero è la più elevata del territorio comunale e ha un modellato dalle forme sintetiche, ben riconoscibile nei promontori tondeggianti che formano la scena dei panorami della Spezia quando si scende dalla val di Magra;
4) le aree pianeggianti sulle quali la città ha impostato le sue fondamenta si articolano in tre bacini principali: il primo forma la piana del torrente Lagora, che raccoglie le acque provenienti da Biassa e dal bacino della Chiappa; il secondo è costituito dalla piana di Migliarina dove sfociano alcuni torrenti, l’Ora, il Cappelletto, le due Dorgie Vecchia e nuova; il terzo è il bacino di Melara con il canali che confluivano nella piana degli Stagnoni poi di Fossa Mastra, provenienti dalle colline di Pitelli e dal versante di San Venerio – Brigola. I suoli, come si evince dalla relazione geologica sono formati da depositi alluvionali terrazzati nella parte pedemontana, da depositi lacustri nelle zona degli Stagnoni e da depositi marini sulla linea litoranea.
Le indagini geologiche eseguite ai sensi della LR 24/87 riportate integralmente nella relazione generale, completano gli studi sul sistema geomorfologico ai fini di fornire adeguato supporto alle scelte di pianificazione urbanistica.

TAV. C.2. Sintesi strutturale e morfologica 

Parte II 
Caratteri del territorio extraurbano

1. L’assetto vegetazionale

L’assetto vegetazionale è composto dai seguenti biotopi:

1) i boschi che rappresentano un ecosistema caratterizzato da ricche e articolate comuni-tà viventi (biocentesi), influenzate e regola-te da fattori ecologici naturali e indotti (bio-topo). Il bosco è generalmente descritto co-me “luogo degli alberi” in quan-to per di-mensione esso sovrasta ogni altra compo-nente biotica presente e rappresenta una parte paesistica rilevante in quanto testimo-nia l’attività dell’uomo sul suolo e la capaci-tà rigeneratrice del ciclo naturale. Il bosco climax tipico è quello di leccio che, tuttavia, come bosco puro, è riscontrabile solo in forme relittuali, mentre risulta assai più frequente in consociazione ad altre piante forestali e agrarie, segno che il territorio ha subito nutrite modificazioni. La maggior parte dei boschi sono di conifere, rappresentate da popolamenti di pinus pinaster (piante non autoctone introdotte dall’uomo) che, pur avendo una grande velocità di colonizzazione, non rappresen-tano mai un bosco durevole a causa dell’ estrema fragilità biologica. Gli esemplari di castagno sono perfettamente integrati nell’ ambiente e rappresentano il frutto di disse-minazioni spontanee recenti e di immissioni passate a scopi agricoli, oggi abbandonate;

2) la macchia è rappresentata da formazioni vegetali a boscaglia sempreverde, fitte fino a diventare inestricabili, nelle quali predo-minano sufrittici, arbusti e piccoli alberi, in una associazione più o meno duratura di transizione a forme di climax diverse;

3) l’ambiente della costa a diretto contatto con il mare è di notevole importanza dal punto di vista biologico, per la rarità delle specie presenti.

TAV. B.2 – ASSETTO VEGETAZIONALE

2. L’ecosistema collinare

Partendo dalla carta del PTCP relativa all’assetto vegetazionale, è stato successivamente eseguito un attento lavoro di indagine sul territorio extraurbano del Comune della Spezia, raccolto integralmente nello “Studio Agronomico Ambientale”, del quale viene di seguito esposto in sintesi nei suoi caratteri salienti.
Con estremo realismo si deve ribadire che l’agricoltura, nel territorio del Comune della Spezia, è una delle tante attività praticate, importante ma non esclusiva. La vera importanza dell’attività “agricola”non deve essere pertanto ricercata nella capacità di “creare reddito” (capacità questa del resto limitata in tutta la Regione da fattori orografici, strutturali e congiunturali), quanto nella funzione di mantenimento sotto il profilo paesaggistico e idrogeologico. In effetti la diffusione di tale “attività”, in funzione del presidio, risulta essere l’unica in grado di contribuire ad un’equilibrata evoluzione del territorio che altrimenti verrebbe inesorabilmente a trasformarsi in bosco ed ad essere soggetto a dissesti e degradi consistenti.
Per queste considerazioni l’indagine condotta è di tipo strutturale ossia considera il territorio nel suo più ampio significato, contraddistinto da caratteristiche biologiche e morfologiche proprie, quale sistema complesso identificabile con il termine ecosistema.
In un territorio ad elevata concentrazione di attività antropiche la pianificazione deve tenere conto di esigenze tra loro diverse che, in termini biologici tendono alla contemporanea presenza di ecosistemi poco stabili ma assai produttivi, e di ecosistemi poco produttivi ma generalmente più stabili. Ne deriva che il vero problema della pianificazione è rappresentato dall’individuare il più corretto rapporto territoriale tra i due estremi di prestazione ecosistemica. Tale problematica è stata affrontata riconoscendo l’alternanza di territori a diversa prestazione ecosistemica più favorevole rispetto a quella attuale, tendente al livellamento delle condizioni ecologiche su tutto il territorio.

2.1. Suddivisione del territorio extraurbano in organismi e sub organismi territoriali elementari

Ai fini della pianificazione, il territorio in esame è stato suddiviso in Organismi e Sub Organismi Territoriali Elementari, ossia porzioni di territorio che sostanzialmente mantengono, al loro interno, caratteri morfologici e di strutturazione, naturale e antropica, omogenei.
Per una agevole interpretazione di quanto segue si riporta l’elenco completo degli OTE e SubOTE:
ote     sub ote      Identificativo                                 
1        1A             Colline di S. Bartolomeo
          1B             Colline di Pitelli
          1C             Piano di Cannelli-Pomara
          1D             Bersaglio-Valle Oscura
2        2A             Brigola
          2B             Gavatro-Calabria
          2C             Valle Tria
          2D             Montefosco
3        3A             Isola–Toracca
          3B             Pelizzarda-Berro
4        –               Costa dei Pini
5        5A             Porta Isolabella
          5B             Antoniana-Zambarda
          5C             Monte Pertico-Monte Arsa
6        –               Val Durasca
7        7A             Viano-Galereo-Lugo
          7B             Proffiano-Ligurzano
8        –               Viseggi-Sommovigo-Fondiga
9        9A             Monte Parodi
          9B             Biassa
10      10A           Monte S.Croce
          10B           Coregna
          10C           Castellana-Punta Ferro
          10D           Campiglia
11      –               Costa di Tramonti

 

2.2. Le risultanze delle indagini: dal quadro statistico al rilievo diretto

I dati ISTAT forniscono indicazioni quantitative e qualitative sull’evoluzione storica del paesaggio e delle pratiche agricole, tali dati, per quanto concerne la situazione attuale, vengono superati dai risultati del rilievo diretto che permettono di quantificare in modo più preciso le condizioni di uso del suolo e l’entità delle risorse presenti sul territorio.
I dati ufficiali ISTAT relativi agli ultimi censimenti della agricoltura evidenziano come la superficie agraria e forestale sia passata dai 3.369 Ha. nel 1961, ai 2.153,5 nel 1972, ai 2.291 Ha. nel 1981 fino ai 2.142 Ha. nel 1991. Secondo tali dati, meno del 50% della superficie  comunale totale è oggi interessata dalla presenza di attività di coltivazione o di aree boscate in genere.

Alla superficie boscata totale spetta dunque il primato di maggior estensione. Tale prevalenza è apparsa verso la metà degli anni ’60 per andarsi a consolidare in modo definitivo e stabile dal censimento del 1972 ad oggi. Quello del bosco è quindi un incremento abbastanza recente, sviluppatosi in buona parte sull’abbandono dei coltivi, con notevoli interferenze non naturali e con inquinamenti varietali di specie, arbustive ed arboree, alloctone.

La componente propriamente agraria rimane quindi in subordine per estensione rappresentando sostanzialmente una attività non specializzata, decisamente polverizzata, quasi mai in grado di assorbire completamente l’attività lavorativa di un operatore a tempo pieno e, di conseguenza, di marginale interesse economico, produttivo e mercantile.

Numero di aziende agricole per classe di Superficie Totale e per classe di Superficie Agricola Utilizzata Fonte ISTAT 1991
Classe
S.T.
S.A.U.
Senza Terreno Agrario
0
16
< di 1 Ha
1.575
1.926
1-2 Ha.
257
71
2-5 Ha.
150
9
5-10 Ha.
24
3
10-20 Ha.
14
2
20-50 Ha.
4
0
50-100 Ha.
0
0
> 100 Ha.
2
0
Totale
2.026
2.026
S.A.U. (Superficie Agraria Utilizzata) corrisponde alla superficie effettivamente oggetto di coltivazioni permanenti; sono pertanto escluse le superfici a bosco.
Se come attività produttiva, statisticamente intesa, l’agricoltura nel Comune della Spezia non ha mai avuto una notevole importanza, sotto il profilo micro economico-sociale ha svolto, e tuttora svolge, una funzione importante rivolta in particolar modo all’autoconsumo delle oltre duemila aziende a conduzione familiare censite nel 1991. Ma se tale aspetto è di scarso rilievo, ben più importante è l’azione sul territorio da parte delle aziende menzionate, a conferma dell’ovvia importanza della funzione agricola sulla manutenzione idrogeologica territoriale, sulla salvaguardia dagli incendi, sul contenimento delle infestanti, sul miglioramento paesaggistico, sulla valorizzazione ecologica ecc..
 
TAV. B.4 – AMBITI EXTRAURBANI
A tale proposito, i dati che seguono, se opportunamente interpretati, possono fornire il senso reale di quanto occorre investire su un territorio, come quello della Spezia, al fine del suo mantenimento nella precisa situazione del rilevamento statistico ISTAT al 1991.
Giornate di lavoro prestate dalle diverse categorie di manodopera agricola
Categoria di manodopera agricola
Totale giornate lav./anno
%
Conduttore
64.396
64,66
Coniuge
22.126
22,24
Altri familiari
6.313
6.34
Parenti
2.900
2,93
Operai a tempo determinato
1.950
1,91
Operai a tempo indeterminato
810
0,81
Coloni ed assimilati
1.108
1,11
Totale
99.604
100
Si tratta di una quantità stimata per difetto assai prossima alle 800.000 ore di lavoro annuo, il cui valore economico, ai prezzi di mercato corrente, si attesta su valori reali assai prossimi ai 15 mld. di lire/anno. Tale impegno garantisce il mantenimento della attuale realtà agricola locale o, se vogliamo, rappresenta lo sforzo umano al mantenimento dell’attuale paesaggio agrario comunale. Infatti da tale conteggio sono escluse le stime relative al mantenimento degli spazi verdi pubblici e privati, della eventuale azione forestale, del mantenimento della viabilità poderale ed interpoderale, delle opere di contenimento e consolidamento.
Tabella riassuntiva uso del suolo da indagine sul campo
Tipo di coltura
Mq. Superficie
%
Bosco Misto
9.733.212
27,0
Bosco prev. Conifere
3.886.917
10,8
Bosco prev. Latifoglie
8.592.585
23,8
Castagneto – Ceduo
1.196.304
3,3
Macchia Mediterranea
1.030.971
2,9
Oliveto
2.557.774
7,1
Oliveto-Vigneto
2.001.480
5,5
Vigneto
1.195.820
3,3
Frutteto Misto
745.191
2,1
Seminativo Arborato
2.198.849
6,1
Orto
499.918
1,4
Serre-Tunnels-Vivai
24.197
0,1
Prati Pascoli
36.827
0,1
Incolto produttivo
513.574
1,4
Incolto sterile
197.477
0,5
Giardino
478.369
1,3
Verde attrezzato
198.699
0,6
Cava attiva
143.673
0,4
Cava dismessa
144.202
0,4
Discarica attiova
219.515
0,6
Discarica chiusa
2.746
0,0
Resede
314.361
0,9
Parcheggi
65.106
0,2
Deposito
40.290
0,1
Attività diverse
89.530
0,2
Totale
36.107.587
100,0
 
L’indagine, condotta sistematicamente su tutto il territorio, ha invece meglio precisato, rispetto ai dati ISTAT relativi al Censimento Agricoltura 1991, la reale situazione dell’uso del suolo nel territorio extraurbano.
 
Tipologia di coltura
Mq. Superficie
%
Totale Boschi
23.409.018
64,8
Totale S.A.U.
9.260.056
25,6
Macchia Mediterranea
1.030.971
2,9
Incolto
711.051
2,0
Verde
677.069
1,9
Cave
287.875
0,8
Discariche
222.271
0,6
Altro
509.287,0
1,4
Totale
36.107.587,0
100,0
 
Innanzi tutto va evidenziato come l’indagine PUC abbia coinvolto una superficie complessiva di circa 3.611 Ha. ; la rimanente superficie comunale, pari a circa 1.511 Ha. non coinvolta nell’indagine relativa allo studio agronomico – ambientale, comprende le aree urbanizzate (città) ed occupate da insediamenti industriali e militari principalmente. Dalla lettura di tali dati emerge che:
1.     la prevalenza di boschi appare ancora più marcata rispetto a quanto messo in evidenza dall’ISTAT nella sua indagine del 1991. Oltre il 64% del territorio considerato risulta ricoperto da boschi misti (per il 27%), boschi a prevalenza latifoglie (per il 23,8%), quindi da boschi a prevalenza di conifere (10,8%). I castagneti-cedui, indicatori di una presenza umana nella gestione dei boschi, è ridotta appena al 3,3%. Nonostante l’imponenza dell’estensione boschiva la qualità di tali cenobi è, in molti casi, precaria per l’azione di disturbo antropico sotto diverse forme (inquinamenti, incendi, ecc..);
2.     oltre il 25% del territorio censito è stato classificato come S.A.Ut. ossia come superficie agraria utilizzabile. In pratica trattasi di oltre 926 Ha. che ospitano in qualche modo una specie agraria in coltivazione o in semplice permanenza naturale. Tra tutte spiccano le forme agricole riconducibili all’oliveto e vigneto specializzato ed alla coltivazione promiscua di entrambe le specie arboree. Analizzando ulteriormente la così detta componente agricola comunale emerge:
– non esistono forme di agricoltura specializzata e tecnologicamente evoluta;
– non esistono formule aziendali valide sotto il profilo economico e gestionale;
– non esiste manodopera extraziendale (generica o tanto meno specializzata) alla quale potersi riferire per eventuali prestazioni di servizi. Solo nel settore del verde ornamentale e dei giardini assistiamo alla presenza di alcune aziende operanti, in forma mista, nel settore commerciale e dei servizi; tuttavia il loro numero e consistenza non risulta certamente sufficiente alla potenziale richiesta;
– non esiste, o si è persa nel tempo, una «cultura agricola» di base sulla quale innestare eventuali azioni, supporti, promozioni o quant’altro per la valorizzazione dei prodotti locali potenziali (olio, vino, miele ecc..). Tale carenza traspare anche nel settore del verde ornamentale e del giardinaggio (sia pubblico che privato). Troppo spesso ci si limita al semplice mantenimento parziale dell’esistente senza considerare la forte evoluzione tecnica e tecnologica che il settore ha avuto nell’ultimo decennio. Ne deriva un impoverimento estetico su tutto il territorio maggiormente accentuato in ambito urbano;
3.     il biotopo macchia mediterranea, intesa nelle sue molteplici forme e composizioni floristiche prevalenti, rappresenta una apprezzabile componente del territorio comunale. La maggior parte della sua estensione si dispiega ovviamente nell’ambito n. 11 relativo alla costa di Tramonti;
4.     gli incolti, ossia porzioni di territorio un tempo ospitanti le coltivazioni agrarie ed oggi in evidente stato di abbandono e di degrado, pur interessando complessivamente una superficie di poco più di 70 Ha., costituiscono un elemento territoriale negativo a causa della puntiforme diffusione sull’intera superficie comunale esaminata. Non sono i punti più inaccessibili del territorio interessati dal fenomeno (generalmente già colonizzati da forme boschive) ma quasi esclusivamente quelli a diretto contatto con le aree urbanizzate o industriali il che amplifica ulteriormente il loro effetto antiestetico;
5.     con il termine «verde» si sono volute riunire tutte le forme di giardino pubblico e privato, parco sportivo, privato ecc.. Sebbene la dimensione superficiale totale non sia particolarmente rilevante (soprattutto se messa a confronto con il numero di edifici riscontrati sul medesimo territorio) vale la pena rammentare il considerevole numero di rilevamenti che ha coinvolto tale tipologia dell’uso del suolo. Quasi sempre in prossimità o dipendenza diretta di abitazioni il «verde» non riesce tuttavia ad inserirsi quale elemento di per sé caratterizzante e valorizzante il paesaggio;
6.     per i 28,7 Ha. di cave ed i 22,2 Ha. di discariche valgono le considerazioni dette in precedenza.

2.3. Gli insediamenti

Il rilievo dell’uso del suolo ha individuato e censito tutte le forme di edificazione riscontrate sul territorio extraurbano del Comune della Spezia. Lo studio di tali forme di edificazione le ha poi suddivise in quattro categorie:
– abitazioni: edifici adibiti esclusivamente a residenza, identificabili quasi sempre da numero civico, con diversa tipologia architettonica e stato di manutenzione, derivanti sia dalla ristrutturazione di vecchi edifici che da nuove costruzioni per la maggior parte post anni ’40;
– edifici rurali: costruzioni coloniche destinate a magazzino, deposito, fienile ecc. o, comunque, sempre utilizzate per scopi legati alla gestione del territorio. Nella elaborazione non è stata presa in considerazione la tipologia costruttiva per quanto risulti consistente, in tale categoria, la quota delle costruzioni «precarie» ossia costituite da materiali quali legno e lamiera, sprovvisti, nella maggior parte dei casi, di qualsiasi opera di fondazione;
– edifici abbandonati: costruzioni fatiscenti, abbandonate, ruderi. Promiscuo l’uso desumibile dalla tipologia architettonica residuale. In tale categoria sono comprese sia vecchie abitazioni rurali, sia annessi agricoli o altro;
– altro: in tale categoria sono comprese tutte le tipologie di costruzione che non rientrano nelle precedenti classificazioni come ad esempio i magazzini per attività di servizio e diversi (bar, attività commerciali, ristoranti ecc…), gli impianti energia, le costruzioni militari ecc.. Risultano ovviamente compresi i piazzali, le aree di sosta ed i manufatti a raso che compaiono ovviamente solo nelle elaborazioni della superficie edificata.
Di tutti gli edifici rilevati le abitazioni rappresentano il 64%, gli edifici rurali il 27% , i ruderi il 4%, gli edifici diversi il 5% Escludendo la superficie boscata, nel territorio extraurbano esiste un edificio resi-denziale ogni 5.206 mq. che diventano 4.574 se dal computo escludiamo anche il territorio a macchia mediterranea, a cava e a discarica. Se analoga comparazione viene eseguita con la volumetria residenziale totale, il territorio extraurbano presenta un indice edificatorio medio che oscilla tra 0,11 e 0,13 mc./mq..
Tale situazione trova sensibili oscillazioni se si analizzano i singoli Sub Ambiti Territoriali Omogenei: la minore pressione edificatoria di tipo residenziale risulta identificata nell’OTE n.11 (Costa di Tramonti) con lo 0,03, l’1C (Piano di Canelli Pomara) con lo 0,02 (pur avendo il nucleo collinare di Pitelli in parte su esso insistente) e l’1D (Bersaglio-Valle Scura) con lo 0,03 (gravato tuttavia dal peso ambientale delle
 
Sub-
O.T.E.
ABITAZIONI
EDIFICI
RURALI
EDIFICI ABBANDONATI
DIVERSI
TOTALE
EDIFICI
VOLUME
TOTALE
 
numero
Vol. mc.
numero
Vol. mc.
numero
Vol .mc.
numero
Vol. mc.
 
 
1A
7
2.582
5
659
2
137
1
103
15
3.483
1B
38
22.394
30
1.977
15
2.786
2
2.687
75
30.176
1C
33
11.601
65
5.455
8
1.136
3
969
109
19.163
1D
11
6.123
17
1.261
8
4.279
4
11.976
40
23.640
2A
141
86.750
141
12.976
8
1.676
5
1.734
295
103.137
2B
24
15.047
28
2.378
5
763
4
2.500
61
20.690
2C
26
12.911
38
2.675
4
1.252
0
0
68
16.839
2D
294
135.868
70
7.805
13
5.352
10
5.158
387
154.185
3A
113
81.552
37
3.974
9
4.308
7
5.149
166
94.984
3B
24
13.384
6
553
3
1.200
2
942
35
16.079
4
1
70
1
131
1
191
0
0
3
393
5A
30
46.522
7
1.136
2
9.770
99
19.698
48
77.127
5B
113
55.585
48
3.961
5
1.902
0
0
166
61.448
5C
30
14.127
18
2.244
6
2.700
2
273
56
19.346
6
190
97.894
116
15.171
7
2.100
13
4.198
326
119.364
7A
518
322.940
82
8.432
23
12.993
28
32.607
651
376.973
7B
162
91.147
28
3.913
11
3.027
8
8.588
2090
106.676
7C
126
87.835
47
5.466
14
4.377
7
3.638
194
101.317
8
138
60.667
30
2.603
5
1.563
8
11.117
181
75.950
9A
5
3.972
1
34
1
304
2
3.000
9
7.311
9B
79
33.234
15
1.114
8
922
4
3.050
106
38.321
10A
70
48.749
41
3.097
11
1.789
5
5.225
127
58.863
10B
83
40.294
30
4.183
7
1.552
2
34
122
46.380
10C
91
36.211
35
1.763
13
1.515
1
0
140
39.490
10D
8
4.081
3
141
5
4.557
2
1.124
18
9.905
11
84
33.502
97
17.449
15
3.050
0
0
196
54.002
TOT.
2.439
1.365.051
1.036
110.563
209
75.834
219
124.094
3.803
1.675.252
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
discariche. Gli Ambiti con il maggior peso residenziale risultano essere il 5A (Porta Isolabella) con 0,42 mc./mq., il 9A (Monte Parodi) con lo 0,28, l’8 (Viseggi-Sommovigo.Fondiga) con lo 0,27 ed il 7A (Viano-Galereo-Lugo) con lo 0,25.
La comparazione dei differenti indici fondiari riferiti a ciascun Sub Ambito conferma il carattere pressoché residenziale del territorio extraurbano nel Comune della Spezia. Tale risultanza è resa ancor più significativa dall’esclusione, nel computo delle volumetrie edilizie, dei centri storici collinari (Pitelli, Biassa, Campiglia, San Venerio, Carozzo, ecc.) e dei PEEP esistenti e in corso di attuazione previsti dal vigente Piano Regolatore Generale. Ulteriore appesantimento del carico insediativo e altra crescita del fronte di urbanizzazione in ambito collinare è rappresentata da sei progetti di nuovo insediamento che coinvolgono il territorio extraurbano (Pitelli, Sommovigo, Toracca Inferiore, Isola, Biassa, Strà ). Il PEEP di Pitelli, ad esempio, dopo le ultime varianti approvate, andrà ad incrementare la superficie utile residenziale di circa 15.000 mq. (circa 43.000 mc di volume) pari a n. 127 alloggi .

2.4. Le valutazioni di carattere ambientale

La metodologia scelta ha come scopo l’integrazione delle diverse conoscenze, ponendole in relazione attraverso un pro-cedimento di valutazione “multicriteriale”.
Il risultato raggiunto non è pertanto settoriale ma tende a restituire un giudizio di valore complessivo, organizzato secondo una scala di valori predefinita, che garantisce l’immediata percezione dello stato qualitativo di un particolare territorio, in raffronto ad altri. La particolare costruzione del giudizio di valore consente l’individuazione dei caratteri positivi, indifferenti e negativi del territorio guidando, di conseguenza, le scelte strategiche di pianificazione.
Secondo la metodologia predetta, elaborando i dati quali-quantitativi raccolti durante l’indagine ed arricchendo il bagaglio informativo delle numerose testimonianze in materia ambientale sul territorio della Spezia si è proceduto alla elaborazione di una matrice di calcolo che consentisse di formulare, per ogni singolo suborganismo, un giudizio sintetico sotto forma numerica. La matrice viene riportata integralmente nella relazione di riferimento.

La tabella riassuntiva sotto allegata evidenzia, oltre al “valore ambientale”, la relativa media matematica, a livello dell’intero territorio comunale, e lo scostamento (scarto positivo o negativo) che da tale media ogni subOTE dimostra. E’ stato inoltre introdotto il così detto “limite qualitativo” (teorico) che rappresenta il giudizio minimo attribuibile (tra i subOTE esaminati) a quel territorio privo di elementi di valore negativi (esempio concentrazione di fonti di inquinamento, presenza di attività depauperanti. ecc.) attribuibili ad attività, diretta o indiretta, e antropica.

 

Sintesi di calcolo per le valutazioni ambientali del territorio extraurbano
OTE e Sub-OTE
Valutaz. Ambient.
Limite qualitativo
Media comunale
Scarto
1A
7,22
7,50
8,55
-1,33
1B
7,82
7,50
8,55
-0,73
1C
6,36
7,50
8,55
-2,19
1D
4,48
7,50
8,55
-4,07
2A
8,90
7,50
8,55
0,35
2B
9,04
7,50
8,55
0,49
2C
9,45
7,50
8,55
0,90
2D
8,65
7,50
8,55
0,15
3A
8,91
7,50
8,55
0,36
3B
7,09
7,50
8,55
-1,46
4
8,00
7,50
8,55
-0,55
5A
5,88
7,50
8,55
-2,67
5B
9,05
7,50
8,55
0,50
5C
8,61
7,50
8,55
0,06
6
8,84
7,50
8,55
0,29
7A
7,95
7,50
8,55
-0,60
7B
9,37
7,50
8,55
0,82
7C
8,80
7,50
8,55
0,25
8
7,55
7,50
8,55
-1,00
9A
9,45
7,50
8,55
0,90
9B
8,89
7,50
8,55
0,34
10A
10,61
7,50
8,55
2,06
10B
10,67
7,50
8,55
2,12
10C
8,47
7,50
8,55
-0,08
10D
10,47
7,50
8,55
1,92
11
11,71
7,50
8,55
3,16
Le valutazioni fin qui riportate sintetizzano, confermandole, i diversi risultati relativi ad ogni OTE e SubOte:
1.    l’area del levante (OTE n.1) risulta, seppure a diversi gradi, completamente al di sotto della media comunale di “valore ambientale” con un minimo superamento, di tale limite qualitativo, solo per il subambito 1B (nucleo di Pitelli). Il valore ottenuto è condizionato dalla forte concentrazione di attività antropiche e dal livello di isolamento dei biotopi individuati, a causa della cintura urbana/industriale a nord, ovest ed est e del mare a sud;
2.    altro SubOTE con valore inferiore alla media comunale e al limite minimo qualitativo, è il 3B (loc. Pellizzarda-Berro) che si caratterizza soprattutto per l’infelice posizione geografica, per la forte pendenza dei versanti e per il degrado riferito alle componenti vegetazionali devastate da incendi dolosi ricorrenti;
3.    il giudizio insufficiente attribuito al SubOTE 5A (Porta Isolabella) trova giustificazione in un insieme di cause attribuibili alla notevole incidenza abitativa (in rapporto alla superficie), alla precarietà delle zone coltivate, allo stato di degrado della vegetazione naturale; il tutto sotto la forte pressione dell’ adiacente area urbanizzata che la circonda. Nonostante il giudizio negativo si vuole da subito sottolineare come tale Suborganismo, proprio per il suo incunearsi nell’area urbana nel punto di incontro tra la città vecchia e la città nuova, rappresenta territorio strategico di assoluta rilevanza nell’ottica di riqualificazione ambientale generale (corridoio ecologico di collegamento ideale per l’area urbana);
4.    al di sotto della media comunale risultano il SubOTE 7A (loc. Viano-Galereo-Lugo), per l’eccessivo peso insediativo rilevato e per la precarietà geostatica dei versanti, e il SubOTE 8 (loc. Viseggi-Sommovigo-Fondiga) soprattutto per esposizione prevalente e carico insediativo rilevato in rapporto alla superficie. Leggermente inferiore, quasi coincidente, alla media comunale risulta il SubOTE 10C (Castellana-Punta Ferro), nonostante la evidente esistenza di naturalità diffusa il suo stato, la giacitura territoriale e l’esposizione di versante in combinazione alla presenza di cave (antiche) e di ravaneti assai diffusi hanno contribuito al sensibile abbassamento di valore ambientale che invece assumono i SubOTE connessi all’OTE n. 10.
E’ stata altresì condotta una comparazione storica relativa alle trasformazioni insediative del territorio extraurbano utilizzando i dati ISTAT disponibili, eterogenei per riferimento e per metodologia di rilevazione.

Comparazione dati storici di insediamento extraurbano

 
1961
1971
1981
1991
1997
Abitanti del Comune
della Spezia
121.923
124.547
115.392
101.442
97.712
Abitanti città
(delimitazione Urbana)
112.270
119.163
110.632
97.175
86.000 / 88.000
Abitanti in territorio extraurbano
9.653
5.384
4.760
4.267
9.000
/ 11.000
Abitazioni sparse
non rilevato
non rilevato
non rilevato
796
2.439
Abitanti case sparse
2.364
2.276
1.448
1.703
4.000
H.U. (Habitat umano) in Ha in extraurbano.
2.021,4
1223,5
476,0
427,7
1.154,7
H.S.(Habitat standard) mq in extraurbano
2.094
2.272
1.989
1.325
1.283
/ 1.049
Pitelli
2.168
1.690
1.277
1.269
Non disponib
Biassa
1.100
856
645
315
Non disponib
Campiglia
314
222
181
125
Non disponib
Isola
364
201
37
47
Non disponib
Carozzo
282
193
207
167
Non disponib
San Venerio
665
693
511
non rilevato
Non disponib
Coregna
82
27
54
39
Non disponib
 
 
 
 
 
 
 
 
Dati ISTAT
 
Dati stimati
 

Circa i dati esposti si precisa che che:

1.    le stime relative al 1997 tendono a considerare la popolazione effettivamente residente nel territorio extraurbano considerando tutte le case sparse ad uso residenziale (ossia quelle effettivamente individuate come tali dal censimento sul territorio), tutte quelle dei centri storici collinari delimitati (considerando nel caso stabile la popolazione rilevata al 1991) nonché quelle esistenti o di previsione all’interno dei PEEP.;
2.    la stima degli abitanti effettivi delle 2.439 case sparse censite, determinata in termini prudenziali intorno alle 4.000 unità, attribuisce ad ogni casa sparsa una media di 1,64 abitanti effettivi. La superficie lorda complessiva determinata per le 2.439 abitazioni sparse nel territorio extraurbano ammonta ad una cifra di poco superiore ai 485.500 mq.;
3.    L’ H.U. (Habitat Umano), secondo la definizione di Ingegnoli, rappresenta il complesso territoriale nel quale si esplica l’attività umana. Esso risulta composto da quei territori nei quali si dispiega l’apparato abitativo vero e proprio, l’apparato produttivo (agricoltura), l’apparato protettivo (parchi, giardini, siepi) e l’apparato sussidiario (infrastrutture, aree industriali e artigianali). Nel nostro caso, quello del territorio extraurbano, da tale sommatoria risultano escluse le aree boscate e la macchia (H.N. = Habitat Naturale) oltre alle cave e le discariche. Come si può notare la superficie riferita al 1997, anno del censimento eseguito per il PUC, risulta più alta rispetto agli ultimi due censimenti dell’agricoltura in quanto sono state comprese anche tutte quelle aree marginali, di piccole dimensione, o potenzialmente coltivabili non considerate dalle metodologie 1981 e 1991; il valore ottenuto risulta assai prossimo a quello relativo al censimento 1971 la cui metodologia di svolgimento risulta identica a quella attuata nel 1997;
4.    L’ H.S. (Habitat Standard) rappresenta il rapporto tra H.U. e n. di abitanti su quel territorio: esso indica quanta superficie territoriale risulta disponibile per abitante. Il trend risulta evidentemente in discesa rapida dal 1961 ad oggi.

L’esame complessivo della situazione comunale può essere così sintetizzato:

–       il settore di levante è in precarie situazioni ambientali riscontrabili non solo sul territorio extraurbano ma anche in quello urbano. I possibili interventi che la pianificazione prenderà in considerazione (bonifiche, ripristini, restauri vegetazionali, ecc.) dovranno tendenzialmente eliminare l’isolamento di cui soffre l’ambito, introducendo accettabili livelli di naturalità diffusa;
–       il territorio alle spalle della città (OTE n. 2 – 3 – 5 – 7), seppure con differenze sensibili, si mantiene a livelli “discreti” ma decisamente migliorabili sotto il profilo estetico-ambientale. Tali territori, in particolare i loro prolungamenti a diretto contatto con l’area urbanizzata, risultano fondamentali alla costituzione degli “assi di penetrazione naturale” nella città: in pratica, invece di subire l’effetto città, i territori di confine dovranno incanalare e trasmettere naturalità attraverso una loro preventiva riqualificazione e ulteriore connessione ecologica con la retrostante matrice territoriale. Anche in questo caso, tuttavia, la barriera fisica, costituita dalla linea ferroviaria, potrà essere superata con specifici interventi di mitigazione;
–       Il settore di ponente (OTE n. 9, 10 e 11) è interessato da giudizi ambientali di più alto valore rispetto al rimanente territorio comunale. Tuttavia devono essere programmati interventi legati alla stabilità territoriale (ambito 11), al recupero delle cave, al riuso sostenibile e integrato dell’edificato esistente, al restauro vegetazionale ed alla più oculata pianificazione della “fruizione del verde”, in questa parte del territorio comunale: su di essi il PUC si concentrerà nella ricerca delle più appropriate linee di indirizzo ed intervento.

TAV. B.3 – CARTA DEI BIOTOPI

Parte III 
L’organismo territoriale elementare e le unità insediative

1. Premessa
I quattro sistemi che caratterizzano l’assetto geomorfologico contengono, a loro volta, dei sistemi minori definiti come:
organismi territoriali elementari nel territorio extraurbano;
unità insediative nell’area urbanizzata.
Questi sistemi minori rappresentano non solo una suddivisione geografica opportuna per descrivere meglio le parti dell’organismo generale, ma costituiscono la struttura stessa del Piano in quanto rappresentano l’identità storica, culturale e paesistica del territorio spezzino[1] :
 

[1] In area extraurbana gli organismi territoriali elementari, ai fini dello studio agronomico sono stati ulteriormente suddivisi un Sub-ote.

2. Gli elementi dell’organismo territoriale elementare

Ogni organismo territoriale elementare di evidenzia gli elementi del paesaggio, la storia e la cultura dei luoghi. Le parti prese in esame sono state:
1)    i percorsi e le infrastrutture viarie storiche e di grande comunicazione;
2)    gli insediamenti agricoli;
3)    gli insediamenti storici e recenti;
4)    gli sviluppi recenti.

2.1. I percorsi e le infrastrutture viarie

Il sistema delle percorrenze determina la struttura del sistema territoriale. Le tipologie di percorsi individuate sono:
1)    le gradonate e sentieri rappresentano l’ossatura arcaica del territorio legate alla costituzione della città antica che si estendeva principalmente nella valle del Lagora, oggi in parte abbandonate e degradate. Si tratta quasi sempre di gradonate costruite con elementi in pietra del Parodi o di macigno realizzate con estrema sapienza e maestria. Sono assai frequenti nella parte occidentale della città dove venivano usate come collegamenti con la costa delle Cinque Terre, di Biassa e Campiglia, di Marinasco e di Sarbia;
2)    i collegamenti locali sono rappresentati da alcune delle antiche strade pedonali che fino alla metà del 900 erano la struttura portante del territorio. Dopo gli anni cinquanta questi collegamenti sono stati ristrutturati per i mezzi veicolari. Già dalla fine del secolo scorso esistevano strade militari carrabili per servire la rete dei forti alcune delle quali sono poi passate nella rete dei collegamenti locali;
3)    le infrastrutture viarie comprendono le strade di grande comunicazione che attraversano longitudinalmente la collina.
 
2.2. Gli insediamenti agricoli
 
Il territorio extraurbano ammonta a circa 3.611 Ha., così suddivisa:
– oltre il 64% risulta ricoperto da boschi misti (27%), boschi a prevalenza latifoglie (23,8%), quindi da boschi a prevalenza di conifere (10,8%). I castagneti-cedui, indicatori di una presenza umana nella gestione dei boschi, è ridotta appena al 3,3%. Nonostante la vasta estensione boschiva la qualità di tali cenobi è, in molti casi, precaria per l’azione di “disturbo” antropico sotto diverse forme (inquinamenti, incendi, ecc..);
– oltre il 25% è stato classificato come superficie agraria utilizzabile. In pratica si tratta di oltre 926 Ha che ospitano specie agrarie in coltivazione o in semplice perma-nenza naturale. Tra tutte spiccano l’oliveto e vigneto specializzato e la coltivazione promiscua di entrambe le specie arboree.
Analizzando ulteriormente la cosiddetta componente agricola comunale emerge che: non esistono forme di agricoltura specializzata, né esistono formule aziendali valide sotto il profilo economico e gestionale, né manodopera extraziendale. I dati relativi all’edificato indicano una presenza di n. 3.803 immobili suddivisi in: n. 2.439 abitazioni (64%); n. 1.036 edifici rurali (27%); n. 209 ruderi (4%) e n. 219 edifici diversi (5%). Escludendo dal conteggio la superficie boscata, nel territorio extraurbano esiste una casa residenziale ogni mq. 5.206. In relazione all’indice edificatorio (espresso attraverso il rapporto mc/mq) la media è di 0,11; i minimi (compresi tra 0,02 e 0,03) sono nell’area della Costa di Tramonti, di Piano di Canelli-Pomara e di Bersaglio-Valle Scura. Le aree con maggiore peso edificatorio (comprese tra 0,25 e 0,42) sono Porta Isolabella, Viseggi-Sommovigo-Fondiga, Viano-Galereo-Lugo.
L’analisi dei biotopi ha individuato differenti tipi di tessuto agricolo, attraverso i quali si evidenzia il legame tra uso del suolo e forme insediative che creano la trama delle conformazioni dei poderi o delle coltivazioni in genere, passando da forme occasionali con l’adattamento al terreno delle colture o delle superfici boscate, a forme più regolari e complesse attraverso opere di modifica del terreno per realizzare terrazzamenti, contribuendo a determinare l’individualità di un sito o di un territorio. I tipi di tessuto agricolo individuati sono tre:
1)    aree coltivate nelle quali è stata riscontrata una attività agricola permanente e continuativa. Le principali forme di coltivazione sono l’oliveto specializzato, il vigneto specializzato, il vigneto-oliveto promiscuo, il seminativo arborato, l’orto e il prato naturale (quest’ultimo considerato come forma di coltivazione in quanto copertura erbacea sottoposta periodicamente a sfalcio). All’interno di questo biotopo sono ricomprese le coltivazioni collinari a terrazza realizzate su tessuti terrazzati con forma che si adatta al pendio con misura costante, costruiti con scarpate in terra rivestite da graminacee su suoli arenacei e su terrazze in pietra a secco di colore bianco o marrone a seconda della qualità del terreno arenaceo o calcareo (a sud di Pitelli e sulla dorsale occidentale del Golfo), dove la roccia è molto frequente;
2)    aree incolte delle quali fanno parte terreni abbandonati da coltivazione o dove risulta impossibile l’esercizio dell’agricoltura per motivi orografici (eccessiva pendenza), morfologico-strutturali (terreno povero, roccia affiorante) e microclimatici (elevata umidità, scarsa luminosità);
3) aree periurbane dove aumenta di consistenza il segno della presenza e della attività antropica e che rappresentano l’anello di congiunzione tra il biotopo delle aree coltivate e l’area urbana.

2.3. Gli insediamenti storici e recenti

Gli insediamenti sono in genere costruiti su percorsi di crinale e di mezzacosta o su nodi di percorsi. Si distinguono in:
1) insediamenti storici a loro volta fatti da:
a) edifici isolati. Sono gli edifici e le aree che caratterizzano il paesaggio e l’identità storica e culturale della collina spezzina. Sono identificati in:
–  edifici e/o complessi monumentali, di valore storico e architettonico con destinazione d’uso non residenziale, già classificati dal P.T.C.P. regionale come Manufatti Emergenti (ME) o da proporre come tali; edifici (anche residenziali) vincolati dalla L. 1089 del 1939;
–  edifici e/o complessi di valore storico e documentarioquali, ad es., le mura, il sistema delle fortificazioni; edifici o complessi residenziali o paleo-industriali;
–  ville con parco/giardino. Sono residen-ze di campagna con giardino, costruite all’interno di un latifondo. Gli edifici più evoluti presentano i caratteri del palazzo. Possono essere affiancati da rustici e case coloniche, dipendenti alla conduzione del fondo e al suo mantenimento. A volte sono dotate di una cappella privata o di un piccolo oratorio. La parte padronale è circondata da mura all’interno delle quali si impianta il giardino;
–  aree di valore naturalistico-ambientale. Si tratta di aree di pregio naturalistico-ambientale o per la loro configurazione morfo-geologica (es. le aree carsiche, con doline e risorgive, le grotte etc.), o per il loro assetto vegetazionale;
b) nuclei storici collinari e borghi costieri:
– aggregati di corti. Insediamenti rurali formati da corti agricole stratificate, senza la presenza di un elemento polare (chiesa o castello) che le identifichi;
– insediamenti di corti con polo. Sono insediamenti rurali di origine medievale che si sviluppano in presenza di un nucleo fortificato o religioso o di entrambi. La tipologia edilizia è a corte con stratificazioni fatte in epoche successive;
– insediamenti complessi. Sono gli abitati più sviluppati dimensionalmente, rappresentati dai centri storici collinari o costieri maggiori;
c) sviluppi storici. Comprendono i tessuti di impianto storico a sviluppo edilizio aperto costituiti da edifici costruiti lungo un percorso di adduzione al nucleo originario o lungo i percorsi storici di interesse paesaggistico e ambientale.
2) insediamenti di sviluppo recente a loro volta costituiti da:
a) tessuti recenti omogenei o disomogenei formati da sistemi di edifici assimilabili alle espansioni periferiche, non pianificati, cresciuti dall’accostamento casuale dei lotti edificabili. La direzione di sviluppo non è solo quella del percorso ma anche da altri tratti sulle linee di pendenza collinare;
b) tessuti pianificati recenti formati dai Piani di Zona o assimilati che per dimensioni e tipologia non sono ritenuti compatibili con l’ambito collinare;
c) insediamenti sparsi con tipologie edilizie di carattere urbano in area collinare formati dalle parti del territorio dove vi è una diffusaedificazione con tipologia a villino con lotti di pertinenza minimi. Questo tipo di edificazione diffonde nella collina il modo urbano o periurbano dell’insediamento con perdita dell’ identità del contesto.

3. Descrizione degli organismi territoriali elementari

1) Pitelli
– occupa la parte sud orientale del territorio comunale. In un primo tempo fu isolato dal resto del comune dalla fascia paludosa costiera e soltanto nell’800 fu collegato con la base militare della Spezia. Dalla Foce del Termo è possibile percorrere tutto il crinale prospiciente la piana di Melara scendendo a Pagliari, oppure collegarsi con Lerici dal passo delle Quattro strade; l’indagine agronomico-forestale ha individuato quattro Sub organismi: Colline di San Bartolomeo; Colline di Pitelli; Piano di Canelli-Pomara; Bersaglio – Valle Oscura.
Tendenze in atto e problematiche:
– Percorsi
a) gradonate e sentieri in abbandono per scarso utilizzo;
b) esiste un problema di viabilità e parcheggi nelle aree del centro storico;
-Tessuti agricoli – aree boscate – altri usi del suolo
– tendenza ad occupare con manufatti impropri (baracche o similari) le aree di coltivo;
– degrado per la presenza di aree coltivate a discarica;
– estese aree a pineta percorse dal fuoco;
– Insediamenti e sviluppi
a) nuclei antichi e manufatti emergenti. Tendenza all’uso improprio di materiali, strutture e arredi;
b) sviluppi urbani con presenza di PEEP e di edilizia sparsa in località Rigazzara.
2) San Venerio
– forma la spalla orientale del territorio, la testata verso il Golfo del sistema di Vezzano. Fu attraversato dai percorsi di collegamento con la val di Magra che aggiravano Spezia utilizzando il crinale di Marinasco e di Vezzano. Oggi è attraversato da una strada che collega la piana di Melara con la foce di Buonviaggio. L’indagine agronomico-fore-stale ha individuato quattro Sub organismi: Brigliola; Gavatro–Calabria; Valle Tria; Montefosco.
Tendenze in atto e problematiche
– Percorsi
a) gradonate e sentieri in abbandono per scarso utilizzo;
b) fra Buonviaggio e Limone-Melara la discontinuità e i limiti dimensionali della strada non consentono uno scorrimento adeguato del traffico veicolare.;
c) il carico insediativo costituito dai P.E.E.P. non trova uno sbocco adeguato su via Sarzana a causa dei sottopassi ferroviari;
d) il 3° lotto ANAS dal Felettino allo svincolo autostradale ha problemi di inserimento ambientale per la presenza di manufatti emergenti e di tessuti poderali di pregio;
– Tessuti agricoli – aree boscate – altri usi del suolo
– tendenza all’abbandono intorno ai Piani di Zona; alle aree occupate da edilizia di carattere urbano il località Brigola e Buonviaggio; nelle aree marginali come la val Tria;
– abbandono legato alla Fornace dismessa nella zona di Calabria;
– generalmente i tessuti agricoli terrazzati, coltivati e mantenuti, conferiscono all’ambiente una considerevole dignità paesistica che va perseguita anche in futuro;
– Insediamenti e sviluppi
a) nuclei antichi e manufatti emergenti. Tendenza nei nuclei storici all’uso improprio di materiali, strutture e arredi;
b) si registra una tendenza all’edificazione in area agricola con edilizia di tipo urbano, ossia con edifici che non hanno pertinenza territoriale;
c) tendenza dell’edificato urbano e periurbano a risalire le pendici collinari, oltre il limite della linea ferroviaria.
3) Isola
– occupa il settore nord orientale del territorio comunale a ridosso del Monte Albano. È attraversato da una strada di mezzacosta che collega il crinale del Golfo con la sella di Buonviaggio. Forma la riva sinistra della Dorgia, torrente principale della piana di Migliarina. L’indagine agronomico-forestale ha individuato due Sub organismi: Isola – Toracca; Pellizzarda – Berro;
Tendenze in atto e problematiche
– Percorsi
a) gradonate e sentieri in abbandono per scarso utilizzo;
b) gli antichi percorsi, di dimensioni limitate, sono utilizzati impropriamente dal traffico veicolare locale;
– Tessuti agricoli – aree boscate – altri usi del suolo
-sotto il profilo paesaggistico il territorio, strutturato a terrazze, dovrebbe essere mantenuto in tale forma anche a seguito di interventi agricolo-produttivi più consistenti;
– Insediamenti e sviluppi
a) tendenza nei nuclei storici all’uso improprio di materiali, strutture ed arredi;
b) tendenza all’edificazione in area agricola con edilizia di carattere urbano, ossia con edifici che non hanno pertinenza territoriale;
c) tendenza ad aprire nuove strade per servire edifici singoli con grave danno ai coltivi.
4 e 6) Costa dei Pini e Val Durasca[1]
– formano il confine settentrionale del territorio comunale animando un modesto sistema vallivo che si sviluppa nel senso dei paralleli costituendo, attraverso la foce di Marinasco, una delle comunicazioni fra val di Magra e Golfo senza passare attraverso Spezia. L’indagine agronomico-forestale ha individuato due Sub organismi: Costa dei Pini; Val Durasca.
Tendenze in atto e problematiche
-Insediamenti e sviluppi
a) tendenza nei nuclei esistenti all’uso di materiali, strutture e arredi non conformi alla specificità dei luoghi che richiedono invece linee e forme più modeste e semplici;
b) si nota la tendenza ad intensificare l’abitato, quasi una sorta di polarizzazione naturale, in corrispondenza del ponte che dà accesso alla polveriera militare;
c) l’acquisizione della servitù militare si configurerebbe come una opportunità speciale per avere un vero e proprio parco extraurbano per le attività del tempo libero, già strutturato.
5) Antoniana
– comprende il territorio delle valli minori che confluivano nella piana di Migliarina: Valdellora, Cappelletto, Rossano. Il sistema rappresenta il confine fra il crinale di Castel-lazzo, Vesigna e Sarbia (dipendenti dalla pieve di Marinasco) e quello di Monte Alba-no, Beverone insediato dai castelli di Isola e di San Venerio con la sua pieve. L’indagine agronomico-forestale ha individuato tre Sub organismi: Porta Isolabella-Quaresima; An-toniana-Zambarda-Castelletti; Montepertico-Monte Arsà-Valle della Dorgia.
Tendenze in atto e problematiche
-Percorsi
a) gradonate e sentieri in abbandono per scarso utilizzo;
b) la tendenza alla costruzione di percorsi isolati porta con sé la realizzazione di una rete di servizio di difficile inserimento ambientale;
c) l’abbandono temporaneo degli svincoli della variante Aurelia parzialmente realizzati hanno creato il degrado del territorio circostante;
-Tessuti agricoli – aree boscate – altri usi del suolo
– il degrado del territorio agricolo di questo ambito collinare influisce anche sull’immagine urbana, assimilandola a un territorio periferico;
– Insediamenti e sviluppi
a) tendenza nei nuclei storici all’uso improprio di materiali, strutture ed arredi;
b) presenza di sviluppi urbani in corrispondenza della strada di crinale che forma l’abitato di Montalbano e in corrispondenza di Sarbia.
7) Foce
– il sistema è complesso perché investe tutta la valle settentrionale, avendo come asse portante la strada che, passando attraverso la Foce, collegava la Toscana con Genova, dividendolo in due sub-sistemi, uno di levan-te e uno di ponente, ricchi di insediamenti, di percorsi e di emergenze naturalistiche. L’indagine agronomico-forestale ha indivi-duato tre Sub organismi: Viano-Galereo-Lugo; Proffiano-Ligurzano; Costa di Murlo;
Tendenze in atto e problematiche
– Percorsi
a) gradonate e sentieri in abbandono per scarso utilizzo;
b) gli antichi percorsi di dimensioni limitate, utilizzati impropriamente dal traffico veicolare locale, creano disagi soprattutto quando aumenta il carico insediativo: via Viano, Via Galere. Più complessa e con strozzature ineliminabili la viabilità di via Costa di Murlo al Vignale. Esiste infine il problema del collegamento con Pegazzano;
c) la Variante Aurelia ha lo svincolo sul T. Borzonasca con prosecuzione verso la città alle spalle di un insediamento compatto;
– Tessuti agricoli – aree boscate – altri usi del suolo
– i tessuti agricoli, costituiti da terrazzamenti in cotica erbosa e in pietra locale, presentano sovente fenomeni di degrado e di abbandono, soprattutto nelle aree di levante più sollecitate da interventi recenti;
– Insediamenti e sviluppi
a) tendenza nei nuclei storici all’uso improprio di materiali, strutture ed arredi;
b) tendenza all’espansione collinare e alla conseguente perdita di identità del territorio. La costruzione di edifici isolati comporta necessariamente la costruzione della strada per accedere al fondo obbligando, sovente, a con-sistenti opere di movimento di terra. Ciò comporta la necessità di limitare l’edificato alle pertinenze strette dei percorsi esistenti e degli incroci da loro determinati.
8) Visseggi
– il sistema si colloca a settentrione oltre il crinale del Golfo. Il confine comunale coincide con il fosso della Sprugola che sfocia nel bacino che si distende tra la Foce e San Benedetto. È un frammento dell’antico sistema di Carpena inglobato nel comune della Spezia;
Tendenze in atto e problematiche
-Percorsi
a) gradonate e sentieri scarsamente utilizzate ma in buono stato;
b) la strada, anche se di dimensioni modeste, è piacevole e adatta al luogo. Non si rilevano particolari problematiche a causa dello scarso insediamento dell’area;
– Tessuti agricoli – aree boscate – altri usi del suolo
– i tessuti agricoli non presentano fenomeni di degrado rilevanti;
– Insediamenti e sviluppi
a) tendenza all’uso improprio di materiali, strutture ed arredi.
9) Biassa-Monte Parodi
– il monte Parodi-Biassa è un insediamento collocato a occidente, strettamente collegato alla storia della città antica che domina da un pianoro protetto dai contrafforti del Pa-rodi e del Monte Santa Croce. La sua perti-nenza era ancora ad occidente sui pendii soleggiati della riviera e dipendeva stretta-mente dalla strada del crinale di Portove-nere. L’indagine agronomico-forestale ha individuato due Sub organismi: Monte Parodi; Biassa.
Tendenze in atto e problematiche
– Percorsi
a) gradonate e sentieri. Alcuni sono in stato di abbandono, come la strada di mezzacosta che conduce alla Madonna della Guardia, altri sono utilizzati per escursioni;
b) le antiche strade militari soffrono, soprattutto nei giorni festivi per il carico di traffico veicolare;
– Tessuti agricoli – aree boscate – altri usi del suolo
– i tessuti agricoli per la loro struttura sono di grande pregio ambientale e versano in condizioni di degrado per mancato utilizzo;
– la presenza di cave di prestito collegate all’escavazione della pietra ha realizzato lungo la valle del torrente Biassa un paesaggio di pareti e di depositi che dovrà essere riqualificato. Il P.T.C.P. prevede, sotto il Coderone un’area di trasformazione che può essere utilizzata per questo scopi;
– Insediamenti e sviluppi
a) nel centro storico sono presenti fenomeni di abbandono e sono frequenti usi di materiali impropri.
b) presenza di numerosi manufatti emergenti in stato di abbandono o sottoutilizzati;
c) gli sviluppi urbani sono di modesta entità e sono stati realizzati in fregio al centro storico, in quanto unica zona appetibile sotto il profilo residenziale.
10) Fabiano-Coregna-Marola-Campiglia
– il sistema si articola in tre sub-organismi denominati ciascuno con il nome dell’insediamento principale, formando la spalla occidentale del Golfo. Sono separati, dalle cime dei monti S. Croce, Coregna, Castellana. Campiglia, come Biassa, è legata più che al Golfo alla soleggiata costa di Tramonti. L’indagine agronomico-forestale ha individuato quattro Sub organismi: Monte Santa Croce; Coregna; Castellana – Punta Ferro; Campiglia.
Tendenze in atto e problematiche
– Percorsi
a) alcune dorsali principali sono interrotte.;
b) i percorsi di insediamento locale sfociano in viabilità continue e necessitano di aree per parcheggio;
– Tessuti agricoli – aree boscate – altri usi del suolo
– sono generalmente coltivati e in buono stato. Si nota una ripresa saltuaria dei coltivi abbandonati;
– le cave di prestito sono in gran parte dismesse e si pone il problema del recupero ambientale. Quelle più recenti sono di notevole impatto paesistico e contrastano con l’intenzione di favorire una più estesa fruizione turistica dei luoghi;
– Insediamenti e sviluppi
a) nei nuclei antichi si manifestano i segni di un utilizzo improprio di materiali e di strutture che degradano l’ambiente;
b) nella parte collinare gli sviluppi urbani dovrebbero essere contenuti e configurarsi come l’insediamento sparso di matrice storica.
11) Costa di Tramonti
– il sistema è acefalo. I centri di Schiara, Tramonti, Monesteroli altro non sono che re-sidenze temporanee degli abitanti di Biassa e Campiglia che vi risiedevano tempora-neamente per la coltivazione delle viti;
Tendenze in atto e problematiche
– Percorsi
a) alcune dorsali sono in cattivo stato e sarebbe necessario ripristinarle;
b) i percorsi di collegamento locale non devono essere incentivati, salvo quelli su monorotaia, come quelli esistenti nelle Cinque Terre.;
– Tessuti agricoli – aree boscate – altri usi del suolo
– sono generalmente coltivati anche se con fenomeni di abbandono che contribuiscono al degrado della stabilità dell’ambiente.
– Insediamenti e sviluppi
a) nei nuclei storici si manifestano segni di degrado a causa dell’introduzione di materiali non idonei come plastiche, ferro-tubi, strutture precarie di ogni genere, che fanno assomigliare tali manufatti alle favelas sudamericane.

[1] Suddivisi in due sub-sistemi nello studio agronomico forestale vengono qui ricondotti ad un unico organismo.

4. L’album degli organismi territoriali elementari

L’elaborato B.7 del PUC è costituito da un album che descrive le tipologie dei materiali e le forme degli insediamenti dei diversi organismi territoriali elementari al quale si rimanda per una più puntale loro descrizione.
 
TAV. B.5 -ORGANISMI TERRITORIALI ELEMENTARI IN AREA EXTRAURBANA E UNITA’ INSEDIATIVE URBANE

5. Le unità insediative

Le unità insediative sono parti organiche della città consolidata dotate di specifiche identità di luogo, caratterizzate dalla presenza di confini morfologicamente significativi, identificabili come linee di discontinuità insediativa tra tessuti urbani diversificati. La maggior parte di esse (in area centrale e periferica), si caratterizza per la presenza di centralità storiche e moderne che ne rafforzano l’identità di organismi locali. Tale delimitazione è la conseguenza delle analisi sul sistema insediativo (descritte nel successivo cap. IV) ed è alternativa a quella “quantitativa” per aree urbanistiche, nell’ot-tica di una maggiore aderenza alla realtà morfologica-insediativa dei luoghi. Si è per-tanto cercato di eseguire una delimitazione significativa sotto il profilo della formazione storica degli insediamenti, sviluppando in tal senso gli elementi rilevanti della lettura dei tessuti urbani.
In prospettiva, tali individuazioni consentono di intervenire per specifici obiettivi di riqualificazione riferiti a realtà consolidate dell’organismo urbano attuale, interpretandone gli elementi caratteristici di centralità, di organizzazione interna, di gerarchia rispetto al contesto. Le unità insediative sono: 1 Centro Storico; 2 Colli; 3 Piazza Brin/Vicci; 4 La Scorza/Fossitermi; 5 Chiappa/Rebocco; 6 Nucleo Urbano Centrale; 7 Area IP; 8 Valdellora; 9 Migliarina; 10 Felettino-Pieve-Favaro; 11 Canaletto-Carducci; 12 Pegazzano; 13 Fabiano; 14 Marola-Cadimare; 15 Melara; 16 Limone; 17 Termo; 18 Pianazze; 19 Fossamastra/Pagliari; 20 S. Bartolomeo; 21 Ruffino; 22 Muggiano; 23 Campiglia; 24 Biassa; 25 Sommovigo; 26 Valdurasca; 27 Sarbia; 28 Isola; 29 S. Venerio; 30 Pitelli.
A livello territoriale, le unità insediative possono essere ricondotte a quattro grandi sistemi che costituiscono i principali elementi della struttura urbana: Città Storica, Piana di Migliarina, Nuovo Centro, Sistema Periferico Policentrico.
9.1. Descrizione delle Unità Insediative
Per ciascuna unità insediativa in cui sono stati organicamente riconosciuti caratteri di identità locale, vengono di seguito riportate le descrizioni morfologiche e funzionali. Inoltre, per ciascuna di esse, sono formulate le descrizioni di livello puntuale dei tessuti, ove presenti, non consolidati dal punto di vista morfologico, evidenziandone gli aspetti funzionali, quelli relativi alla tipologia urbana e alla tipologia architettonici.
1) Centro Storico
L’unità insediativa della città storica si articola nel nucleo storico di fondazione, di origine medievale, che ha uno sviluppo edilizio chiuso sull’asse della via del Prione con tipologie a schiera e linea, cui si associano, con caratteri architettonici differenziati ma con un analogo livello di polarizzazione e centralità, i tessuti delle prime espansioni ottocentesche a blocco chiuso su maglia ortogonale, lungo le dorsali di Corso Cavour e via Chiodo. Da un punto di vista funzionale, il centro storico si caratterizza per la commistione di attività residenziali, commerciali e terziarie, diffusamente ed omogeneamente distribuite e dalla specializzazione museale dei servizi pubblici. E’ morfologicamente connotato dalla presenza delle emergenze storico-architettoniche seppur inficiate dalle consistenti sostituzioni della ricostruzione post-bellica.
2) Colli
Il tessuto dei Colli è caratterizzato da edilizia otto-novecentesca a sviluppo “aperto”, con tipologie architettoniche prevalentemente a villa, villino e palazzina a caratterizzazione prettamente residenziale e di elevato valore storico-architettonico e ambientale
3) Piazza Brin-Vicci
Il Quartiere Umbertino, la cui polarità è costituita dalla Piazza Brin, sviluppatosi nell’ultimo decennio dell’Ottocento, si caratterizza per la presenza dell’edilizia pianificata in linea delle “case operaie” che completa la struttura ortogonale del tessuto urbano nata con l’Arsenale. Da un punto di vista funzionale, pur presentando analogie con il “mix” che caratterizza omogeneamente il Centro Storico quest’ultima unità è caratterizzata da una prevalenza residenziale, storicamente popolare. Sulla stessa parte di città gravitano i Vicci, caratterizzati da un’espansione otto-novecentesca “a risalita” sul versante collinare prevalentemente costituita da un tessuto a sviluppo edilizio aperto con tipologie a blocco e villino (storiche) e a palazzina e villino (moderne), ordito in continuità con la rete dei percorsi del tessuto storico dei Colli e a carattere pressoché esclusivamente residenziale. La crescita edilizia moderna di questa unità, attuata tra gli anni ’50 e ’60, si concentra nella fascia pedecollinare dei Vicci, con densità molto elevate e con scarsità di urbanizzazioni primarie (viabilità e parcheggi) e secondarie (verde pubblico e attrezzature collettive).
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– i tessuti sono caratterizzati da uno sviluppo edilizio aperto, costituiti da edilizia residenziale recente con tipologie prevalenti a blocco chiuso, ad elevata densità.
4) La Scorza/Fossitermi
L’unità insediativa è polarizzata sul nucleo periferico su tramato ortogonale della Scorza, che costituisce uno dei sobborghi storici della città, caratterizzato dalla commistione di funzioni residenziali, commerciali artigianali e di terziario diffusivo, e sviluppato su un tramato ortogonale che dalla dorsale (Aurelia) di fondovalle, sulla quale prevalgono tipologie in linea, si estende sulle aree collinari con una serie di percorsi di impianto e scalinate con tipologie a blocco chiuso. Nel suo complesso l’unità è costituita da un consistente sviluppo edilizio disomogeneo ad elevata densità, sia nelle aree del fondovalle, che in quelle del versante, prevalentemente attuato nel corso degli anni ‘60, in massima parte con tipologie a blocco aperto e linea. Il sovraccarico insediativo ha ripercussioni dirette sulla congestione dell’asse dell’Aurelia, unico elemento di connessione viaria con il centro, e sulla dotazione di servizi pubblici. Dal punto di vista paesistico-ambientale è rilevante la contiguità diretta della fascia urbana con le aree del versante collinare terrazzato adiacente al quartiere Ina-Casa/Gescal e con il relativo sistema ambientale delle Mura urbane, che costituisce elemento di continuità con l’ambiente extraurbano.
Tessuti di impianto con presenza di edilizia storica
– tessuti residenziali a sviluppo edilizio aperto che si sviluppano sull’andamento curvilineo del versante della collina di Gaggiola (via S. Francesco) con tipologie prevalenti in linea e a blocco chiuso
Tessuti recenti omogenei e disomogenei
– tessuti prevalentemente residenziali, anche ad elevata densità, che hanno completato, in forme più disomogenee, le aree più centrali rispetto all’Aurelia e in diretta adiacenza al nucleo storico (via Monteverdi) e progressivamente saturato, a partire dagli anni ’60, la fascia pedecollinare dell’unità (via Fontana, via di Birano, via dei Colli), con ambiti ordinati disomogenei, di tamponamento e, in forme più marginali e frammentarie, tessuti a sviluppo edilizio aperto. Le tipologie prevalenti sono quelle a blocco e in linea nel primo caso, a palazzina e villino nel secondo.
5) La Chiappa-Rebocco
L’unità si sviluppa lungo i due assi dell’Aurelia e di via Monfalcone. La centralità storica più rilevante è il borgo della Chiappa, a sviluppo in parte polarizzato, in parte lineare lungo l’Aurelia. Più episodico e frammentario il “tessuto centrale” di Rebocco, sviluppato linearmente sulla via Monfalcone e con preesistenze di matrice rurale (via Pianagrande). La morfologia insediativa è prevalentemente sviluppata sul versante Nord-Est, con un fitto tramato di tessuti a villino e palazzina, in parte di impianto storico, che si protende sul versante collinare, e lungo la fascia di pertinenza di via Monfalcone, con edilizia a blocco aperto e in linea anni ‘60-‘70. Particolarmente carente il sistema delle accessibilità e della mobilità di livello locale. Dal punto di vista paesistico-ambientale è rilevante la presenza dei percorsi di crinale secondario dell’organismo collinare extraurbano di Strà-Marinasco, in diretta connessione, attraverso l’emergenza del Guarsedo, con i tessuti urbani della Chiappa, e di quelli dell’organismo di Maggiano che si collegano ai tessuti recenti pedecollinari di Rebocco. Rilevante, altresì, il rapporto di contiguità con il sistema ambientale delle Mura urbane e la presenza di importanti attrezzature civiche (ex-Mazzini, Anfiteatro).
Tessuti di impianto con presenza di edilizia storica
– tessuti a prevalenza residenziale che si sviluppano lungo i percorsi di impianto edilizio attestanti sulla dorsale Aurelia. A sviluppo edilizio aperto, sono costituiti in prevalenza da edilizia storica a villino. Nella fascia collinare adiacente i nucleo storico della Chiappa, risulta prevalentemente costituito da villini storici e recenti e da corti.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– costituiscono le frange recenti di espansione residenziale pedecollinare e collinare nelle zone di Viano-Galere e Negrao-Cantarana, nonché le fasce pedecollinari e pianeggianti di Rebocco a ridosso della via Monfalcone, le saturazioni più recenti nelle vallette di Proffiano e Vappa. Nella zona di Viano-Galere sono costituiti da tessuti a sviluppo edilizio aperto, ambiti ordinati disomogenei e di tamponamento composti in prevalenza da villini e da palazzine. Nella zona di Negrao-Cantarana da tessuti a sviluppo aperto, ambiti di tamponamento e edilizia diffusiva di risalita sulla fascia collinare lungo la dorsale Aurelia, composti da villini e corti, in larga misura ristrutturate. Lungo via Monfalcone da ambiti ordinati disomogenei ed eterogenei e di tamponamento, composti di edifici in linea, villini e palazzine. Nella zona di Proffiano da ambiti di tamponamento costituiti in prevalenza da palazzine e villini, in quella di Vappa da ambiti di tamponamento e tessuti a sviluppo edilizio aperto composti da villini e palazzine.
6) Nucleo Urbano Centrale
L’unità è costituita dal prolungamento della maglia urbana ortogonale nata con l’Arsenale nella città storica e “proiettata” dai piani novecenteschi nella Piana di Migliarina. L’unità, completata nel corso del dopoguerra a partire dagli anni Cinquanta, si salda in modo continuo con il centro storico presentando, in particolare nella parte più vicina alla città storica (Piazza Europa – Piazzale Kennedy) lungo le dorsali di via Vittorio Veneto e viale Italia, isolati con tipologie a blocco, caratterizzati da uno sviluppo edilizio continuo ad alta densità e da destinazioni d’uso miste residenziali, commerciali e terziario-direzionali. Le principali emergenze e polarità, nate da una rilocalizzazione di funzioni centrali rispetto al centro storico, sono il nuovo Palazzo di Giustizia e la nuova sede della Questura, cui si affiancano i più recenti Centro Kennedy e Centro Commerciale e Direzionale di via Carducci-viale S.Bartolomeo). Preesistenze storiche significative sono presenti nel tessuto a maglia quadrata di “Migliarina a mare”, ordito lungo la dorsale costiera di viale S. Bartolomeo per isolati con tipologie a blocco chiuso ed edilizia di valore storico-architettonico e documentario.
7) Area IP
Coincide con il Piano d’Area IP, cui si aggiunge il nucleo storico collinare dell’Antoniana e alcune aree artigianali limitrofe
8) Valdellora
L’unità, a ridosso del “Nuovo Centro”, e a diretto contatto con lo Scalo Ferroviario, è costituita dalla centralità che si sviluppa con un tessuto storico lineare lungo l’asse di fondovalle di via Volta, attorniata da un consistente sviluppo edilizio recente, con un’urbanizzazione diffusa e morfologicamente disomogenea del versante collinare a prevalente tipologia a palazzina. Il progressivo aggravamento del carico insediativo nella fascia “alta” dell’unità ha determinato gravi carenze nella dotazione di servizi pubblici (3,3 mq/ab lo standard attuale, tra i più bassi riscontrati) e di accessibilità locale.
Tessuti recenti omogenei e disomogenei.
– costituiscono la consistente espansione verso le aree collinari, a prevalente destinazione residenziale attuata con tessuti a sviluppo edilizio aperto caratterizzati prevalentemente da tipologie a villino e a palazzina,e, nel corso del dopoguerra con ambiti ordinati disomogenei e di tamponamento in cui prevalgono tipologie a palazzina. Particolarmente elevate le densita’ edilizie nella fascia piu’ alta dell’unita’ con effetti di sovraccarico insediativo e di carente accessibilità.
9) Migliarina
Costituisce l’insediamento centrale e storicamente consolidato della Piana di Migliarina, sviluppato lungo l’Aurelia, su cui attestano a “pettine” i percorsi d’impianto edilizio secondari, e polarizzato in corrispondenza della nodalità tra le dorsali dell’Aurelia e di via del Canaletto. I limiti significativi sono l’arco ferroviario a monte, che ne taglia il nucleo storico in corrispondenza di via Buonviaggio, e il sistema degli assi di Corso Nazionale, via Prosperi, via Federici e via della Pianta, che costituiscono una sorta di circonvallazione e di confine insediativo per i tessuti orditi lungo i percorsi di impianto. Nella zona di Mazzetta, il limite è costituito dalla linea di contatto che segna la discontinuità morfotipologica dei tessuti sviluppati lungo la fascia di pertinenza lineare dell’Aurelia e il tessuto ortogonale recente del nucleo Urbano Centrale. I tessuti che la compongono sono quelli compatti del nucleo storico, quelli diffusi storicizzati dell’impianto, prevalentemente costituiti dalle espansioni a villino dei primi decenni del secolo, quelli pianificati e diffusi recenti sviluppati per saturazione delle aree interstiziali del tramato di percorsi storici e per sviluppo degli assi novecenteschi, attuato nel dopoguerra. L’impianto complessivo dell’unità è l’esito, frammentario e discontinuo, della sovrapposizione, in differenti fasi storiche, di più disegni insediativi interrotti: i percorsi princiapali della pedemontana (Aurelia) e del fondovalle principale (via del Canaletto), i tessuti di impianto (Stradone D’Oria, via Falconi, via Mozzachiodi, via Michele Rossi, via delle Grazie), gli assi della città ortogonale novecentesca la cui maglia resta incompiuta (viale Italia, corso Nazionale, il tratto di via del Canaletto presso Piazza Concordia). Le centralità che la contraddistinguono sono il nucleo storico, con le polarità costituite dalle piazze (Marcantone, S.Giovanni Battista e Concordia) e dalla chiesa, e il tessuto centrale di Mazzetta, che ha come polarità la chiesa e il complesso scolastico. Il tessuto del nucleo storico periferico è composto di edilizia storica a sviluppo lineare lungo gli assi della dorsale Aurelia (via Lungiana) di viale Italia e di via del Canaletto, con funzioni miste residenziali, commerciali e terziario-diffusive, e costituisce la parte meridionale (a valle dell’arco ferroviario) del nucleo originario del sistema territoriale della piana di Migliarina. Articolato su tre piazze-polarità (Marcantone, S. Giovanni Battista, Piazza Concordia) sviluppatesi in tempi e su disegni pianificatori diversi, esso assume il ruolo gerarchizzato di “centro storico” della città di Levante. Il tessuto è a sviluppo edilizio chiuso, costruito sull’intersezione della direttrice storica ad andamento curvilineo della pedemontana (Aurelia) con gli assi della città pianificata novecentesca (Viale Italia-Piazza Concordia-Via del Canaletto). Le tipologie architettoniche prevalenti sono la linea e la pseudolinea. Il tessuto centrale di Mazzetta è costituito da edilizia storica a sviluppo lineare lungo la dorsale dell’Aurelia, caratterizzata dalla commistione di funzioni residenziali e, in particolare per i piani terra degli edifici, commerciali. Esso costituisce il tessuto storico del quartiere di Mazzetta, la cui polarizzazione è resa significativa dalla vicinanza alla emergenza costituita dall’edificio religioso. Il tessuto fa parte dell’unità insediativa di Migliarina costituendone uno sviluppo lungo l’asse di pedemontana, all’intersezione con l’unità insediativa del nucleo urbano centrale. Il tessuto è storico a sviluppo edilizio chiuso, costituito prevalentemente da tipologie in linea. Carente la dotazione di servizi pubblici, con uno standard esistente di 6,2 mq/ab.
Tessuti di impianto con presenza di edilizia storica
– il tessuto è costituito da edilizia prevalentemente residenziale il cui impianto insediativo risale ai primi decenni del secolo, ordito lungo percorsi diramantisi dall’asse principale dell’Aurelia verso le aree centrali della Piana, come anche dagli sviluppi edilizi più marginali rispetto al nucleo storico di Migliarina lungo la stessa Aurelia. Il tessuto è a sviluppo edilizio aperto lungo gli assi di impianto (via del Canaletto, via Michele Rossi, via delle Grazie, Stradone D’Oria, via Mozzachiodi, via Falconi), costituito essenzialmente da villini e palazzine, con significative testimonianze di edilizia storica (anni Venti); a sviluppo edilizio chiuso lungo la dorsale Aurelia, dove si presenta con tipologie edilizie in linea, con minore continuità rispetto al nucleo storico.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– il tessuto è costituito prevalentemente da edilizia recente a destinazione residenziale sviluppatasi per saturazione della maglia urbana di impianto storico della Piana di Migliarina, e per occupazione progressiva degli spazi compresi tra il tracciato dell’Aurelia e l’arco ferroviario. Il tessuto, prevalentemente disomogeneo dal punto di vista morfotipologico, è complessivamente costituito da ambiti ordinati-disomogenei, ordinati eterogenei, da ambiti di tamponamento e da più frammentari tessuti a sviluppo edilizio aperto ante ’40 orditi lungo i tracciati più antichi, facenti parte del reticolo agrario della Piana (via Capraia) Sono prevalenti le tipologie a palazzina e a villino.
10) Felettino-Pieve-Favaro
Costituisce lo sviluppo vallivo dell’insediamento della Piana di Migliarina a monte dell’arco ferroviario che si articola lungo la dorsale Canaletto-Buonviaggio, asse storico in uscita verso la Val di Vara, ed ha per confini significativi l’asse ferroviario, le aree rurali collinari, il valico del Buonviaggio, l’area IP e il crinale secondario del Gavatro. I tessuti che la compongono sono quelli storici compatti del nucleo di Migliarina nella sua appendice a monte, “tagliata” dalla ferrovia, e i “tessuti centrali” di antica formazione della Pieve e del Felettino. Il tessuto di impianto di Vailunga integra l’ossatura più storicizzata dell’unità, nella quale si sono successivamente inseriti il quartiere pianificato di valore architettonico-documentario del Favaro; i tessuti diffusi di edilizia più recente che, con tramato più o meno regolare, hanno occupato la fascia pedecollinare e collinare a ridosso della dorsale; i tessuti pianificati pubblici e le lottizzazioni private (Pieve, Favaro e Montepertico), che hanno costituito le risalite insediative ad alta densità più consistenti verso il territorio collinare, ampliando la soglia di urbanizzazione con pesanti ripercussioni ambientali, sociali e paesaggistiche accompagnate da rilevanti carenze di servizi e accessibilità. Le centralità storiche sono caratterizzate dalla presenza di emergenze come la pieve protoromanica di S. Venerio e l’oratorio del Felettino, di polarità urbane come l’ospedale del Felettino, locali come i servizi sportivi della Pieve, la chiesa parrocchiale del Felettino, la scuola del Favaro e di Montepertico.
Il tessuto del nucleo storico è composto di edilizia storica a sviluppo lineare lungo gli assi delle dorsali di pedemontana (via Buonviaggio) e di fondovalle (via del Canaletto), con funzioni miste residenziali, commerciali e terziario-diffusive, e costituisce la parte settentrionale (a monte dell’arco ferroviario) del nucleo originario del sistema territoriale della piana di Migliarina. Dal punto di vista tipologico è prevalentemente a sviluppo edilizio chiuso con tipologie in linea, sviluppato dall’intersezione della direttrice storica della via Buonviaggio con la via del Canaletto, saturato, nella fascia di pertinenza interna, con un ambito di tamponamento costituito da tipologie a palazzina e a blocco. Parte del tessuto compreso tra la via del Canaletto ed il Dorgia è a sviluppo aperto e costituito da palazzine.
I tessuti centrali sono quelli del Felettino, costituito da edilizia storica polarizzata lungo il percorso matrice (via dei Pilastri) discendente dal crinale secondario (gradonata) coordinato dall’insediamento di Isola, e quello dell’insediamento lineare sull’antico tracciato di pedemontana attestante sulla Pieve protoromanica e connesso, attraverso crinali secondari, agli insediamenti di promontorio di S.Venerio e Carozzo. I tessuti sono caratterizzati da funzioni residenziali e, in particolare per i piani terra degli edifici, commerciali. Le centralità sono segnalate dalla presenza della pieve di S. Venerio e dell’antico cimitero; di un antico oratorio e dall’edificio moderno della chiesa parrocchiale al Felettino. In quest’ultimo, parte del patrimonio edilizio storico versa in condizioni di fatiscenza.
I tessuti sono storici a sviluppo edilizio chiuso, prevalentemente costituiti da tipologie a pseudoschiera e linea, ed inserti più recenti a palazzina.
Tessuti di impianto con presenza di edilizia storica
– il tessuto coincide con il “Villaggio Andreini” di Vailunga, insediamento operaio a destinazione residenziale, a bassa densità, il cui impianto originario risale agli anni ’30, organizzato su un minuto tessuto ortogonale a sviluppo edilizio aperto. E’ costituito da alcuni villini che mantengono i loro caratteri storici (i quali presentano singolari rivestimenti lapidei) e da altri recentemente ristrutturati. La morfologia è quella tipica del villino suburbano, con l’edificio al centro del lotto e l’area inedificata destinata ad orto o giardino.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– il tessuto è costituito prevalentemente da edilizia recente a carattere diffusivo, a destinazione residenziale sviluppata su una fitta rete ortogonale nella fascia pedemontana della valle del Dorgia, a monte dell’arco ferroviario, e, in forme meno strutturate, nelle zone pedecollinari del Felettino,. di Montepertico, nell’area interstiziale tra i tessuti centrali della Pieve e la ferrovia, sulle pendici della costa del Gavatro. E’ complessivamente costituito da ambiti ordinati omogenei, ordinati disomogenei, da ambiti di tamponamento e da più frammentari tessuti a sviluppo edilizio aperto ante ’40, con tipologie prevalenti a villino o a palazzina.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei in territorio collinare
– il tessuto è costituito prevalentemente da edilizia recente a carattere diffusivo a destinazione residenziale sviluppata sulle pendici collinari lungo la via Buonviaggio. in una fascia di transizione dal fondovalle urbanizzato alle aree agricole collinari, con tipologie prevalenti a palazzina e villino.
11) Canaletto-Carducci
Costituisce la fascia centrale più incompiuta e conflittuale della Piana di Migliarina, a valle dell’unità storicamente consolidata. I limiti sono il Porto; lo svincolo degli Stagnoni; il canale di Fossamastra; il sistema viabilistico Corso Nazionale-via Prosperi-via Federici – via della Pianta di circonvallazione dell’unità di Migliarina; la “linea di contatto” tra il tessuto ortogonale della città del dopoguerra (Nucleo Urbano Centrale), con il sistema insediativo storico impostato sulle “linee oblique” dei percorsi paralleli a via del Canaletto che seguono l’andamento dei tracciati poderali di bonifica, coincidente con la fascia incompiuta del Parco della Maggiolina e l’interruzione da parte di via Carducci della dorsale della Piana, via del Canaletto. Il tessuto dell’unità è identificabile come grande fascia di pertinenza dell’asse di penetrazione urbana via Carducci, prolungamento in funzione autostradale della maglia ortogonale novecentesca, ed è caratterizzato dalla presenza di insediamenti industriali storici dismessi e aree degradate prodotte dalle funzioni retroportuali che hanno invaso gran parte delle aree libere, anche interstiziali al tessuto residenziale esistente, dal sistema incompiuto dei servizi pubblici (Maggiolina, Palaspezia). La fascia compresa tra via Carducci e viale S. Bartolomeo è caratterizzata dalla presenza del tessuto centrale del Canaletto e di tessuti residenziali diffusi. Il tessuto industriale esistente ha come polarità l’insediamento della Termomeccanica. Allo svincolo degli stagnoni si affianca il sistema delle principali attrezzature urbane: il Cimitero, il Mattatoio, il depuratore. Il tessuto centrale del quartiere è costituito dall’edificazione storica attestante sull’asse costiero di viale S.Bartolomeo e lungo la dorsale di via del Canaletto, percorso storico principale della piana di Migliarina interrotto in corrispondenza della Via Carducci, che conserva la giacitura inclinata rispetto alla maglia ortogonale della città novecentesca. Lungo il viale alberato di S. Bartolomeo il tessuto è costituito prevalentemente da edilizia storica polarizzata, caratterizzata dalla commistione di funzioni residenziali, di terziario di tipo diffusivo e, in particolare per i piani terra degli edifici, commercio. Lungo la via del Canaletto, il tessuto è costituito prevalentemente da edilizia storica residenziale e da un tessuto commerciale più sporadico. Il tessuto è storico a sviluppo edilizio chiuso, costituito prevalentemente da tipologie architettoniche in linea e a blocco.
Tessuti di impianto con presenza di edilizia storica
– il tessuto è costituito dagli episodi edilizi marginali della via del Canaletto in prossimità della Maggiolina, e dal tessuto residenziale di via del Molo. In via del Canaletto il tessuto isola, all’interno di un ambito occasionale eterogeneo, due preesistenze storiche: l’edificio dei pastifici Merello e un edificio storico a blocco, mentre lungo via del Molo individua un tessuto episodico a sviluppo edilizio chiuso costituito da edifici in linea.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– il tessuto è costituito dal frammento di tessuto residenziale adiacente il Cimitero dei Boschetti e dall’edilizia residenziale a sviluppo diffuso che attesta sui percorsi di impianto interrotti da via Carducci, con orientamento parallelo alla via del Canaletto, secondo la direttrice delle bonifiche agrarie storiche. Al tessuto residenziale si giustappongono edifici a destinazione produttiva dismessi e fatiscenti, microaree abbandonate, presistenze rurali abbandonate, aree di deposito;
– è complessivamente costituito da tessuti a sviluppo edilizio aperto, da ambiti di tamponamento e da ambiti occasionali eterogenei con tipologie prevalenti in linea e a villino.
12) Pegazzano-Buggi
Il nucleo storico di Pegazzano si sviluppa su un tramato ortogonale generato dalle direttrici di via Filzi e via XV giugno in continuità morfologica con i tessuti del Quartiere Umbertino. Gli sviluppi di impianto storico si localizzano lungo il crinale della Costa di Murlo e il fondovalle dei Buggi. Le espansioni recenti sono concentrate nell’area residenziale con tipologie a palazzina lungo via XV giugno (nella fascia compresa tra lo stadio Montagna e gli ex depositi dell’artiglieria), lungo il fondovalle di Biassa e, con un tessuto a villino, sul versante tra Pegazzano e i Buggi. Rilevante elemento ambientale è costituito dal tratto di Mura urbane compreso nella fascia verde del Parco del Colombaio. Potenziale elemento di connessione con il centro urbano è costituito dal tracciato della dismessa ferrovia dell’Arsenale.
Tessuti di impianto con presenza di edilizia storica
– tessuti a prevalenza residenziale del crinale del Murlo, di via Rismondo e via Cozzani, episodio di edilizia residenziale pianificata storica prospettante su via Nazario Sauro (via Taranto, via Pisa), tessuti residenziali del fondovalle dei Buggi. Sono complessivamente costituiti da ambiti di tamponamento, tessuti a sviluppo edilizio aperto e chiuso, con tipologie edilizie in linea, a blocco e a villino.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– corrispondono con le espansioni residenziali recenti lungo il fondovalle di Biassa (via Cozzani), con le espansioni tra Pegazzano ed i Buggi ordite lungo i percorsi di mezzacosta (via S.Andrea, via S.Eutichiano). Sono costituiti da ambiti di tamponamento, ordinati omogenei e disomogenei, composti in prevalenza da edifici con tipologie a villino, palazzina e blocco.
13) Fabiano
L’unità è stata interessata da una massiccia espansione, attuata interamente nel dopoguerra, prevalentemente attraverso edilizia popolare pubblica (INA casa) ad elevata densità, con tipologie in linea e a blocco aperto, interessando con un consistente peso insediativo un’estesa porzione di versante collinare. Particolarmente gravi la carenza di servizi pubblici di quartiere (4,93 mq/ab lo standard esistente), la carenza di funzioni commerciali e le condizioni di congestione dell’accessibilità. Diffusa l’urbanizzazione di versante lungo il crinale della Lizza, con tessuti in larga parte di impianto storico a villino, consolidata da lottizzazioni recenti nei tratti più direttamente interessati dalla strada delle Cinque Terre. Dal punto di vista ambientale è importante la potenziale connessione con il nucleo storico di crinale di Fabiano Alto.
Tessuti di impianto con presenza di edilizia storica
– costituiscono i tessuti orditi lungo i percorsi pedecollinari di risalita (via Paverano, via delle Cave) e lungo le gradonate del promontorio della Lizza. Sono costituiti da tessuti a sviluppo edilizio aperto e chiuso e da ambiti ordinati disomogenei, con tipologie architettoniche prevalenti a villino e palazzina.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– corrispondono alle espansioni collinari recenti non pianificate. Sono costituiti da ambiti ordinati omogenei (via Fontanella) e disomogenei, e da tessuti recenti a sviluppo edilizio aperto (crinale della Lizza) composti in prevalenza da edifici con tipologie a villino.
14) Marola-Cadimare
L’unità insediativa del ponente è caratterizzata dalle emergenze dei due nuclei storici costieri di Marola (interessato da Programma Organico di Intervento per il recupero) e di Cadimare, dal “tessuto centrale” dell’Acquasanta, attualmente in condizioni di marginalità e degrado, e dai tessuti recenti a sviluppo aperto distribuiti linearmente lungo la strada per Portovenere. Elementi specifici dell’unità sono costituiti dalla potenziale relazione con l’affaccio costiero, storicamente limitato dalla presenza delle aree militari, e con il sistema ambientale del versante collinare, per la presenza delle rilevanti connessioni (gradonate e sentieri) con l’organismo di Campiglia.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– sono costituiti dagli sviluppi lineari in fascia pedecollinare lungo il tracciato della strada per Portovenere, a prevalenza residenziale, e si compongono di tessuti a sviluppo edilizio aperto. Le tipologie architettoniche prevalenti sono a villino e a palazzina.
15) Melara
Costituisce l’unità di connessione con la città della conurbazione che si sviluppa lungo l’Aurelia verso la Val di Magra, oltre la “soglia” del cimitero dei Boschetti. I limiti significativi sono il Cimitero e l’area del Mattatoio Civico, l’insediamento OTO, un tracciato ferroviario dismesso, l’insediamento sportivo a monte della ferrovia, e la fascia residenziale di transizione dall’area urbana a quella rurale. E’ costituita da un insediamento storico a sviluppo lineare lungo la dorsale Aurelia, cui si giustappongono, in particolare nelle fasce più interne rispetto all’Aurelia, più recenti saturazioni di edilizia residenziale diffusiva. La centralità che la caratterizza è il tessuto storico a sviluppo edilizio chiuso lungo l’Aurelia, che ha come polarità la chiesa parrocchiale, in posizione sopraelevata, e il Centro Sportivo del Levante. Il tessuto che la costituisce è composto di edilizia storica polarizzata lungo la dorsale Aurelia, con commistione di funzioni residenziali e, per i piani terra degli edifici, commerciali. Tessuto storico in parte a sviluppo edilizio chiuso, in parte a sviluppo edilizio aperto, costituito prevalentemente da tipologie architettoniche in linea e a villino.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– descrizione: edilizia recente di tipo diffusivo a prevalente destinazione residenziale, preva-lentemente costituita da ambiti ordinati omogenei e di tamponamento. Prevalenti le tipologie a villino, in alcuni casi derivanti da ristrutturazioni di preesistenti corti agricole, e a palazzina.
16) Limone
E’ parte integrante della fascia di conurbazione che rende continua, verso Est, la città con l’insediamento diffuso della Val di Magra. I limiti significativi sono il viadotto autostradale, l’asse ferroviario, il tracciato ferroviario dismesso che, con una differenza di quota altimetrica, la separa da Melara. E’ prevalentemente costituita da tessuti residenziali di tipo diffusivo che si sviluppano in parte lungo il tracciato dell’Aurelia, con edilizia a funzione mista residenziale e commerciale, in parte, con funzioni prevalentemente residenziali, secondo i percorsi di impianto che attestano sulla dorsale e che si estendono nella fascia ad essa più interna, talvolta assecondando probabili tracciati preesistenti di origine agricola. Significativa la presenza del Quartiere di edilizia residenziale pubblica di valore architettonico-documentario di via dei Pini.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– edilizia recente di tipo diffusivo a prevalente destinazione residenziale, costituita da un tessuto a sviluppo edilizio aperto nella parte attestante sull’Aurelia, da ambiti ordinati disomogenei e di tamponamento. Prevalenti le tipologie a villino e a palazzina.
17) Termo
Costituisce il lembo conclusivo del territorio comunale ad Est, in corrispondenza della sella che lo divide dalla Val di Magra, e con il quale forma una conurbazione.
I limiti significativi sono costituiti dal confine amministrativo, dal viadotto autostradale e l’asse ferroviario, che viene occasionalmente varcato dalla fascia periurbana pedecollinare (Brigola), di transizione dal territorio urbano a quello rurale. E’ prevalentemente costituita da tessuti residenziali recenti di tipo diffusivo, sviluppatisi per progressiva saturazione degli spazi della fascia di pertinenza dell’Aurelia, che ne costituisce la dorsale lineare, assecondando talora le preesistenti orditure dei percorsi di origine agricola (via Romana, via Val di Carrara). La centralità che la caratterizza è il tessuto a sviluppo edilizio aperto attestante lungo la dorsale, che ha come polarità una chiesa parrocchiale e un complesso scolastico. Significativa la presenza del Quartiere di edilizia residenziale pubblica di valore architettonico-documentario (Min.LL.PP. 1959)
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– edilizia recente di tipo diffusivo a prevalente destinazione residenziale, prevalentemente costituita da ambiti ordinati disomogenei, di tamponamento e da più frammentari tessuti a sviluppo edilizio aperto ante ’40, particolarmente in corrispondenza di percorsi di origine poderale. Prevalenti le tipologie a villino, in alcuni casi derivanti da ristrutturazioni di preesistenti corti agricole, e a palazzina.
18) Pianazze
E’ l’insediamento della parte meridionale della valle che unisce a Levante il territorio spezzino con quello della Val di Magra, compresa tra il rilevato autostradale, la fascia pedecollinare di Pitelli, il confine dell’area dei carbonili Enel e l’OTO Melara. E’ essenzialmente costituita dal territorio industriale occupato dalla centrale Enel, dalla S.Giorgio-Ocean e da un tessuto misto artigianale-industriale-commerciale, in cui è inserito un aggregato residenziale.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– il tessuto è costituito dall’insediamento abitativo delle Pianazze, a valle del viadotto autostradale, composto da funzioni residenziali, artigianali e di servizio, in diretta adiacenza con l’area Enel. Il tessuto è complessivamente costituito da un tessuto a sviluppo edilizio aperto, composto da un aggregato (di probabile origine preindustriale) di corti ristrutturate, e da più recenti villini, e da un ambito occasionale eterogeneo, a funzioni artigianali.
19) Fossamastra
Costituisce l’insediamento costiero a diretto contatto con il porto industriale e pervasivamente occupato da attività retroportuali e infrastrutture quali il carbodotto Enel, con pesanti ripercussioni sulla vita e sulla qualità ambientale dei tessuti abitativi. Coincide con il Piano d’Area del Levante ed ha per confini il porto, l’asse viabilistico di Valdilocchi, la fascia pedecollinare di Pitelli, i tessuti del versante di S. Bartolomeo. Le componenti rilevanti sono quelle delle attività di deposito containers, le aree militari interne dismesse, il polo commerciale all’ingrosso dell’ex-jutificio, il centro direzionale di Palazzo Chiolerio, le aree Inma, complessivamente interessate dalla diffusione di attività minori quali rimessaggio, cantieristica, artigianato. La condizione urbanistica è di disordine, conflittualità e precarietà. Lungo la dorsale costiera di viale S. Bartolomeo si situa il tessuto centrale dell’unità, il borgo storico di Fossamastra, attualmente in condizioni di degrado ambientale per la privazione dell’affaccio a mare e per la contiguità con il retroporto. Nell’entroterra, lungo via Pitelli, sono presenti i tessuti residenziali di Pagliari, intervallati da insediamenti militari di valore storico dismessi, attività produttive e commerciali connesse al retroporto, e l’insediamento produttivo ex-Saturnia.
Il tessuto che si identifica con il borgo costiero di Fossamastra conserva ancora alcune “resistenze” architettoniche e ambientali, ed è costituito prevalentemente da edilizia storica polarizzata lungo la dorsale di viale S. Bartolomeo, caratterizzata dalla commistione di funzioni residenziali e, in particolare per i piani terra degli edifici, commerciali, artigianali e terziarie di tipo diffusivo. La centralità rispetto all’unità insediativa di Fossamastra è segnalata, all’interno del tessuto, dalla presenza di un edificio religioso. Il tessuto è storico a sviluppo edilizio chiuso, costituito prevalentemente da tipologie architettoniche a blocco e in linea, con episodi edilizi a corte, nella fascia più interna rispetto alla dorsale.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– il tessuto è costituito dall’insediamento di Pagliari, di via della Rossa e dell’aggregato abitativo nei pressi dell’insediamento ex-Saturnia. Il tessuto è complessivamente costituito da un ambito disomogeneo (via della Rossa) e da un ambito di tamponamento composti di palazzine e villini, e da un tessuto a sviluppo edilizio aperto, sviluppato linearmente lungo via Pagliari, costituito di pseudolinee, villini e palazzine.
20) S.Bartolomeo
E’ lo sviluppo dei tessuti urbani costieri lungo il versante delle colline di Pitelli, che ha per confini il mare, le aree rurali della collina, i tessuti di Ruffino. Lo sviluppo del tessuto residenziale è articolato nella fascia di risalita collinare mediante percorsi di impianto che si diramano dalla dorsale di viale S. Bartolomeo con edilizia a carattere diffusivo, alcuni di impianto storico. Elementi emergenti all’interno dei tessuti sono gli organismi di villa. Insediamenti di livello urbano sono l’approdo turistico di Porto Lotti e il centro militare Mariperman – Saclant. Carente la dotazione di servizi pubblici, con uno standard di 0,5 mq/ab.
Tessuti di impianto con presenza di edilizia storica
– tessuti di edilizia residenziale di tipo diffuso ordita sui percorsi di risalita collinare. Costituiti da tessuti a sviluppo edilizio aperto, sono prevalentemente caratterizzati dalla presenza di tipologie a villino storiche.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei
– tessuti in parte attestanti lungo la dorsale di viale S. Bartolomeo, in parte con sviluppo sulla fascia di versante retrostante. Lungo la dorsale le funzioni sono miste residenziali e commerciali, mentre nella fascia più interna la residenza è preponderante. La tipologia urbana è articolata in tessuti a sviluppo edilizio aperto (lungo la dorsale) con tipologie a palazzina e linea, e in ambiti ordinati omogenei e disomogenei costituiti prevalentemente da villini e palazzine.
21) Ruffino
L’unità fa parte dello sviluppo costiero lineare di Levante della città, lungo la dorsale di viale S. Bartolomeo, da cui si estende, per mezzo di un percorso di impianto (via Botti), in una valletta secondaria. I confini sono, a monte il perimetro del PEEP e il limite della fascia dei tessuti di impianto, a valle le aree della cantieristica lungo viale S. Bartolomeo. I tessuti, prevalentemente residenziali, che la compongono sono di impianto con presenza di edilizia storica lungo via Botti e lungo la gradonata che congiunge l’unità con il nucleo collinare di Pitelli ; pianificati recenti quelli relativi al PEEP collinare ; pianificato di valore architettonico-documentario quello relativo ad un episodio di ediliza pubblica INA Casa su viale S. Bartolomeo. Elementi rilevanti dell’unità sono gli edifici delle caserme militari e l’edificio scolastico (Università del mare). Particolarmente carente la dotazione di standard (2,62 mq/ab.
Tessuti di impianto con presenza di edilizia storica
– il tessuto, prevalentemente residenziale, si sviluppa, a sviluppo edilizio aperto, lungo via Botti con tipologie a villino e in linea storiche
22) Muggiano
E’ l’unità di confine che conclude lo sviluppo lineare costiero della città di Levante lungo la dorsale di viale S. Bartolomeo, ed ha come limiti a monte il territorio collinare, a valle la linea di costa. E’ pressoché interamente costituita dal tessuto centrale del Muggiano, aggregato storico, polarizzato dalla presenza di una chiesa e di una piccola piazza, e attorniato da organismi di villa. Una gradonata di importanza paesistica la unisce al nucleo collinare di Pitelli. I Cantieri Navali costituiscono un elemento di rilievo urbano. Particolarmente carente lo standard per servizi pubblici esistente (4,6 mq/ab) Il tessuto centrale è a sviluppo edilizio aperto costituito prevalentemente da tipologie a villino storico e a corte nella parte che si estende sul versante collinare. Da edilizia più sporadica a villino e in linea lungo la dorsale di viale S. Bartolomeo.
23) Campiglia
Nucleo storico collinare sito sul crinale principale che divide La Spezia dalle Cinque Terre e che ha come area pertinenziale la costa di Tramonti nella zona del Persico. E’ costituito da un tessuto storico che si sviluppa linearmente secondo la dorsale costituita dal crinale.
24) Biassa
Nucleo storico collinare sito nella fascia del crinale principale che divide La Spezia dalle Cinque Terre e che ha come area pertinenziale la costa di Tramonti e gli insediamenti di Fossola, Schiara e Monesteroli. E’ costituito da un tessuto storico a sviluppo edilizio chiuso attorno al quale si è progressivamente aggregato l’insediamento fino alle aggiunte più recenti, con tipologie a villino.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei collinari
– sono tessuti ad aggregato composti essenzialmente da villini mono-bifamiliari che si estendono sul versante collinare.
25) Sommovigo
Unità insediativa costituita dalla saldatura tra il sistema dei nuclei e degli aggregati storici del crinale spezzino, quali S. Anna, Sommovigo, Contra, Ronco, Torracca, e l’urbanizzazione residenziale a carattere diffusivo sviluppatasi lungo l’Aurelia in risalita dalle frange periferiche verso la Foce.
Tessuti di impianto con presenza di edilizia storica collinari
– costituiscono il sistema storico degli insediamenti residenziali a sviluppo edilizio aperto con tipologie a villino e villa che si sviluppano lungo la dorsale Aurelia.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei collinari
– costituiscono le espansioni recenti diffusive a sviluppo edilizio aperto con tipologie a villino che si sviluppano lungo la dorsale Aurelia e lungo la dorsale paesaggistica.
26)Valdurasca
Costituita da un tessuto recente residenziale diffusivo con tipologie edilizie a villino e da preesistenze con tipologie a corte agricola.
27) Sarbia
Insediamento polarizzato sul nucleo storico di promontorio di Sarbia, e sviluppato lungo la dorsale paesaggistica del crinale principale con espansioni recenti a carattere diffusivo, e dai nuclei minori di S. Lucia e di Strà. A valle del nucleo storico è presente un insediamento residenziale pianificato recente. L’unità è connessa con una gradonata all’insediamento storico dell’Antoniana, a monte dell’area IP.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei collinari
– costituiscono le espansioni residenziali diffusive recenti lungo la direttrice della dorsale paesaggistica di crinale principale. Prevalgono tipologie a villino recenti. Sono presenti edifici colonici storici.
28) Isola
Unità coincidente con il nucleo storico di crinale di Isola, connesso mediante gradonate alla dorsale paesaggistica (crinale principale), e, in area urbana, al nucleo storico del Felettino e all’insediamento di Vailunga.
29) S. Venerio-Carozzo
Insediamento storico di crinale secondario costituito dai nuclei storici di promontorio di S. Venerio e di Carozzo, e dai tessuti recenti omogenei o disomogenei collinari che si sviluppano linearmente lungo il crinale e che collegano l’unità con Melara. Un sistema di gradonate connette l’insediamento con la dorsale paesaggistica del Parco della Collina e, attraverso il crinale secondario della Lobbia e del Gavatro, con l’insediamento storico e con i tessuti urbani della Pieve.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei collinari
– tessuti sviluppati linearmente lungo il crinale secondario che collega il nucleo di S. Venerio all’Aurelia. Costituito prevalentemente da edifici con tipologia a villino, in parte derivanti da ristrutturazioni di corti agricole.
30) Pitelli
Costituita dal principale nucleo storico di crinale di levante, strutturato su tessuti lineari a sviluppo edilizio chiuso e dalle espansioni recenti che ne occupano parti del versante. Un reticolo di gradonate collega l’insediamento con Ruffino, Muggiano sul versante costiero e con Pomara su quello interno. La dorsale paesaggistica collega il nucleo con Pagliari e con il territorio di Arcola.
Tessuti recenti omogenei o disomogenei collinari
– sviluppi spontanei e pianificati lungo il versante di Pitelli con tipologie edilizie a palazzina e a villino.

Parte III 
Processi storici di formazione delle organizzazioni territoriali

1. La formazione del sistema territoriale spezzino
1.1. Sistema delle aree di mezzacosta
Con il passaggio da un utilizzo sporadico ad uno sfruttamento intensivo con insediamenti e opere colturali dei pendii collinari ha inizio la formazione del sisteme territoriale spezzino. Gli insediamenti occupano i crinali minori dove gli abitati sono collocati a mezza costa, sempre in posizione elevata rispetto alla valle e, in qualche modo, protetti da essa. Sono sempre collegati da strade che hanno l’andamento delle curve di livello e si dispongono sui versanti opposti della valle. Il centro è sempre in posizione dominante, in un luogo dove la particolare configurazione geomorfologica, collegata alla presenza dell’acqua e all’importanza strategica del sito, ne permettano la realizzazione. Il sistema di mezzacosta dà vita ad una civiltà prevalentemente agricola, radicata al territorio dal quale ricava il suo alimento e la sua ragione di essere. E’ una civiltà intermedia che non ha ancora abbandonato il sistema dei percorsi alti di crinale e che non si è ancora proiettata completamente verso il fondovalle, dove ha fissato, da tempo, i luoghi di scambio e di contatto con le popolazioni che abitano i versanti contrapposti del bacino vallivo. Attorno alle terre alte si dispongono gli insediamenti di mezzacosta e, in basso, le aree coltivate di pedemonte, più asciutte e quelle di piano più soggette all’esondazione.
Nella rappresentazione grafica qui a lato le linee nere tratteggiate rappresentano i sistemi di mezzacosta e alcuni collegamenti trasversali. La linea nera continua indica il principale percorso che attraversa l’Appennino, destinato al ruolo di asse portante della regione dato che rappresenta la prosecuzione della rivierasca tirrenica, divenuta in età romana la strada consolare Aemilia Scauri e poi via Aurelia. Potremmo anche definirlo una linea di demarcazione fra Liguria e Toscana in quanto è più occidentale degli attraversamenti appeninici di tipo “toscano”. La tavola rappresenta gli sviluppi territoriali compresi fra il sec. XI e XIV, quando i centri vallivi di Sarzana si espandono fino a diventare centri “urbani”. Vezzano è sicuramente uno dei più importanti insediamenti della bassa Lunigiana e i suoi potenti Signori dominano su gran parte delle terre del Golfo. Essi, al culmine della loro potenza (sec. XI), possiedono tutte le colline che cingono la piana di Migliarina, fino a Carpena, Campiglia, Vesigna, Valeriano, Follo, Volastra nelle Cinque Terre, Portovenere e, verosimilmente, anche il territorio spezzino. I Signori di Vezzano si condividono il territorio con i Vescovi di Luni ed altre consorterie feudali derivate dallo smembramento del ceppo Obertengo che dominano sul crinale costiero della Liguria orientale spesso legati al vescovo di Genova.
 

TAV. C.3 – SISTEMA DELLE AREE DI MEZZACOSTA

1.2. Pievi e nuclei collinari

L’ordinamento ecclesiastico del territorio rappresentato dagli insediamenti plebani e dalle abbazie ci aiuta a comprendere meglio la fisionomia dei luoghi. Già in questa fase si può leggere una suddivisione in organismi elementari, o ambiti, del territorio spezzino:
– la pieve di Santo Stefano di Marinasco negli estimi quattrocenteschi aveva sottoposte, fra le altre: la cappella di Pegazzano, costruita intorno al 1348; la cappella di Sant’Andrea di Fabiano; di Sant’Antonio di Paveraria, identificata con la chiesetta posta nella località di Tramonti di Biassa; la chiesa di San Martino di Biassa (Estimi del 1296/97); le chiese di S.Niccolò di Carpena (Estimi del 1296/97); di Santa Caterina di Campiglia, di cui si hanno notizie a partire dal 1326; la cappella della Spezia, dal 1371 al 1434; e la chiesa di San Vito di Marola (Estimi del 1276). Come si può notare la pieve di Marinasco estendeva la sua giurisdizione sulla parte occidentale del sistema spezzino, corrispondente alla spalla calcarea del crinale delle Cinque Terre;
– la pieve di San Venerio (1149) che soltanto negli estimi quattrocenteschi aveva sottoposti l’Ospedale di San Giovanni di Migliarina e la chiesa dei SS.Giacomo e Cristoforo di Isola. La pieve estese la sua giurisdizione sulla parte orientale del Golfo appartenente ai consorti di Vezzano;
– la Pieve di Arcola aveva sotto di sé l’Ospedale di “Centum clavibus” intitolato a San Bartolomeo che sorgeva lungo il mare. Il culto del santo venne trasportato nella chiesa del soprastante borgo di Pitelli. La pieve estendeva la sua giurisdizione sulle colline meridionali del territorio comunale, un tempo possedute da Arcola, estesa corte degli Obertenghi Massa Corsica.
Esisteva nell’isola del Tino un monastero di fondazione obertenga de-dicato a S.Venerio che aveva proprietà lungo le coste del Golfo e possedeva la chiesa di Sant’Andrea di Fabiano che contese lungamente, nel sec. XIII, al Vescovo di Luni, al quale venne assegnata per sentenza arbitrale. Anche la chiesa di San Vito fu costruita dagli uomini di Marola per decreto del vescovo di Luni su un terreno rivendicato dall’abbazia. Il territorio del comune della Spezia ha una duplice fisionomia che oggi si riconosce appena. La città contemporanea ha occupato tutta la parte pianeggiante dell’estremità settentrionale del Golfo e gran parte del territorio collinare riducendo il residuo ad una vasta pertinenza suburbana. In realtà sotto la pelle di questo comprensorio si leggono ancora i sistemi che hanno prodotto la formazione della città antica, riconoscibili attraverso la morfologia territoriale e la toponomastica già presente negli scritti medievali.
Nell’atto conclusivo della guerra dei Fieschi contro Genova, stilato nel 1276, Nicolò vendeva alla Repubblica per 25 mila lire tutti i diritti che aveva in Portovenere, Marola, e pertinenze (….) e poi Carpena, Manarola, Volastra, Montenero, Biassa, Fabiano, Pozzo, Pegazzano, il Montale, il Debbio, Montetenero, la Codeglia, tutta la Spezia, il castello ed il monte di Vesigna, Maggiano, la Lama, Vissegi, la Foce, la Torracca, Guerzedo, Isola, Valeriano, Vezzano (…) e molte altre terre.
 

TAV. C.4 – PIEVI E NUCLEI COLLINARI

1.3. Il sistema dei centri e delle polarità

Lo sviluppo tracciato nel paragrafo precedente è quello della formazione dei poli territoriali di valle o di costa che porta con sè un ulteriore scatto verso la conquista delle aree pianeggianti dove si formano dei centri specializzati, con mansione di mercato, destinati a diventare città.
Nel 1343 Simone Boccanegra, doge di Genova, sancisce la costituzione della nuova Podesteria staccando, da quella più antica di Carpena, le uni-versità di Spezia, Vesigna, Isola, Follo, Tivegna, Valeriano, Bastremoli. Nel 1371, nella chiesa di Santa Maria, i sindaci delle podesterie di Carpena e della Spezia ratificano l’unione delle due giurisdizioni sotto un unico Po-destà che avrà la sua sede alla Spezia. La città diventò, in questo modo, ca-poluogo di un territorio ben radicato nelle colline. Tale estensione rimase, sia pure con variazioni di confine, fino al secolo XIX. Esso rappresentava la pertinenza della città, il suo “contado”. Alla Spezia, per la sua collocazione territoriale, fu riconosciuto anche un ruolo comprensoriale, quando vi fu istituita la dogana del sale bianco (1371) e, sempre nel secolo XVI, quando divenne sede di Capitanato.
Il taglio diagonale dell’antica strada che collega la bassa val di Magra e Sarzana con Sestri Levante, ripercorrendo in parte la dorsale del monte di San Nicola attraverso il passo del Bracco, divide in due settori il territorio della val di Vara. La parte sud-occidentale comprende la costa da Sestri Levante a Portovenere, la mezzacosta destra della Vara per Carrodano e Riccò, la dorsale che separa la bassa val di Magra dal Golfo e il nucleo spezzino. In esso si collocano centri che hanno svolto un ruolo notevole nel contesto territoriale della Liguria di levante: primo fra tutti Levanto che formava il confine settentrionale del territorio spezzino; quindi Vezzano ad oriente che comprenderà, nel mandamento del 1848, anche Follo e Tivegna, già appartenute alla podesteria di Spezia. A sud-est, infine, il territorio della città era delimitato dalle pertinenze di Lerici e Portovenere.
Il ruolo del nodo spezzino traspare nelle controversie viarie del secolo XVII, quando la Repubblica di Genova impianta l’asse viario che collega l’antica strada del Bracco, un tratto della strada che, per Spezia, Riccò e Pignone conduceva a Genova. I due sistemi viari avevano finalità diverse: il primo collegava direttamente Sestri Levante con Sarzana senza passare per Spezia, utilizzato dai postieri lombardi che in quel modo raggiungevano più direttamente la bassa valle della Magra e la Toscana; il secondo (anch’esso strada di posta), rappresentava lo spostamento verso levante di un’antica viabilità costiera. L’intervento della Repubblica di Genova si prefiggeva di creare un’alternativa, tutta ligure, alla strada principale del Levante, ancorandola alla città della Spezia e lasciando cadere sia il tracciato costiero che quello interno, collegante Padivarma con Sarzana attraverso Ceparana, Albiano e Santo Stefano. Questo tracciato, ripreso ed ammodernato dai francesi e piemontesi divenne la strada principale da Genova per la Toscana e rimase tale fino al secondo dopoguerra, quando venne costruito il ponte di Padivarma ed il collegamento con Piano di Madrignano, ripristinando l’antica direttrice Sestri-Brugnato-Sarzana.
 

TAV. C.5 – SISTEMA DEI CENTRI E DELLE POLARITA’

 

1.4. Gli impianti militari del golfo

All’inizio del secolo XVII il territorio del golfo cominciò ad acquistare il ruolo di interesse militare che ne accompagnerà gli sviluppi futuri. Genova, per contrapporsi alle mire espansionistiche spagnole, vedeva nella Spezia una base d’appoggio per raggiungere il centro Europa e a tal scopo mise a punto un progetto per ampliarnee la difesa del golfo dove già si trovavano i castelli di Lerici, Portovenere, Spezia e il forte di Santa Maria. A queste fortezze si aggiunsero: il forte di San Gerolamo, fra Cadimare e Marola (1606); la torre di sant’Andrea del Pezzino, fra il seno di Panigaglia e il seno delle Grazie (1606/1607); la torre di san Giovanni sullo scoglio della Scola; il forte dell’ Ocapelata sul promontorio di Santa Teresa presso la bocca orientale del Golfo, dove, nel 1720, sarà costruito il lazzareto. Di fatto le tre sporgenze di Santa Maria, del Varignano e del Pezzino, contrapposte alla punta di Santa Teres, formavano uno sbarramento formidabile per chi vo-lesse accedere al golfo, difeso dalla Spezia, con il castello di San Giorgio. Tale sistema fu ancora potenziato nel secolo XVII, quando vennero costruite una batteria sotto la seicentesca torre del Pezzino e sotto il forte di santa Teresa, in modo che potessero incrociare quelle del forte dirimpettaio di santa Maria, impedendo l’accesso delle navi alle acque interne.
Oggi, quella linea, si materializza nella la scogliera della diga foranea costruita sul finire dell’800 per consentire al golfo di accogliere i vascelli. Ciò accadeva già dal secolo XVI quando la flotta francese (1533,1538) e la flotta imperiale spagnola (1541) vi trovarono riparo. L’interesse di forti-ficare la piazzaforte della Spezia continuò nel 1794 (costruzione della batteria di san Bartolomeo, di Maralunga, di san Pietro e san Francesco a Portovenere, di Pozzale e Scola alla Palmaria) nel 1798 (fu costruita la nuova batteria dei Cappuccini, sul promontorio che divide la Spezia dalla piana di Migliarina). A seguito del decreto napoleonico del 1808 che dichiarava il Golfo porto militare, Spezia divenne sede di Prefettura degli Appennini, ma il progetto napoleonico più che al sito della Spezia pensava al seno della Castagna, dove intendeva realizzare una città e un porto militare. Nel 1815 la Liguria fu annessa al regno di Sardegna e Spezia divenne capoluogo di “intendenza del Levante”. Come sottoprefettura ad essa erano soggetti i mandamenti di Levanto, Godano, Vezzano, Lerici e Sarzana che coprivano quasi tutta l’attuale provincia. Nel 1823 si aprì la strada di collegamento fra Piemonte e Toscana che aggirò il colle dei Cappuccini. La città divenne sede del soggiorno dei reali piemontesi e, nel 1857, vi fu trasferita la marina Militare. Inizia qui il periodo di espansione della città collegato alla costruzione dell’Arsenale.
La costruzione dell’ Arsenale, ad opera di Domenico Chiodo, che durò fino al 1870, portò con sé anche un potenziamento dell’apparato difensivo collinare e, con esso, il sistema impositivo delle servitù militari. Nel 1889 venne costruita la cinta di sicurezza che ancora oggi si individua sulle colline poste a nord e ad oriente della città. Nello stesso periodo fu potenziato anche il sistema di difesa territoriale che, dal secolo XVII, aveva iniziato a proteggere il Golfo.

TAV. C.6 – GLI IMPIANTI MILITARI DEL GOLFO

1.5. L’organismo urbano di fondazione

Un atto del 1071 nomina un luogo chiamato Spezia. L’abitato sembra essere soltanto una modesta appendice rivierasca del castello di Vesigna, luogo situato sulle pendici del monte Castellazzo, oggi noto soltanto come toponimo. Verso la metà del 1200 Vesigna e Spezia si unirono e quest’ ultima, per la sua collocazione costiera, si configurò ben presto come stazio-ne commerciale e marittima. La produzione del sale doveva essere uno dei motivi che avevano indotto gli abitanti a stanziarsi presso la costa, un luogo ancora in gran parte paludoso. L’estremità del Poggio è il terminale di quella lunga infilata di “selle” che allineano gli insediamenti di San Benedetto, Riccò, Pignone, Casale, Carro, Carrodano.
Nella seconda metà del ‘200, i Fieschi, nel tentativo di ricostruire l’antico dominio feudale del levante, acquistarono dai signori di Carpena il piccolo borgo di Spezia e ne fecero la loro roccaforte, iniziando, nel 1262 la costruzione di quello che sarà il castello di San Giorgio. La città venne elevata al rango di Podesteria nel 1343; essa comprendeva le terre di Spezia, Vesigna, Tivegna, Isola, Follo, Valeriano e Bastremoli. Per scopi difensivi, nel XIV secolo inizia la costruzione della fortificazione sul crinale che conduce a Castellazzo e Sarbia, nel punto della sua biforcazione, verso il Poggio e la Fondega, sito collocato ad occidente del promontorio che sarà in seguito occupato dalla batteria dei Cappuccini. La Bastia, collegata con le fortificazioni del Poggio sbarrava l’accesso alla città e alla riva del mare, sede delle attività mercantili. Alle vicende della Bastia sembra essere collegata la storia di un’arsenale che, in un documento del 1539, risulta essere distrutto. I sindaci della Spezia, lamentando lo stato rovinoso delle mura, chiedono di poter utilizzare il materiale proveniente dall’Arsenale per poterle restaurare. Nel 1371 le Podesterie della Spezia e di Carpena si riunirono in una sola, assumendo il nome della Spezia. Sempre nel 1371 risulta in costruzione la cinta muraria della città. Il ponte del Canale di Piazza segnava il limite settentrionale della città, tanto da essere sormontato dalle nuove fortificazioni. La chiesa di santa Maria si trovava fuori delle mura, ma abbastanza prossima ad esse da rappresentare un pericolo per l’incolumità degli abitanti in caso di assedio, infatti, poteva essere utilizzata dai nemici come fortezza e arma di offesa. Nel 1434 la chiesa fu eretta in parrocchia e nel 1436, quando Spezia fu assalita dalle compagnie di ventura del Piccinino, venne abbattuta per i motivi anzidetti. Nel 1437 una petizione spezzina chiede al doge Fregoso una immunità fiscale decennale al fine di poter riedificare la chiesa all’interno delle mura. Spezia divenne sede di capitanato nel secolo XVI e, nel 1576, di vicariato per l’amministrazione della giustizia.
Nel primo decennio del 1600 fu iniziata l’edificazione del castello di San Giorgio, a pianta quadrata con bastioni angolari, in ampliamento della fortificazione preesistente. Nel 1607 venne ampliata e ristrutturata la cortina muraria, a partire dal bastione di porta Biassa, delimitando l’organismo urbano medievale nella sua fase conclusiva, così come è documentata nelle planimetrie precedenti gli interventi piemontesi del secolo scorso.
 

TAV. C.7 – ORGANISMO URBANO DI FONDAZIONE

1.6. La città murata

Numerosi documenti del periodo immediatamente precedente la costruzione dell’Arsenale illustrano una città chiusa nelle mura, posta al bordo orientale di una piana solcata dal torrente Lagora. La riva del mare si trovava in posizione più interna rispetto ad oggi e la collina dei Cappuccini divideva nettamente la città dalla piana di Migliarina. Prima dell’intervento fieschino della metà del secolo XIII il nucleo della Spezia doveva essere un punto forte sulla costa, ed è probabile che le aree pianeggianti di Migliarina (che risultano in questa fase distaccate dagli sviluppi di Spezia e del Lagora) fossero in età romana già bonificate e coltivate. Per il momento limitiamoci alla constatazione verosimile di estese aree paludose a seguito dell’abban-dono delle aree pianeggianti. Spezia si svilupperà ai piedi della dorsale che separa il Lagora dal Dorgia, verso occidente, protetta dal colle che verrà fortificato con la Bastia, sul pedemonte, dove correva una strada rivierasca che, dopo aver aggirato il colle dei Cappuccini, piegava verso nord risalendo la Foce. Le planimetrie della città settecentesca e ottocentesca evidenziano che: a) l’esistenza di un nucleo arroccato sotto il castello di san Giorgio di cui si leggono almeno due fasi di costruzione; b) l’esistenza, all’interno del perimetro edificato, di un ulteriore nucleo formato da isolati lunghi e stretti, orientati diagonalmente rispetto all’andamento delle mura quattrocentesche e seicentesche, confermato anche dalla disposizione a ventaglio delle strade ad occidente di via del Torretto.
E’ probabile che la città fieschina si componesse di due elementi: di una fortezza e di un borgo. Nel secolo XIV la città fu cinta di mura che delimitavano un rettangolo di ml 38 circa per 16/18 ml, lasciando all’esterno la chiesa di S. Maria e includendo il canale di piazza che divideva in due l’area della città, a ponente della via del Prione. Un ulteriore ampliamento delle mura si verifica nel secolo XV quando viene inclusa la chiesa parrocchiale di Santa Maria. Un successivo ampliamento seicentesco conclude lo sviluppo dell’organismo urbano. L’andamento delle vie del centro aveva due orientamenti, uno nord/sud, rappresentato dall’attuale via Prione, ed uno est/ovest, con due direzioni: verso Biassa e verso Fabiano, dove incontrava la rivierasca proveniente da Portovenere fiancheggiante la sponda destra della palude del Lagora.
In sintesi, nel tessuto antico, ancora leggibile in una mappa catastale della prima metà del secolo, si riconoscono almeno due orientamenti del tessuto urbano: il primo segue le curve di livello del colle fortificato, chiamato il Poggio, il secondo si sviluppa completamente in piano ed ha una struttura morfologica da città di fondazione, con lotti stretti e lunghi orientati secondo un andamento est/ovest. Questi due nuclei sono stati successivamente inglobati all’interno di una cinta muraria unica già alla metà del secolo XIV, successivamente ampliata ed ammodernata, come attesta l’iconografia settecentesca che mostra un organismo urbano completo e articolato. Purtroppo le distruzioni dell’ultima guerra hanno compromesso quasi completamente ogni possibilità di lettura, che rimane affidata soltanto alla ricognizione cartografica.
 

TAV. C.8 – LA CITTA’ MURATA

1.7. Il periodo dal 1850 al 1880

La documentazione cartografica relativa alla costruzione dell’Arsenale, al piano del 1862 e successivi, ci permette di delineare gli sviluppi della forma urbana della Spezia. Il sistema della fase precedente viene inglobato nel progetto di ristrutturazione di tutta la piana compresa fra la collina dei Cappuccini ed il convento dei Francescani. Nuovi vincoli vengono imposti allo sviluppo dell’abitato che vede sempre prevalere la direzione NO/SW sulla sua perpendicolare. La costruzione dell’Arsenale Militare, delimitò lo sviluppo della la città verso ponente e l’antico collegamento per Portovenere, quasi rivierasco, fu trasportato più a nord in corrispondenza dell’odierno viale Garibaldi. Questo asse, chiamato Via Militare, divise in due settori la piana del Lagora: a sud l’Arsenale e la città antica; a nord la piazza d’Armi e Piandarana. Il torrente Lagora venne rettificato e trasformato nel grande fossato che cinge tutto l’impianto militare: l’Arsenale vero e proprio e la piazza d’armi con l’ospedale. Verso est, un lungo viale, che terminava contro il prospetto della Caserma del XXI Reggimento di Fanteria separava, in senso longitudinale, la città dall’Arsenale, fiancheg-giando il Lagora. I piani prevedevano sostanzialmente le aggiunte di due quartieri: uno a nord, compreso fra la via Militare e le mura settentrionali dell’antica città e l’altro verso il mare, sotto il colle dei Cappuccini. Gli assi di questi sviluppi furono via Cavour e via Chiodo; (quest’ultima costruita per prima rappresentava il legame fra la città e l’Arsenale). Via Chiodo si apriva con la piazza omonima, concepita in funzione dell’accesso principale all’infrastruttura militare, e si chiudeva contro la facciata del Politeama Duca di Genova, costruito nel 1880, su progetto dell’architetto Pontremoli. Via, piazza porticata, edifici speciali, porta Centrale dell’Arsenale, con i due massicci torrioni laterali, e Politeama rappresentavano un organismo unitario, secondo i modelli dell’urbanistica ottocentesca.
Il piano del 1862 progettava, dopo via Da Passano, un quartiere importante, con l’inserimento di un grande edificio religioso, prospiciente su una piazza aperta verso la marina che il piano del 1870 modificò e ridusse. Bisogna pensare che il mare, ancora nel 1840, giungeva alle spalle dell’odierna sede del Banco di Napoli e che tutta la parte della città e dei giardini, fra via Don Minzoni e viale Italia, è stata sottratta al mare attraverso opere di riempimento completate negli anni successivi. Una mappa catastale del 1874 mostra, fra l’altro, il progressivo ampliamento del fronte a mare, fra la foce del Lagora e il convento dei Cappuccini, che secondo il progetto iniziale dell’Arsenale doveva servire come banchina del porto mercantile.
Lo sviluppo della città intorno al 1880 aveva stabilmente occupato tutto il settore ad occidente di via Da Passano fino a viale Amendola consolidandosi a nord fino a via Rosselli mentre le rimanenti zone non erano ancora completate. La prospettiva di via Chiodo era delimitata dalla nuova costruzione del Politeama, sul luogo dell’attuale Piazza Verdi, e le polarità principali della città, la piazza Civica e la Cattedrale, si collocavano in posizione mediana rispetto alle nuove espansioni.
 

TAV. C.9 – PRIMO PERIODO DAL 1850 AL 1880

1.8. Il periodo tra il 1880 e il 1900

L’espansione della città novecentesca occupava tutta la piana compresa fra viale Amendola e la pedemontana, completando gran parte delle superfici di lottizzazione previste dal piano del 1870 con la via Cavour che costituisce l’asse principale della nuova città. A partire da via Chiodo, procedendo verso nord, si attraversano: l’antico nucleo; la piazza del Mercato; la zona delle palazzine di via di Monale; via dei Mille; il quartiere operaio; le ultime espansioni a ridosso della ferrovia completate nel primo decennio del ‘900. La città può così essere scomposta in quattro quartieri: uno di levante, a ridosso del colle dei Cappuccini, con la piazza del Politeama; uno centrale con la piazza Civica e la Cattedrale di S. Maria Assunta; uno intermedio, organizzato su via Garibaldi con la chiesa di S. Maria della Neve, che da asse di confine diventa asse di sistema; e l’ultimo accentrato su piazza Brin. Questa espansione della città chiude la seconda fase di formazione dell’organismo urbano, fortemente direzionato verso nord. Gli sviluppi successivi sono già presenti in nuce in questa fase; si pensi, infatti, all’apertura di viale Umberto I e alla costruzione delle prime case di Migliarina intorno al 1887. In questa fase si accentua maggiormente la tendenza della città verso un uso sistematico della “casa in linea”. Il tipo edilizio della fase precedente, il “palazzo”, non viene più usato se non per gli edifici prospicienti piazza Brin e per il completamento di via Chiodo. Accentuandosi la richiesta di alloggi, legata alla presenza dell’Arsenale, la nuova espansione della città è costituita da un tipo edilizio più intensivo, sia nelle case prospicienti le strade principali, sia nelle espansioni più interne.
Possiamo dire che il tono un po’ aulico e convenzionale di via Chiodo lo troviamo nella città compresa fra la piazza del Mercato e la via Militare, mentre al di sopra ci troviamo di fronte ad un linguaggio essenziale con le pareti degli edifici scandite dal solo ritmo delle aperture. Il “palazzo” viene sostituito da “palazzine” affiancate ed intervallate da un corpo basso avente il duplice scopo di mantenere, sul filo stradale, la continuità dei negozi e, contemporaneamente, permettere l’affaccio degli appartamenti su tutti i lati della costruzione. La formazione dei tessuti di palazzine avviene occupando in un primo tempo i quattro angoli dell’isolato, nell’ordine prima quelli sulle strade principali e poi gli altri due; lo spazio rimanente viene intasato, in seguito, con interventi spesso discontinui.
L’organizzazione del quartiere operaio è invece più sistematica, essendo stato realizzato su progetto unitario, dal marzo 1886 al maggio 1890. La distribuzione planimetrica delle “case in linea” segue il lato maggiore degli isolati alternando case – spazio corte – case e, poi, strada, per ripetersi con lo stesso ritmo nell’isolato seguente secondo una tipologia che è già presente nel tessuto edilizio spezzino. Fra le due stecche composte di elementi di linea di ml. 10 x 19, si interpone uno spazio ad uso collettivo con i lavatoi. I lati minori degli isolati non sono edificati anche se, in alcuni casi negli anni seguenti, vengono intasati generando, in questo modo, delle “corti” chiuse. Questo accade principalmente lungo i percorsi più importanti che, in qualche modo, polarizzano il tessuto edilizio uniformando le facciate.
 

TAV. C.10 – IL SECONDO PERIODO DAL 1880 AL 1990

1.9. Il centro storico e le sue espansioni

In questo periodo si consolida l’organismo urbano ottocentesco della piana del Lagora sia per l’intasamento dei lotti inedificati della fase precedente, sia per l’occupazione della collina di San Giorgio, a valle della cinta muraria ottocentesca. Il pendio fu lottizzato mediante una maglia di gradonate che seguivano la linea di massima pendenza del terreno, riprendendo le direttrici ottocentesche della città, come le scalinate Spallanzani e della Cernaia e di due strade di mezzacosta, via XX Settembre completata negli anni ’20 e via XXVII Marzo, costruita fra il 1925-32.
La configurazione ad elle della piana, rimasta libera dall’intervento militare, portò con sé due direzioni obbligate di sviluppo urbano: una verso settentrione, dove si costruì il quartiere operaio ed una verso levante, ostacolata parzialmente dal colle dei Cappuccini. Fu così che nel 1886 il Vescovo di Luni costituì due nuove parrocchie: una nella piazza Umberto I° ed una nel quartiere di levante, elevando il grado della chiesa dedicata ai Santi Giacomo ed Agostino. Al polo principale del sistema, che rimase ancora quello antico si aggiunsero quindi le nuove polarità descritte.
La Spezia era stata cinta di mura alla fine del secolo scorso e la ferrovia con i suoi rilevati, segnava il limite dei quartieri settentrionali, separando l’abitato dalla campagna. Mentre il Comune progettava le espansioni verso levante, in questo settore della città si svilupparono i quartieri di Pegazzano, Rebocco, Scorza, Vicci e Chiappa. Pegazzano venne costruito su una lot-tizzazione risalente ai primi del ‘900, ai piedi della collina, fra il torrente Biassa e le mura ottocentesche della città. Rebocco si sviluppò ad occidente del tracciato rettificato del Torrente Colombaro, ai piedi della costa di Murlo e del Vignale. L’area venne attraversata dal raddoppio della linea ferroviaria per Genova che ne condizionò lo sviluppo. Il quartiere della Scorza, prese il nome da una cappella che esisteva lungo la strada per Genova, ai piedi della collina che separa il bacino di Fossitermi da quello di Via dello Zampino, essa fu abbattuta durante la costruzione del quartiere operaio Umberto I° e il suo nome fu trasmesso alla chiesa parrocchiale di Piazza Brin. Il nuovo insediamento si sviluppò, a nord del sottopasso ferroviario, su una maglia ortogonale di tipo ottocentesco.
Alle spalle della nuova stazione progredì il quartiere dello Zampino iniziato con le costruzioni ottocentesche dei Vicci e proseguito con l’impianto di Via Carso e Via Podgora.
A nord della cinta muraria ottocentesca, che attraversava in senso longitudinale tutta la collina di Gaggiola, lungo la strada che conduceva a Genova, si formò l’abitato esterno della Chiappa con la chiesa di San Bernardo.
Il primo ventennio del ‘900 è caratterizzato dall’attardarsi di un linguaggio tipico, per le grandi città, della seconda metà dell’Ottocento. Le palazzine dell’espansione dei Vicci appartengono ancora al tipo della buona costruzione borghese, che si può ricondurre alle prime fasi di espansione del nucleo urbano, caratterizzate, come sono, dall’uso dell’ordine più o meno stereotipato, quasi ad indicare l’estrazione sociale di chi le abita.
 

TAV. C.11A – IL CENTRO STORICO E LE SUE ESPANSIONI

1.10. La piana di Migliarina

Intorno al 1900, con l’intensificarsi dell’attività portuale, l’interesse si concentrò intorno alle zone di viale S.Bartolomeo e Migliarina, chiamando così in causa una polarità esterna all’organismo urbano che nel giro di mezzo secolo porterà la città alle soglie dello sviluppo attuale. La piana di Migliarina appare nella cartografia I.G.M. dei primi del secolo (1877-1904) intensamente bonificata per la necessità di drenare le numerose acque che in essa confluiscono. Si può dire che la lottizzazione agricola della piana fosse scandita dal ritmo intenso dei canali, lievemente orientati in senso NE/SW, secondo l’andamento della Dorgia Vecchia e della via del Canaletto. Nella fascia pedecollinare, più asciutta, là dove il torrente sfociava, dopo essere disceso dalle pendici del monte Albano, si stava formando l’abitato di Migliarina, già noto nel ‘500 come discesa a valle di Isola.
La linea ferroviaria realizzata nel 1874, con un primo scalo a Valdellora (che svolse servizio passeggeri fino al 1887 venne aperta la stazione centrale), costituì con il suo rilevato una sorta di linea di confine tra urbano ed extraurbano. Nel 1892 venne completato il collegamento Parma-La Spezia che aumentò le potenzialità del nodo spezzino, aprendolo maggiormente ai passi appenninici nord orientali ed alla Lunigiana interna. Negli anni ’80 vennero trasferiti ai Boschetti, sulle colline poste al confine fra la piana di Migliarina e quella di Melara, il cimitero e i macelli. La nuova collocazione è chiaramente antipolare rispetto agli sviluppi urbani che continuano anche nelle vicinanze della città antica con l’occupazione del colle di San Cipriano, dove fra il 1904 e il 1908, venne costruito il nuovo ospedale. Questo colle, assieme a quello dei Cappuccini, delimita il bacino imbrifero dell’Ora, da cui via Valdellora e di via Volta, dove erano state costruite, nel 1867, l’Officina del gas (oggi ACAM) e, nel 1899, la prima Officina elettrica per la produzione della forza motrice destinata alla rete dell’illuminazione pubblica. Dal 1890 s’inserisce la vicenda del porto mercantile che occupa la costa a valle di San Cipriano, con la realizzazione del primo molo e il suo collegamento con la ferrovia che allora passava sul bordo di levante del colle stesso. Questo tracciato venne smantellato per non ostacolare lo sviluppo verso Migliarina e sostituito con il ramo realizzato presso via del Molo, dove si colloca il confine fra le nuove espansioni edilizie e quelle industriali. La linea ferroviaria portuale con successivi sviluppi che si protrarranno anche oltre gli anni ’30, finirà col separare città e costa addossandosi al viale San Bartolomeo, eliminando l’affaccio al mare degli spezzini.
Fra il 1877 ed il 1904 venne rettificato il tracciato della Fossa Mastra agli Stagnoni e fu realizzata la strada militare che lo fiancheggia per raggiungere il Bersaglio. Su questo asse, ancora oggi attivo e cruciale per la sua posizione, si imposterà, nella prima metà del secolo, l’edificato industriale della Vikers Terni, e negli anni ’60, la Centrale dell’ENEL. Si determina così, già in questo periodo la coppia di assi, via del Molo – via Valdilocchi, destinata a diventare l’acceso di levante alla piana della Spezia, dopo l’apertura del raccordo autostradale degli Stgnoni.
 

TAV. C.11B – LA PIANA DI MIGLIARINA

2. I piani urbanistici della città

2.1. I piani del primo Novecento
La ricostruzione della vicenda della piani-ficazione nel corso del Novecento contribui-sce a fornire un significativo quadro storico dei processi di trasformazione della città
Il primo Piano Regolatore novecentesco della città è il “Piano Farina” del 1904. Tale strumento, nel contesto storico della prima industrializzazione, segnata principalmente dall’affermazione del Porto Mercantile, disegnava l’urbanizzazione della Piana di Migliarina attraverso la riproposizione della maglia ortogonale caratteristica delle prime espansioni ottocentesche del nucleo storico.
Con la “proiezione” sulla piana dello schema urbano a scacchiera, attuato con il prolungamento degli assi viari dell’impianto ottocentesco, connessi alla città preesistente attraverso il previsto spianamento del Colle dei Cappuccini, il piano si caratterizza come tipico strumento di “ampliamento, allinea-mento, risanamento”, secondo l’orienta-mento dettato della L. 2395/1865.
Il Piano è contraddistinto dal disegno dell’impianto viario e lottizzativo e delle aree pubbliche con una sostanziale commistione di funzioni e l’indicazione degli elementi ordinatori della morfologia edilizia, sotto il profilo funzionale, esso individua le aree del nuovo Porto Mercantile e l’impianto generatore della nuova città residenziale e pubblica della piana. L’abitato di Migliarina fu esaminato in modo sommario e Farina tracciò soltanto il nodo che, con il Piano del 39, diventerà Piazza Concordia. Nel 1902 vennero realizzate le prime reti di trasporto pubblico: le tramvie, la cui rimessa fu costruita qualche tempo dopo nella piana di Migliarina, secondo l’orientamento del tessuto a scacchiera. Nel mezzo di questa fase si colloca la parentesi della guerra ed i principali lineamenti del piano Farina prenderanno corpo soltanto dopo il 1920.
Al Piano Farina succede il PRG del ’32, redatto dal Gruppo Urbanisti Romani sotto la guida di Luigi Piccinato.
Le mutate condizioni socioeconomiche e insediative vedono il progressivo affermarsi delle attività industriali nella Piana di Migliarina, che tendono ad insediarsi in forme pressoché spontanee, spesso adattandosi all’orditura dei percorsi agricoli preesistenti. L’avvio delle prime lottizzazioni residenziali “a villino” sugli assi di impianto edilizio dell’Aurelia e dell’edificazione degli isolati a blocco su maglia ortogonale nella fascia costiera di “Migliarina a Mare”, l’espansione produttiva e insediativa del porto mercantile sono gli elementi che costituiscono il quadro delle trasformazioni in atto.
Le innovazioni metodologiche introdotte dallo strumento, che presenta alcuni degli elementi caratterizzanti le prime esperienze pianficatorie dell’urbanistica razionalista italiana, sono espresse da una più evidente articolazione della disciplina funzionale della città, attraverso la tecnica della pianificazione zonizzativa. Se dal punto di vista del disegno morfologico il piano eredita e sviluppa alcuni elementi del “modello ortogonale” del Piano Farina, da quello della disciplina funzionale e della disciplina tipologica dei tessuti residenziali, lo strumento si colloca tra i più avanzati dell’epoca. Gli aspetti insediativi che ne connotano la struttura sono:
– l’individuazione e la riorganizzazione di una nuova fascia urbana centrale sede di polarità e dei nuovi temi della città pubblica : la nuova cattedrale, il nuovo municipio, il nuovo “centro direzionale”, ecc.;
– l’individuazione di zone industriali che disciplinano e articolano differenti funzioni produttive;
– l’organica definizione del sistema viario attraverso l’individuazione di una variante tangenziale all’Aurelia storica con il traforo del Colle dei Cappuccini.

TAV. C.12A – I PIANI DEL PRIMO NOVECENTO

TAV. C.12B – I PIANI DEL SECONDO DOPOGUERRA

– la riorganizzazione e il rinnovo della città storica.
Complessivamente il piano del ’32 prefigura e interpreta alcuni elementi organizzativi della struttura urbana e della sua forma che resteranno come invarianti costitutive nell’interpretazione dell’organis-mo urbano: la città storica e le sue espansioni su tessuto ortogonale, i tessuti collinari centrali, la nuova città di levante a prevalente connotazione industriale nella Piana di Migliarina, la nuova centralità urbana di connessione tra vecchia e nuova città, caratterizzata funzionalmente dalla presenza di attività terziaro-direzionali, dalla presenza della nuova piazza della cattedrale, razionalisticamente interpretata come nodalità rappresentativa tra i due plessi urbani principali.

2.2. I piani del secondo dopoguerra

Il Piano Regolatore Generale redatto da Moroni, Amati, Malatesta e Di Cagno, adottato nel 1958 e approvato nel 1962 è il primo piano della città che sperimenta la nuova Legge urbanistica del ’42. Si caratterizza per essere esteso a tutto il territorio comunale e adottare lo zoning come elemento di controllo dei processi di crescita urbana. In rapporto alle caratteristiche dei piani di “primo ordinamento”, della prima generazione urbanistica italiana, il piano presenta elementi di omogeneità e di diversificazione che schematicamente possono essere così sintetizzati:
– una previsione di espansione produttiva e residenziale largamente sovradimensionata rispetto alle reali potenzialità di sviluppo e di crescita demografica: un incremento del 53% delle superfici da destinare ad attività industriali, localizzate prevalentemente nel levante urbano, e del 44% di abitanti in-sediabili cui corrisponde un’edificabilità re-sidenziale pari a 60.000 nuovi vani a cui ne vanno aggiunti 14.500 per l’eliminazione del sovraffollamento;
– un complessivo sottodimensionamento delle aree per servizi pubblici (in un contesto storico antecedente alla Legge Ponte, al D.M. 1444/’68 come anche all’introduzione della scuola dell’obbligo) il cui standard viene quantificato in circa 4 mq/ab, ed una loro scarsa diffusione all’interno dei tessuti urbani in favore dei nuovi nuclei plurifunzionali e centralizzati per ciascun quartiere
– da un punto di vista morfologico le espansioni residenziali più consistenti sono concentrate dal Prg nelle aree della piana di Migliarina a saturazione dei fondovalle secondari (Fabiano, Fossitermi, Valdellora, Felettino, Limone, Termo) con indici di edificabilità fondiari particolarmente elevati (pressoché ovunque superiori a 3mc/mq, con punte di 11 mc/mq);
– la presenza di alcuni “temi” rilevanti caratteristici della prima generazione urbanistica, quali: a) un centro direzionale di
grandi dimensioni (l’indice territoriale per esso previsto è di 50.000 mc/ha) costituito da residenza, terziario pubblico e privato e servizi localizzato in posizione baricentrica nella fascia urbana di cerniera tra città storica e Piana di Migliarina compresa tra Piazza Europa, Piazza Dante e il quartiere del Canaletto; b) un asse attrezzato “passante” che, in un’ottica ancora pre-autostradale, avrebbe costituito una connessione territoriale alternativa a quella di attraversamento, seguendo l’andamento del tracciato ferroviario e congiungendo le “porte” urbane dell’Aurelia da Migliarina alla Scorza attraverso la Galleria Spallanzani; c) la previsione del parco urbano della Maggiolina, secondo un disegno ad “S” diretto a “frantumare” la compattezza dei tessuti di espansione della Piana di Migliarina interrompendo l’asse di Corso Nazionale.;
– la tutela del paesaggio attraverso l’imposizione del vincolo paesaggistico (L.1497/’39) cui si affianca il ruolo di marginalità delle aree agricole collinari, “corona” indifferenziata e “bianca” attorno alle aree urbane, per le quali l’indice previsto di 0,2 mc/mq assegna un’inequivocabile funzione di riserva edificatoria periurbana.
Il “Piano Moroni” si distingue, peraltro, da quelli coevi (si faccia riferimento al disastroso P.R.G. del ’59 di Genova) per un apparato analitico rigoroso e sistematico, in grado di costruire un’indagine compiuta sulle condizioni economico-produttive attraverso il censimento e la classificazione delle attività agricole e delle industrie, su quelle sociali (lettura per ceti sociali prevalenti nelle differenti parti della città) ed abitative (sovraffollamento e coabitazione), nonché sul patrimonio edilizio esistente attraverso il censimento e la classificazione cronologica (edifici anteriori o posteriori al 1950) e tipologica (case isolate o adiacenti – mono o plurifamiliari). Dalle analisi il piano procede deterministicamente, attraverso un dimensionamento condotto con il “metodo dell’occupazione”, ad individuare un’ipotesi di crescita che avrebbe dovuto condurre la città a raggiungere 180.000 abitanti in trent’anni: ipotesi assolutamente disattesa e tuttavia tra le più contenute dell’epoca. L’interpretazione strutturale e funzionale della città degli anni ‘50 viene sintetizzata da Moroni nella relazione descrittiva in tre tipologie di tessuti urbani: vecchi insediamenti rurali e marinari, insediamenti agricoli recenti in corso di trasformazione industriale, città vera e propria, evidenziati nella loro apparente discontinuità ed incoerenza non senza il ricorso alla “metafora organica” tipica dello specifico contesto culturale : “abbiamo dunque tre parti in uno stesso corpo, non ancora amalgamate, né dal punto di vista edilizio, e neppure dal punto di vista sociale, (…) si tratterà di vedere quale forma urbanistica, quale carattere dovrà assumere questo organismo, che presenta aspetti ed origini sì contrastanti, e di vedere come questa sua forma si comporrà con la scena naturale” (P. Moroni – P.R.G. della Spezia – 1958 -relazione descrittiva).
I principali elementi di trasformazione del contesto comprensoriale nel corso degli anni Sessanta e Settanta, nella fase che intercorre tra il “Piano Moroni” e la Variante Generale a cui lavoreranno, nella prima fase di stesura, Campos Venuti, Forno e Moroni, sono sintetizzati nel “Piano di Sviluppo Economico della Provincia della Spezia” del 1965, e nello schema di Programma di Sviluppo del 1977 che individuano la direttrice di crescita insediativa La Spezia-Val di Magra come conseguenza dell’avvento dell’autostrada Genova-Livorno e della consistente disponibilità di aree per insediamenti produttivi: il modello territoriale che tende ad affermarsi è incentrato sul sistema portuale spezzino e connesso al bacino della Val di Magra attraverso il sistema di scambio Porto-Autostrada- S.Stefano in modo da “costituire una cerniera tra l’hinterland padano e centroeuropeo e le linee di navigazione interessate ai mercati spezzini” (G. Campos Venuti – Variante Generale al P.R.G. della Spezia -Relazione Generale). La staticità demografica della provincia, e l’arresto della crescita del Comune della Spezia in particolare, condizionano le prospettive di espansione, che si indirizzano verso la Val di Magra anche in funzione dei processi di rilocalizzazione delle attività industriali del capoluogo, verso la costituzione di una “saldatura” comprensoriale tra funzioni portuali e funzioni produttive del territorio, favorita dal nuovo ruolo di “polo terminale” (e non più di passante) della città in relazione alla viabilità autostradale.
In questo contesto, la nuova stagione “riformista” della pianificazione prende avvio con il P.R.G. per i Servizi Pubblici del 1976, nell’ottica generale di un recupero delle risorse economiche e fisiche del territorio (suolo urbanizzato e non, aree di interesse ambientale) successiva ad una fase di espansione, in alternativa al modello di sviluppo quantitativo. Il recupero delle risorse di suolo e del patrimonio edilizio esistente prende avvio attraverso un programma di recupero pubblicistico di aree in un tessuto urbano ”patologicamente privatizzato”, nell’ottica del mutato quadro culturale e legislativo della riforma graduale degli anni Sessanta e Settanta (L. 167/62, L. 765/67, D.M. 1444/68 e L.10/77).
Le strategie prioritarie del piano, in un’ottica che pare ripercorrere gli obiettivi delle “cinque salvaguardie” perseguite da Campos Venuti nel Piano regolatore di Pavia, sono:
– l’acquisizione di aree per servizi pubblici negli spazi residui all’interno del tessuto residenziale, nella prospettiva della diffusione e del decentramento delle funzioni civiche, della capillarizzazione degli spazi verdi e per l’istruzione, con uno standard-obiettivo complessivo di 21,15 mq/ab.;
– la sostanziale riduzione delle previsioni di crescita insediativa, quantificata in circa 23000 nuove stanze, in favore di una “qualificazione della città esistente”;
– la pubblicizzazione di larga parte delle aree di espansione, la cui attuazione è affidata in misura superiore al 50% a Piani di Edilizia Economica e Popolare;
– in linea con le innovazioni introdotte dalla L.457/’78, una politica di recupero del patrimonio edilizio esistente attraverso l’ agevolazione procedurale degli interventi, circoscrivendo l’obbligo di piano di recupero al centro storico medievale che viene, per la prima volta, perimetrato come “Zona per insediamenti storico-ambientali BA” e agli interventi di “ristrutturazione urbanistica”;
– la previsone, in una congiuntura di complessiva stagnazione della crescita industriale, di un parco di aree di circa 75 ettari per attività “port-oriented”, polarizzate sull’attività produttiva del porto, con il completamento del relativo sistema infrastrutturale e della relativa accessibilità (Bretella per il porto, nodo del raccordo autostradale Pianazze-Stagnoni-Valdilocchi);
– l’individuazione, in un quadro di livello territoriale, del ruolo strategico della dismessa Area IP nel contesto della trasformazione urbana e della formazione di nuove centralità urbane;
– la previsione di un sistema terziario direzionale, che conferma, con una drastico ridimensionamento dal punto di vista quantitativo, l’ipotesi localizzativa del piano del ’58, nella “zona di saldamento tra la parte storica della città, l’espansione piu’ recente della piana di Migliarina, e la zona portuale-industriale (zona del Canaletto)”;
– la disciplina di salvaguardia della zona extraurbana collinare, con destinazioni d’uso univocamente connesse all’agricoltura o agli usi naturalistici, questi ultimi articolati in parchi attrezzati e naturali in linea con le innovazioni della L.R. 40/77. In particolare, il piano destina a parco il 19,4% della superficie comunale, individuando alcuni sistemi attrezzati sul crinale di Biassa e Campiglia, sul Monte Parodi, nel sistema Foce-Val Durasca-Sarbia-Mura urbane, sulle fortificazioni collinari di Monte Albano e di Pagliari;
– l’individuazione di una sistema viabilistico che ripropone, in misura semplificata e ridotta, la direttrice di cornice dell’asse attrezzato ipotizzato dal piano del ’58, privilegiando una riconnessione dei percorsi esistenti ed attuando un by pass della “L” viaria viale Italia – viale Amendola secondo le direzioni aternative Crispi-Fieschi, Giuliani-Fieschi e Buonviaggio-Fieschi. Il disegno della viabilità all’interno dei tessuti urbani periferici è finalizzato ad una parziale riorganizzazione e ricucitura dei tessuti della piana di Migliarina, accresciutisi in forma frammentaria ed eterogenea, attraverso la formazione dei raccordi tra via Carducci (nuovo asse di penetrazione urbana dall’autostrada) e viale Italia (la via Federici che avrebbe dovuto ricongiungersi alla via Sarzana costeggiando il cimitero dei Boschetti e completando così l’anello viabilistico alternativo all’Aurelia attorno al nucleo storico di Migliarina; il prolungamento a mare della via Liguria e di via Palmaria come riorganizzazione del tessuto del Canaletto, destinato a nuova zona terziario-direzionale; il potenziamento della viabilità di margine con la connessione tra Corso Nazionale e via Fontevivo)
Sotto il profilo della struttura insediativa, il piano dell’82, (peraltro depotenziato nella sua struttura a causa di un lungo iter approvativo nel corso del quale molti degli elementi “riformisti” resteranno disattesi in favore di una più consistente urbanizzazione delle aree collinari), riduce sostanzialmente, nella sua stesura iniziale, le previsioni insediative del precedente, concentrando il nuovo carico insediativo all’interno della struttura urbana esistente, favorendo il completamento e la riqualificazione funzionale dei tessuti esistenti, riducendo e circoscrivendo, rispetto al Piano del ’58, le espansioni sulle aree di versante alle fasce pedecollinari, affidandole in buona parte ai Piani per l’Edilizia Economica e Popolare; individua, altresì, una diffusa e frammentata rete di servizi di quartiere all’interno dei tessuti urbani centrali e periferici, prevedendo in particolare nuovi parchi di quartiere in prossimità degli insediamenti di edilizia popolare (Fossitermi, Pianazze).
 

TAV. C.13 – LA CITTA’ DEL SECONDO DOPOGUERRA

2.3. L’organismo territoriale contemporaneo

La città della Spezia nel 1861 aveva 11.556 abitanti che progressivamente aumentarono fino a superare le centomila unità negli anni 80. Essendo impedita la crescita urbana verso occidente, a causa della costruzione del’Arsenale, ma anche per l’attrazione del polo spezzino verso la valle della Magra, sede delle comunicazioni verso il nord ed il centro Italia, il suo sviluppo fu orientato verso la piana di Migliarina fino ad interessare tutto lo spazio delle aree pianeggianti o pedemontane.
La figura dell’organismo territoriale che si ottiene è tutta protesa verso lo sviluppo delle aree pianeggianti e potenzia l’area della confluenza fra Vara e Magra in corrispon-denza di Santo Stefano e Ceparana. Sulla pedemontana sinistra della Magra, disposti sui terrazzi alluvionali, si distendono gli sviluppi in piano dei centri collinari di Ortonovo, Nicola, Castelnuovo e Fosdinovo, confluenti nelle espansioni di Sarzana e legati dal tracciato dell’Aurelia. Più a nord Santo Stefano, con lo svincolo autostradale, l’espansione dell’autoparco e del parco containers, si configura come area retroportuale del complesso nodo spezzino. L’organismo della bassa valle della Magra focalizzato su Sarzana, rafforzandosi il nodo della confluenza delle valli, tende ora a sdoppiarsi. Il collegamento autostradale con il Levante si configura quindi come l’asse portante degli sviluppi futuri, tanto più che oggi viene rafforzato dal terzo lotto della variante Aurelia che, se da una parte serve per snellire il traffico urbano, dall’altro servirà a rafforzare il collegamento con il polo di Santo Stefano considerato il naturale retroporto della Spezia.
Le espansioni edilizie della Spezia del dopoguerra furono regolate dal piano Moroni del ‘62 sostituito, a partire dal 1979, dal P.R.G. vigente approvato nell’87. Lo sviluppo contemporaneo della città tenta la ricucitura del tessuto urbano della piana di Migliarina con alcuni interventi nell’area della Maggiolina, ancora parzialmente libera. Il progetto (realizzato in parte), ha interrotto la continuità di corso Nazionale e ha inserito un parco urbano trasversale fra Mazzetta e Migliarina superando così l’area di conflitto fra le due orditure: quella pianificata di ispirazione ottocentesca e quella spontanea. Attuata l’occupazione delle aree pianeggian-ti, l’interesse si è rivolto verso il territorio periurbano, immediatamente prossimo alla città. Ciò si concretizza, a partire dalla fine degli anni ’70, quando cominciano a concludersi i lunghi iter progettuali delle aree PEEP. Si realizzano così i quartieri di San Venerio, di Valdellora, di Pitelli, della Chiappa, del Favaro, di Strà, di San Bartolomeo. Accanto a questi interventi sovvenzionati, piani di zona di edilizia privata occupano, tra l’altro, le colline di Montepertico, di Sarbia e di Melara. Accanto a questi interventi si intensifica, nelle aree di completamento collinare, un’attività edilizia puntiforme di sensibile impatto ambientale. Il territorio periurbano, diventato l’area di immediata espansione della città, inizia a perdere la sua fisionomia agricola, sopratutto in corrispondenza delle aree prossime agli insediamenti urbani, dove esso tende ad assumere l’immagine piatta e uniforme del suburbio, accostando indifferentemente case, terreni incolti, baracche e aree di deposito. Anche i centri storici tendono a questo processo di banalizzazione, perdendo, di fatto, la loro caratteristica fisionomia. Le ultime vicende assistono al potenziamento della zona portuale con l’aggiunta di un secondo bacino a fianco di quello del vecchio porto mercantile e la realizzazione dei banchinamenti, presso la foce della Fossa Mastra, immediatamente collegati con lo svincolo autostradale. La realizzazione della bretella per Lerici costituisce una valida alternativa al viale San Bartolomeo smistandone i flussi di traffico.
 

TAV. C.14 – SISTEMA DELL’ORGANISMO TERRITORIALE CONTEMPORANEO

Capitolo IV 
L’assetto morfologico e funzionale della città 

1. Il sistema insediativo attuale
Una lettura dell’attuale configurazione della città, a valle del processo pianificatorio sviluppatosi nell’arco del Novecento, non sempre permette di costruire una sintesi “ordinata” del quadro insediativo per “parti” omogenee ed univocamente identificabili per specializzazione funzionale e connotati morfologici.
Attraverso una lettura del sistema insediativo che privilegia i differenti luoghi urbani della città secondo un’interpretazione dei caratteri morfologici prevalenti degli insediamenti e dei caratteri tipologici dei tessuti urbani, sono riconoscibili, a livello territoriale, quattro grandi sistemi che costituiscono i principali elementi della struttura urbana: Città Storica, Area Centrale, Sistema Periferico Policentrico, Piana di Migliarina. Le due unità vallive principali, quella del nucleo storico della Spezia e quella di Migliarina costituiscono i due sistemi insediativi più importanti, unificati dall’espansione novecentesca (il “nucleo urbano centrale”) che protende la struttura ortogonale del centro storico ottocentesco verso gli spazi della piana, fino a sfrangiarsi nel contatto con i tessuti discontinui storici e moderni. A questi due sistemi principali si connettono i sistemi minori delle periferie, strutturati sulle direttrici dell’Aurelia-Foce, del Buonviag-gio, di quelle costiere di levante e di ponente e della valle secondaria del Termo, sulla quale si sviluppano, lungo l’Aurelia, i tessuti della conurbazione La Spezia-Val di Magra.

1.1. La città storica

Il sistema della città storica è costituito dal nucleo di origine medioevale che si articola lungo la direttrice dell’Aurelia storica (dorsale di via del Prione) e dalla struttura ortogonale ottocentesca che ha come paradigma l’insediamento dell’Arsenale. Quest’ultima è ordita sulle dorsali di Corso Cavour e via Chiodo con tipologie edilizie a blocco chiuso e in linea e costituisce l’armatura urbana fondamentale della città consolidata, condizionante le successive fasi di espansione urbana verso la Piana di Migliarina. Il tessuto di origine medievale ha subito notevoli mutilazioni in seguito ai bombardamenti del secondo conflitto mondiale non ancora completamente risar-cite e aggravate da ricostruzioni altrettanto devastanti. Ad esse, come elemento degra-dante, si affianca l’abbandono del nucleo originario del Poggio. All’interno del sistema sono presenti le principali emergenze e i principali temi pubblici della città, per i quali è stato avviato un processo di recupero, tuttora in corso, che ne ha specializzato le funzioni in senso museale (Museo Lia, Palazzina delle Arti, Ex- Tribunale, Museo d’Arte Sacra). Fa parte integrante del sistema l’unità dei Colli, che si sviluppa sulle pendici collinari assecondando l’intreccio ortogonale dei percorsi di mezzacosta con le scalinate disposte lungo le linee di massima pendenza a prolungamento del tessutoviario del Centro Storico. E’ costituita da tessuti di tipo aperto, caratterizzati dalla presenza di ville e villini di valore storico-architettonico.

1.2. L’area centrale

La fascia urbana costruita nel dopoguerra sul prolungamento della maglia ortogonale della città storica è principalmente costituita dall’unità insediativa del “Nucleo Urbano Centrale”. I caratteri morfologici di questa parte urbana, completata nel corso del dopoguerra a partire dagli anni Cinquanta, riprendono, espandendola con continuità, quelli della città storica ortogonale, essendo costituita di isolati con tipologie a blocco. Il processo di “centralizzazione” di questa parte urbana si è accentuato nel corso dell’ultimo decennio con la rilocalizzazione di nuove funzioni specialistiche di carattere amministrativo-direzionale (Palazzo di Giustizia, Questura) e il consolidamento del tessuto terziario-commerciale (Centro Ken-nedy, Centro Commerciale e Direzionale via Carducci-viale S.Bartolomeo). Il modello di nuova centralità urbana e comprensoriale per questa parte urbana, già prefigurato dal Piano Territoriale di Coordinamento provinciale del 1990, è strutturato soprattutto in funzione della concomitanza di molti dei grandi temi della nuova città centrale, unificati secondo un asse baricentrico rispetto all’assetto urbano complessivo: l’area IP, la nuova stazione ferroviaria pas-seggeri di Valdellora, l’area dell’Ospedale S.Andrea, il Primo Bacino Portuale.

1.3. Il sistema periferico policentrico

La lettura interpretativa delle parti urbane periferiche, ha portato ad una individuazione delle periferie non come indistinta entità areale costituita dalla giustapposizione di “zone” o “aree urbanistiche”, ma come organismo insediativo dotato di specifici caratteri distintivi di centralità, talvolta comuni a più organismi.
Il primo elemento di individuazione della organizzazione storicamente esistente negli spazi periferici ha permesso di evidenziare, quindi, le centralità presenti, la loro identità di luogo, il loro ruolo gerarchico all’interno delle unità o insiemi di unità, i loro caratteri morfologico-funzionali, i loro aspetti tipo-logici, interpretandone, nella prospettiva di piano, la potenzialità di fulcro per la riqualificazione del territorio periferico, globalmente interessato dai processi di omologazione dell’espansione metropolitana del dopoguerra. La lettura, operando una sintesi degli elementi evidenziati nelle indagini sulla “tipologia urbana”, ha indicato due livelli gerarchici di centralità: i Nuclei Storici Periferici e i Tessuti Centrali dei Quartieri. I primi rappresentano i principali nuclei della periferia storica, orditi spesso su un tramato viario organizzato: Migliarina, la Chiappa, Pegazzano, La Scorza. I secondi, che hanno uno sviluppo insediativo più episodico, sono stati individuati nei tessuti storici lineari presenti lungo le dorsali di impianto territoriale (Aurelia, Buonviaggio) e le direttrici costiere: Mazzetta, Canaletto, Fossamastra, Muggiano, Melara, Termo, Pieve, Felettino, Valdellora, Rebocco, Acquasanta. Gli elementi essenziali, in una lettura storica, morfologica e funzionale della periferia che assimilano queste centralità possono essere sintetizzati in alcuni caratteri ricorrenti che compongono uno schema strutturale elementare comune a ciascuna di esse:
– la localizzazione in corrispondenza di un percorso di impianto territoriale (dorsale);
– la presenza di edilizia storica in massima parte a sviluppo edilizio chiuso
– la presenza di un elemento polare (chiesa, piazza, nucleo di servizi pubblici…);
– la commistione di funzioni residenziali, commerciali, di servizio alla scala locale;
– la presenza di un toponimo identificativo;
– la presenza di almeno un corso d’acqua.
A questi caratteri necessari e distintivi, si associa in molti casi la vicinanza alle espansioni di edilizia pianficata storica e recente che hanno teso a consolidare e a connettersi con i nuclei e i tessuti centrali originari (Favaro Migliarina, Pianazze-Termo, Melara, quartiere polesano-Mazzetta, INA Casa e Gescal di Fossitermi-Scorza, tessuti pianificati di via Pisa e via Taranto- Pegazzano).
Queste centralità sono nella maggioranza dei casi incluse all’interno dei tessuti edilizi recenti, spesso in condizioni di congestione insediativa, di eterogeneità morfologica e di accessibilità carente, in particolare nelle fasce urbanizzate di “risalita” che hanno invaso il versante collinare.
I confini di ciascuna unità seguono in ogni caso limiti fisici di discontinuità morfotipologica dei tessuti, linee di contatto tra realtà urbane diversificate per caratteristiche tipologiche e ambientali : individuano cioè soluzioni di continuità significative nella variazione dalle caratteristiche fisiche, funzionali e tipologiche dei tessuti urbani.
Le problematiche delle unità insediative periferiche possono essere riassunte nelle generalità nei seguenti temi:
– da un punto di vista funzionale: lo stato di carenza nel sistema dell’accessibilità di livello locale e dei servizi di quartiere; la scarsa diffusione di funzioni specialistiche polari (terziario, servizi, funzioni ammini-strative pubbliche); la scarsa integrazione tra i tessuti insediativi, in particolare a carico dei più recenti interventi di Edilizia Pubblica; la presenza di attività incompatibili con la residenza, pressoché insostenibile nelle aree del levante costiero e dell’ “entroterra” industriale; la diffusione di aree e attrezzature dismesse;
– da un punto di vista morfologico-ambientale, l’eterogenea sovrapposizione di tramati insediativi scarsamente organizzati; la saturazione delle fasce pedecollinari e di versante con tipologie intensive debolmente connesse con i tessuti limitrofi; la diffusa disomogeneità di densità e tipologie edilizie; la diffusa presenza di vuoti urbani e di aree degradate.

1.4. La piana di Migliarina

Il sistema della Piana ha come polarità e luogo centrale il nucleo storico periferico di Migliarina che si caratterizza per uno sviluppo edilizio chiuso sulla dorsale dell’Aurelia storica, caratterizzato da una commistione di funzioni residenziali e commerciali; ad esso si affianca una serie di espansioni storiche a sviluppo edilizio aperto su percorsi di impianto lottizzativo a prevalente destinazione residenziale che si interrompono in corrispondenza del viale Italia, discontinuo prolungamento della “città ortogonale” novecentesca. L’impianto complessivo risulta caratterizzato da una sovrapposizione di tramati insediativi incompiuti che non costituiscono un disegno urbano unitario. Il sistema è stato interessato, nel corso del Novecento, dalla localizzazione dei primi impianti industriali, oggi pressoché interamente dismessi, che hanno sovente assecondato il preesistente reticolo insediativo di percorsi rurali. La forte presenza di vuoti urbani, di aree sot-toutilizzate o abbandonate, in particolare nel-la fascia compresa tra la Maggiolina, dove la città ortogonale si interrompe, fino alla zona degli Stagnoni, contribuisce a rafforzare l’immagine schematica di una città collassata al proprio interno e “diffusa” verso l’esterno, lungo le espansioni dei versanti collinari.
Il nucleo storico di Migliarina costituisce l’elemento polare piu’ rilevante della piana, luogo centrale preminentemente organizzato con tessuti storici lineari nella nodalità tra le direttrici pedemontane dell’Aurelia (via Sarzana), del Canaletto (S. Giovanni) e del Buonviaggio (Marcantone) e rafforzato nel suo ruolo di centralità dalla presenza di piazza Concordia, “testata” dell’asse di espansione novecentesca nella Piana (viale Italia). I tessuti si organizzano per tipologie in linea e presentano destinazioni d’uso miste, prevalentemente residenziali con piani terra commerciali. Questo ruolo di potenziale centro storico della città di Levante è rafforzato dalla gravitazione su di esso dei tessuti residenziali a villino delle prime espansioni storiche della piana negli anni Venti (via Michele Rossi-via delle Grazie, Stradone D’Oria, via Falconi), esemplari per l’ordine morfologico dell’impianto urbano, e dei completamenti post-bellici a villino e a palazzina che hanno occupato gli spazi interstiziali. Al tramato “spontaneo” di tali espansioni si sovrappongono i recenti completamenti residenziali ad elevata densità a tramato ortogonale lungo viale Italia e i tessuti pianificati di Bragarina e della Pianta.
Complessivamente, non è leggibile una regola unitaria di accrescimento, avendo comportato, gli insediamenti post-bellici, una sostanziale saturazione delle aree senza il compimento di un tramato urbanizzativo organico. Le nuove espansioni, in particolare quelle dei PEEP, si concentrano nell’unità insediativa Felettino-Pieve-Favaro-Monte-pertico, a monte dell’asse ferroviario con insediamenti ad alta densità abitativa, scar-samente dotati di servizi e di tessuto com-merciale, con carenze nel sistema dell’acces-sibilità locale e di connessione con il centro urbano (Pieve) e delle relazioni funzionali con i tessuti contigui. Ad esse si affiancano, con evidenti soluzioni di continuità, i tessuti pianificati “storici” del Favaro, i tessuti storici del Felettino (in parte abbandonato) e della Pieve, lungo il tracciato della vecchia Aurelia, imperniato sull’emergenza storico-architettonica della Pieve di S.Venerio, attorniati da tessuti residenziali a villino o a palazzina (quest’ultima soprattutto nei piu’ recenti piani di lottizzazione collinari).
Il carico urbanistico complessivo dell’area si concentra, in termini di viabilità, sull’asse del Buonviaggio e della via Fontevivo, con evidenti effetti congestionanti. Particolare rilievo paesistico-ambientale rivestono le connessioni pedonali dei percorsi storici diramantisi dai nuclei collinari di S. Venerio, Carozzo e Isola, che penetrano all’interno dei tessuti urbanizzati connettendosi con le emergenze storico architettoniche della Pieve e del borgo del Felettino. L’unità insediativa è completata, lungo l’asse ferroviario, dal tessuto sfrangiato e degradato compreso tra Montepertico e l’insediamento storico pianificato di Vailunga, interessando le aree delle Carceri e della dismessa Fornace.
L’unità Canaletto-via Carducci è stata individuata assumendo come asse centrale il percorso di via Carducci, il cui ruolo di penetrazione della viabilità extraurbana è destinato a ridimensionarsi in misura consistente nel contesto del nuovo quadro della viabilità, fino a diventare nuovo asse urbano centrale. Il sistema di aree, molte delle quali dismesse, che gravitano su questa fascia insediativa, centrale da un punto di vista localizzativo, ma caratterizzata da una prevalenza di vuoti urbani con forte degrado e marginalità rispetto ai tessuti urbani circostati, è costituito in larga misura da funzioni produttive industriali, molte delle quali dismesse, (Termomeccanica, zona della Concia- Stagnoni ex Molini Merello, ex-Concimi Chimici, ex- Malco, ex-Sio, ex-Messina, ex-Fornaci Italiane) da grandi attrezzature urbane e impianti tecnologici (Palasport, area Fitram, area Enel, Cimitero dei Boschetti, Mattatoio, depuratore), da tessuti storici centrali dei quartieri (Cana-letto) con funzioni residenziali e commer-ciali, da residenza sparsa a sviluppo edilizio aperto, frammista ad aree di deposito e spazi abbandonati. L’evidente sfrangiamento dell’impianto urbano in questa fascia insediata, connotata dalla sovrapposizione occasionale di un tramato viario di origine storica (quello impostato sulla rete delle canalizzazioni di bonifica della piana: via del Canaletto, via Campitelli) e dall’asse “tagliante” della via Carducci, che prolunga come infrastruttura autostradale uno degli assi della maglia ortogonale del nucleo urbano centrale novecentesco, unitamente alla forte eterogeneità funzionale determinata dall’occupazione spontanea e pervasiva dei suoli liberi, utilizzati in buona parte come depositi retroportuali, conducono ad interpretare questa parte di città come tema unitario di trasformazione, riorganizzazione e riprogettazione. La necessità di una ricucitura e reintegrazione con i tessuti centrali, del completamento delle aree centrali pubbliche (Maggiolina) della maglia urbana, di una riqualificazione e di un recupero produttivo e per servizi urbani delle aree dismesse, di una riorganizzazione del tessuto viario e della sua connettività con i quartieri circostanti, sono i punti emergenti della lettura di quest’area che trovano riscontro progettuale nella struttura dei “distretti di trasformazione” indicati dal piano

2. Analisi del sistema insediativo

Gli studi finalizzati a definire il sistema agronomico-ambientale e quello insediativo, sono stati eseguiti attraverso specifiche indagini conoscitive sulla struttura del territorio in particolare:
– l’uso del suolo, urbano ed extraurbano, attraverso la rilevazione di informazioni relative a: l’uso prevalente in atto; aspetti quantitativi (superfici e volumi), aspetti edilizi (tipologia ed uso dei fabbricati), aspetti qualitativi (valori storico, architettonici o ambientali);
– il lavoro di indagine si è completato con la restituzione di tre carte tematiche: quella dell’uso del suolo (nella quale sono riportate le destinazioni d’uso prevalenti); quella cronotipologica (periodo di costruzione e tipologia dei fabbricati) e quella dei valori (storici, architettonici ed ambientali).
L’analisi della distribuzione delle principali destinazioni d’uso sul territorio urbano, condotta avendo come riferimento la superficie fondiaria occupata per ciascuna categoria funzionale, ha condotto ai seguenti risultati:
residenza
mq
4.086.418
industria
mq
1.455.985
artigianato
mq
214.668
commercio
mq
268.564
turismo
mq
7.517
terziario privato
mq
40.894
terziario pubblico
mq
107.269
attrezzature urbane
mq
2.177.122
verde
mq
724.749
parcheggi
mq
96.803
attrezzature primarie
mq
312.804
totale
 
9.492.794
Il dato relativo alla residenza registra ovviamente, in forma aggregata, una situazione funzionale più articolata, in particolare relativamente ai tessuti della città consolidata e delle centralità periferiche, che comprendono un “mix” di attività diffusamente distribuite, in particolare commercio, terziario privato, artigianato di servizio.


Di particolare significato, dal punto di vista dell’occupazione del suolo, l’incidenza delle grandi concentrazioni produttive industriali (inclusive delle aree retroportuali e di stoccaggio), che interessano il 15% della superficie urbana totale, a fronte del 2% occupato da attività artigianali diffuse. Relativamente significativa anche la scarsa incidenza delle concentrazioni commerciali a carattere monofunzionale (il dato esclude, evidentemente, per quanto sopra accennato, le attività commerciali diffuse nel tessuto residenziale), che costituisce il 3% della superficie totale.
Per le aree destinate a terziario, solo i dati relativi al terziario pubblico fanno riferimento a riscontrabili destinazioni monofunzionali (prevalentemente uffici pubblici amministrativi e giudiziari) , mentre la scarsa incidenza relativa al terziario privato (istituti di credito e di assicurazione, uffici ed agenzie privati) è indicativa del carattere diffuso di tale categoria funzionale, in larga misura associata a residenza e a commercio.
Valutando i dati relativi al sistema dei servizi, il 23% del suolo urbano è interessato da attrezzature urbane, voce che include sia alcuni servizi di interesse generale che quelli definiti “urbano-territoriali”: attrezzature ospedaliere e sanitarie, attrezzature per l’istruzione di livello superiore e di livello universitario, attrezzature culturali e per lo spettacolo, attrezzature per la difesa, per la protezione civile, cimiteri, attrezzature per il trasporto, gli impianti tecnici principali e altre attrezzature pubbliche di interesse generale. Parallelamente, il sistema del verde urbano e di quartiere, che include le attrezzature sportive e le aree per il gioco, interessa soltanto l’8% della superficie urbanizzata, confermando una generalizzata condizione di sottodimensionamento dei relativi standard. Analoga carenza si riscontra per le attrezzature primariedi quartiere (istruzione, attrezzature di interesse comune) (3%) e per i parcheggi pubblici (1%).
Pressoché inconsistente la percentuale di superficie destinata alle attrezzature per il turismo (con esclusivo riferimento alle attrezzature ricettive), per le quali è tuttavia scarsamente significativa la grandezza utilizzata per la comparazione (superficie fondiaria).
Il rilievo quanti-qualitativo dell’area urbana è stato quindi il supporto per sviluppare una innovativa metodologia relativa agli aspetti morfologici, derivata dal metodo tradizionalmente utilizzato nelle indagini storico-critiche sui cosiddetti “centri storici”. Per le zone non storiche della città, successive agli anni quaranta di questo secolo, tale metodologia è stata applicata dettagliatamente sul sistema dei tessuti e degli ambiti allo scopo di valutare lo stato di equilibrio tipo-morfologico esistente al fine di individuare le migliori opportunità progettuali per una possibile riqualificazione morfologica e ambientale
Tale valutazione non identifica la qualità o il valore architettonico delle diverse aree urbane più o meno consolidate e di recente formazione, ma tende ad esprimerne il livello strutturale di organizzazione spaziale sotto il profilo morfologico e tipologico-ambientale, attraverso, cioè, la lettura dei diversi gradi di organicità del tramato insediativo (relazione formale tra percorsi, impianto lottizzativo, edificazione, spazi aperti) e della caratterizzazione morfo-tipologica (tipologie architettoniche, volumetrie edilizie); tende, in altri termini, ad evidenziare la qualità espressiva di impianto e il grado di equilibrio che l’orditura delle strade e degli edifici che le contornano, le tipologie edilizie e gli spazi che le volumetrie edilizie definiscono, hanno più o meno raggiunto o possono raggiungere con il PUC, nell’obiettivo di una riqualificazione del contesto ambientale della periferia urbana (ove, tra l’altro, prevalgono per obiettiva necessità i maggiori interventi di riqualificazione e di trasformazione). Tali giudizi di valore, inoltre, non sono veri e propri giudizi relativi poiché non esprimono un valore riconoscibile come universale ma solo una valutazione, positiva o negativa, dello stato d’insieme, così come questa può essere percepita in base al grado di “omogeneità” o meno degli spazi urbani non storici.
È indubbio che per giungere a tali analisi il giudizio di fatto o di realtà sullo stato dei luoghi è il presupposto che permette di poter esprimere, sotto forma di valutazioni critiche, una stima di valore tipo-morfologico.
Pertanto, i giudizi espressi con tale metodologia sulla città consolidata non storica hanno lo scopo classificatorio e documentario necessario per disciplinare lo stato dei luoghi secondo una regola insediativa che privilegi l’immagine spaziale dei tessuti edilizi e delle trame viarie proponendo una diversa rappresentazione della forma urbana suscettibile in qualche misura di un probabile miglioramento d’assetto o di immagine. Tali giudizi di valore, metodologicamente predisposti proprio per esaminare la “qualità” intrinseca della città recente, sono stati applicati alla Spezia, appunto, per riconvertire, riqualificandola, la città del secondo dopoguerra.
 
TAV. D.1 – CARTA GENERALE DELL’USO DEL SUOLO

STRALCIO DELLA CARTA DELL’USO DEL SUOLO DEL CENTRO STORICO

STRALCIO DELLA CARTA DELL’USO DEL SUOLO DI MIGLIARINA

TAV. D.2 – CRONOLOGIA DELL’EDIFICATO

TAV. D.3 – CARTA GENERALE DELLA MORFOTIPOLOGIA EDILIZIA

STRALCIO CARTA MORFOTIPOLOGIA EDILIZIA DEL CENTRO STORICO
 

STRALCIO CARTA MORFOTIPOLOGIA EDILIZIA DI MIGLIARINA

TAV. D.4A – CARTA GENERALE DEI VALORI STORICI E AMBIENTALI

STRALCIO CARTA DEI VALORI STORICI E AMBIENTALI CENTRO STORICO
 

STRALCIO CARTA DEI VALORI STORICI E AMBIENTALI A MIGLIARINA

TAV. D.4B – PRESENZA DI ELEMENTI DEL LINGUAGGIO ARCHITETTONICO

3. La Tipologia Urbana

La lettura degli aspetti morfologici della struttura urbana ha consentito di costruire una sintesi interpretativa al livello dei tessuti edilizi in grado di indicare i diversi gradi di organizzazione delle differenti parti urbane.
Sono state pertanto riconosciute le modalità costitutive della città consolidata storica e recente secondo le regole insediative caratteristiche di ciascun tessuto, identificando diverse modalità di relazione tra percorso, edificato e lotto di pertinenza, giungendo ad una classificazione tipologica che ha individuato uno sviluppo edilizio chiuso quando l’edificato si dispone a margine del percorso urbano a costituire una cortina edilizia continua; uno sviluppo edilizio aperto quando esso si articola per serie di unità separate che occupano una posizione centrale nel lotto di pertinenza.
Tali modalità, caratteristiche sia dell’edilizia storica che di quella recente, associate alla interpretazione storica delle parti di città, hanno condotto ad individuare, sinteticamente, le seguenti categorie di tessuto:
a)    a sviluppo edilizio chiuso edificato prevalentemente prima del 1940: Identifica sostanzialmente il Centro Storico, i tessuti delle espansioni otto-novecentesche su tramato ortogonale, i tessuti delle centralità storiche periferiche;
b)    a sviluppo edilizio chiuso edificato prevalentemente dopo il 1940. Individua il completamento post-bellico della maglia ortogonale che, a prolungamento della città storica, si protende sulla piana di Migliarina fino al parco della Maggiolina;
c)    a sviluppo edilizio aperto edificato prevalentemente prima del 1940. Comprende le modalità insediative caratteristiche del tessuto storico dei Colli, costituito da tipologie a villino e palazzina isolate al centro del lotto, come anche quelle delle prime espansioni novecentesche diffusamente riscontrabili sul territorio periferico, particolarmente nella Piana di Migliarina;
d)    a sviluppo edilizio aperto edificato prevalentemente dopo il 1940. Identifica le parti urbane sviluppatesi nel dopoguerra come completamento di tramati storici consolidati e non riconducibili ai caratteri di discontinuità insediativa caratteristici degli ambiti periferici, successivamente definiti. Ne è esemplificazione la risalita collinare dei Vicci come espansione del sistema dei Colli.
 

TAV. D.5A – tipologia urbana: ambiti e tessuti

3.1. Analisi della tipologia urbana periferica

La lettura della periferia urbana ha permesso definito i caratteri strutturali della morfologia urbana e del linguaggio edilizio:
– costituiscono tessuto (a sviluppo edilizio chiuso od aperto) gli insediamenti pre-bellici con prevalente connotazione storica;
– costituisce ambito lo spazio urbano unificato da un percorso costituito prevalentemente da edilizia del secondo dopoguerra, caratterizzati da uno sviluppo edilizio di tipo aperto.
Dalla lettura della periferia emerge un costante ac-costamento di interventi moderni a preesistenze storiche, in una sequenza, continua e non uniforme, di valori storici (in larga misura alterati) e inserti moderni. La presenza degli edifici storici è riscontrabile anche laddove i processi di consolidamento e di saturazione degli spazi urbani o di espansione post-bellici hanno carattere di pervasività e di prevalenza. Ciò non ha permesso di isolare completamente da un contesto storico diffuso costituito da manufatti preesistenti (siano essi edifici o allineamenti fondiari di matrice rurale o periurbana), elementi di “città moderna”, fatti salvi i casi dei quartieri pianificati e il completamento della maglia ortogonale tra centro e periferia. I dati quantitativi sull’ edificato indicano, infatti, che nella sola zona periferica gli edifici costruitiprima del 1940rappresentano circa il 38% di quelli esistenti. All’interno degli ambitiperiferici il dato quantitativo relativo all’edificato storico è pari al25% circa del totale degli edifici in essi compresi. Questa diffusa storicità dell’insediamento urbano periferico comporta la necessità di esprimere valutazioni non di valore assoluto, ma “prevalente” nella lettura di ambiti e tessuti. In termini generali la struttura urbana periferica risulta essere articolata nelle tre categorie di riferimento:
1)    tessuti a sviluppo edilizio chiuso edificati prevalen-temente prima del 1940, che si collocano principalmente lungo le dorsali storiche territoriali e compongono circa il 19% dell’edificato totale;
2)    tessuti a sviluppo edilizio aperto edificati prevalen-temente prima del 1940, distribuiti principalmente lungo assi di impianto edilizio, che assommano al 24% del totale;
3)    ambiti a sviluppo edilizio discontinuo prevalente-mente edificati dopo il 1940, il cui edificato costituisce quantitativamente circa il57% del totale.
 

Tav D.5B – caratteri tipologici degli ambiti omogenei periferici

4. Tessuti ed ambiti urbani periferici

Se, in periferia, i tessuti a sviluppo edilizio chiuso e a sviluppo edilizio aperto costi-tuiscono le parti urbane di prevalente valore storico (risultano infatti quantitativamente costituiti per il 70%circa da edifici costruiti prima del 1940) gli ambiti sono intesi come spazi urbani/parti di città articolati lungo un percorso e costituiti prevalentemente da edilizia moderna, caratterizzata da specificità di rapporti tra assetto morfologico e assetto tipologico/ambientale non riconducibili a quelle storiche di tessuto:
– l’assetto morfologico esprime le modalità più o meno riferite a un ordine riconoscibile del rapporto insediativo tra spazio pubblico e spazio privato, tra strada, piazza, edificio, spazio pertinenziale aperto;
– l’assetto tipologico ambientale interpreta le relazioni tra forme dello spazio edificato e dello spazio aperto, leggendo i differenti livelli di organizzazione morfo-tipologica delle “architetture” urbane e la composizione più o meno omogenea delle tipologie edilizie che affacciano sul percorso di riferimento.
La necessità di interpretare il grado di organizzazione delle forme insediative pe-riferiche in termini distinti rispetto a quelli dei tessuti storici deriva altresì dalla stretta eterogeneità strutturale e specializzazione tipologica dell’area periferica moderna, riferendoci con ciò sia alle modalità di impianto insediativo, sia alla descrizione morfotipologica delle componenti edilizie, condizionate da una più frammentaria distribuzione delle funzioni. L’identità strutturale di impianto dell’insediamento espressa dall’assettomorfologico è stata ricondotta a quattro differenti gradi di organizzazione urbana così definiti:
1)    pianificato: codifica la presenza di un disegno progettuale unitario in grado di specializzare uno spazio urbano introdu-cendo, nella maggior parte dei casi, forme e geometrie insediative autonome rispetto al contesto (interventi di edilizia residenziale pubblica e privata, piani di lottizzazione, piani di zona ecc.);
2)    ordinato: individua parti della città diffusa riconoscibili per una modalità insediativa caratterizzata dalla organizzazione sponta-nea (in assenza, cioè, di un disegno urbanistico unitario) di elementi in forma ripetitiva (insediamenti periferici a villino cadenzati con regolarità di rapporto tra edificio, spazio aperto e strada, succes-sione di edificazione moderna aperta a costituire un fronte stradale unitario, ecc.);
3)    di tamponamento: isola le parti edificate che non presentano affaccio diretto sull’ambito stradale e che tendono al completamento e all’intasamento di spazi, spesso corrispondente a modalità edifica-torie disorganizzate e di tipo sparso (fran-ge residenziali marginali, aree comprese tra insediamenti a funzioni non residen-ziali, vuoti urbani, ecc.);
4)    occasionale: circoscrive ambiti caratteriz-zati da casualità insediativa, spesso cor-rispondente a modalità edificatorie disor-ganizzate e di tipo sparso (frange resi-denziali, aree comprese tra insediamenti a funzioni non residenziali, vuoti urbani).
L’assetto tipologico-ambientale interpreta i differenti livelli di omogeneità architet-tonica interni all’ambito, contribuendo a definirne il grado di organizzazione:
1)    omogeneo: per la presenza di costanti tipo-morfologiche e funzionali che determi-nano un’immagine ordinata dello spazio urbano, articolata per singolarità ripetute di organismi architettonici. In questi ambiti è stata operata una ulteriore distinzione di specificità architettonica ed edilizia volta a evidenziarne la tipicità e il raggiunto grado di compiutezza anche in termini di linguaggio. Tale identificazione ha attribuito a ciascuno di essi una categoria di tipologia architettonica articolata in:
a)        quartieri ed episodi di edilizia residenziale pianificata, distinguendo i primi dai secondi per il grado di orga-nizzazione insediativa (pluralità di edifici analoghi tra loro coordinati, con presenza di polarità interne destinate a servi-zi). In senso storico, la distinzione operata tra moderno e contemporaneo è volta a sepa-rare l’edilizia degli anni ’50/’60, cui è stato attribuito un valore architettonico-docu-mentario, dagli insediamenti più recenti;
b)        edilizia storica a villino e edilizia moderna a villino  indica rispettivamente gli insediamenti della prima metà del novecento e del secondo dopoguerra, diversificati sotto il profilo del linguaggio architettonico ma non dell’ assetto morfotipologico;
c)         edilizia a palazzina qualifica gli ambiti, spesso di tamponamento, situati su percorsi minori, in cui tale tipologia si situa con medie densità edificatorie e un numero di piani generalmente non superiore a quattro all’interno di spazi privati, spesso destinati a giardino;
d)        edilizia moderna a condominio ed edilizia contemporanea a condominio individua i casi, situabili tra gli anni ’60 e gli anni ’80, di edilizia pianificata omogenea in prevalenza privata, caratterizzata da tipi architettonici moderni a blocco isolato ad elevata densità e con altezze spesso superiori ai cinque piani in cui i volumi si dispongono all’interno di uno spazio privato chiaramente individuato;
2)    disomogeneo: per le diversificazioni tipo-morfologiche degli organismi edilizi in presenza di destinazioni d’uso differenti ma compatibili con la residenza (sezioni stradali non proporzionate con le altezze degli edifici, volumi artigianali e/o com-merciali frammisti alla residenza, presenza di edifici fuori scala con tipologie non omogenee rispetto al contesto);
3)    eterogeneo: per la presenza di diversità tipologiche, architettoniche e funzionali sia interne all’ambito che rispetto al contesto (edifici residenziali ed industriali con densità eterogenee, vuoti urbani, ecc.).

5. Tipi edilizi

L’ipotesi di un inferiore “livello di tipicità” dell’edificato storico della periferia urbana, ha trovato un comune riscontro negli esiti della lettura della tipologia edilizia. Al costante riproporsi di una incertezza insediativa originata dalla sovrapposizione alla preesistente maglia di matrice rurale di interventi ristrutturanti di epoca moderna rimasti incompiuti, fa riscontro, a livello edilizio, un’analoga indeterminazione dell’ identità tipologica dei manufatti rispetto a quelli del nucleo urbano centrale: le alte-razioni dei tipi caratteristici delle aree centra-li si esprimono sia nella relazione morfo-logica tra edificio, percorso e lotto perti-nenziale (rapporto edificio-tessuto), sia negli stessi caratteri architettonici e distributivi dei singoli manufatti. Alcune delle tipologie edi-lizie seriali tradizional-mente riscontrabili nel nucleo urbano centrale compaiono, peraltro, nelle parti della periferia storica nella loro inalterata configurazione, prevalentemente all’interno dei tessuti lineari chiusi lungo le dorsali, mentre tendono complessivamente a perdere il loro grado di identificabilità o a riproporsi in forme moderne diversificate via via che i tessuti di impianto tendono ad allon-tanarsi da esse per sfrangiarsi nei percorsi minori di lottizzazione o nelle fasce pedecollinari dell’estrema periferia. All’interno dei tessuti edilizi storici chiusi sono state rilevate le seguenti tipologie edilizie:

1)    in termini quantitativi le tipologie a schiera, pseudoschiera, pseudolinea,linea,compaiono nel 45% dei casi;

2)    molti degli elementi tradizionali (per lo più edifici in linea) che tendono a conformare le cortine edilizie continue e chiuse sui percorsi principali (es. i tessuti lungo l’Aurelia storica: via Lunigiana, via Sarzana), compaiono, con analoghi carat-teri architettonici lungo i percorsi minori in forma isolata, talvolta in posizione centrale rispetto al lotto di pertinenza, alterando la propria regola insediativa in favore di un modello “a palazzina”;

3)    alterazioni degli aspetti architettonici nei tipi “storici”, sono state assimilate all’interno delle categorie di pseudolinea o pseudoschiera, tipologie che costituiscono il 2,5% circa degli edifici rilevati nell’area periferica;

4)    analoga alterazione architettonica e morfologica, si riscontra nei casi di trasformazione di tipi di origine rurale, come le corti, disseminate pressoché su tutto il territorio urbano periferico (8%circadegli edifici storici della periferia sono ancora riconducibili ai caratteri distintivi del tipo a corte), in edifici assimilabili al tipo del villino periurbano;

5)    l’incidenza delle trasformazioni dei manufatti storici è resa altresì maggiormente significativa dal dato percentuale relativo agli edifici ristrutturati con modifiche o alterazioni dei loro caratteri architettonici e tipologici (in larga misura in seguito a processi superfetativi moderni) pari a circa il 36% degli edifici storici periferici. Degli edifici ristrutturati solo il 30% mantiene i caratteri originari.

Nel passaggio dai tessuti di tipo continuo-chiuso a quelli di tipo discreto-aperto sta il principale elemento di differenziazione delle tipologie edilizie del centro storic” da quelle specifiche della periferia: lungo le direttrici di impianto della piana di Migliarina il tessuto si apre nelle sequenze dei villini storici di via Michele Rossi, via delle Grazie, via Falconi, Stradone D’Oria, frutto delle prime colonizzazioni urbane della piana intorno alla fine degli anni Venti. All’interno dei tessuti edilizi aperti sono rilevate le seguenti tipologie edilizie:

1)    il tipo a villino che rappresenta il 22,5% degli edifici, è il più frequente della periferia. Esso raffigura la principale caratterizzazione dei tessuti di tipo aperto e degli ambiti, compare frequentemente (nel 40% circa dei casi) nella sua forma storica (anni Venti-Trenta) nelle aree della piana di Migliarina, nella fascia di fondovalle della conurbazione Boschetti, Limone, Melara, Termo, Pianazze, nella fascia pedecollinare della Chiappa a ridosso dell’Aurelia, nella zona di Ruffino. Il villino presenta spesso caratteristici elementi di linguaggio architettonico decorativo che ne gerarchizzano l’affaccio urbano. In forma moderna (anni Cinquanta-Sessanta) il villino si presenta con caratteri morfo-tipologici analoghi in spazi di completamento ma caratterizzato da linguaggio architettonico funzionale. I tessuti e gli ambiti a villino sono spesso caratterizzati dalla regolarità di un impianto lottizzativo ordinato e da una configurazione morfologicamente definita ed equilibrata costituendo, pertanto, elemento di tipicità e di qualificazione dello spazio insediato periferico;

2)    l’edilizia post-bellica si caratterizza anche attraverso le espressioni moderne della casa in linea che costituiscono, in termini puramente quantitativi, il 36%circa degli edifici in linea della periferia. Nei quartieri residenziali pubblici (anni Cinquanta-Sessanta), spesso essa si presenta nella forma aperta di corpo edilizio autonomo costituito da elementi a due alloggi per piano serialmente ripetuti, indifferente rispetto alla gerarchia dei percorsi, con corpo isolato sul lotto pertinenziale destinato frequentemente a giardino collettivo. Nei primi esempi di tale tipologia (Favaro, Termo, Pianazze), il linguaggio edilizio a parete muraria continua contribuisce a rendere tali episodi assimilabili ai complessi popolari storici del Nucleo Urbano Centrale e riconosciuti di specifico valore architettonico e documentario da un punto di vista qualitativo. Lo sviluppo più recente di questa tipologia (anni ’60-’80), identificato nei “blocchi aperti”, che sempre più tendono a svincolarsi dalla geometria dell’impianto urbano circostante (via Parma, via Federici, via Bragarina, via della Pianta, corso Nazionale), tende ad accentuare l’indifferenza dell’edificio rispetto al percorso e il grado di diversificazione della morfologia edilizia e del linguaggio architettonico. La negazione, tipicamente moderna, di un ordine riconosciuto, si esprime talvolta a livello planimetrico con edifici a “spezzata” che tendono ad occupare il lotto pertinenziale in profondità, escludendo la possibilità di gerarchizzare, a livello volumetrico, il fronte lungo il percorso con una parete continua in favore di corpi concavi e convessi disarticolati e indifferenti all’assialità (corso Nazionale, via Bragarina, via Federici); oppure con edifici a “stecca”, più rigorosi nella stereometria e nell’allineamento, ma di fatto architettonicamente indifferenti alla maglia urbana (via Parma, via Federici);

3)    a questa individuazione, negli edifici moderni, di caratteri tipologici ricono-scibili nella loro graduale trasformazione storica, fa riscontro un insieme diffuso di elementi ibridi che, ricondotti in parte a tipologie edilizie di tipo aperto, “a palazzina” o “a villino”, costituiscono gran parte degli ambiti urbani periferici con eterogeneità di linguaggio architettonico. Complessivamente, infatti “palazzina” e “villino“, specifici di tessuti a morfologia aperta, costituiscono circa il 33% degli edifici della periferia. Non infrequenti le caratterizzazioni di tali episodi attraverso stilemi architettonici del movimento moderno “volgarizzati” in chiave “domestica”, cui è stato comunque riconosciuto un valore documentario.

Quando gli edifici, storici o moderni, non sono risultati ascrivibili a tipi edilizi codificati, in assenza, cioè, di regole morfologiche riscontrabili, sono stati attribuiti alla categoria “altro“, che costituisce circa il 27%dell’edificato totale, a significativa conferma dell’inferiore grado di identificabilità dell’edilizia periferica.

In termini di valutazione qualitativa generale è evidente, nell’edificato storico presente nella periferia spezzina, la prevalenza di edilizia di valore ambientale su quella di valore storico-architettonico o monumentale. La prima assume, infatti, la consistenza di circa il 77,5%dell’edificato storico non interessato da più recenti interventi di ristrutturazione; mentre gli edifici di valore architettonico-monumentale o storico architettonico costituiscono l’8% degli edifici antecedenti il 1940. La gerarchizzazione in forma ordinata del linguaggio architettonico dell’edilizia storica periferica, riscontrata lungo le dorsali o i percorsi principali e, più episodicamente, all’interno dei percorsi secondari e minori, tende a stemperarsi, infatti, in un diffuso “valore ambientale” nei tessuti aperti della periferia, interessati, altresì, come già rilevato, da trasformazioni e alterazioni; anche per questo il riconoscimento dello spazio urbano, in una prospettiva di lettura tesa a interpretarne il valore nelle forme e nei gradi di organizzazione complessiva, trascende quella del valore architettonico del singolo edificio per interessare tessuti ed ambiti nella loro struttura e tipologia.

Per l’edilizia moderna, solo il5%degli edifici rilevati assume valore “architettonico-documentario”, mentre circa il 55%risulta morfologicamente non compatibile con il relativo contesto insediativo; ma una interpretazione qualitativa più complessa dei significati e dei valori degli insediamenti moderni è raggiungibile solo attraverso la più organica lettura “per ambiti” delle relazioni tra le diverse parti dello spazio urbano.

 

MORFOTIPOLOGIA EDILIZIA

Nell’analisi della tipologia edilizia, la necessità di conseguire dati omogeneamente determinati in tempi relativamente brevi ha imposto una modalità di procedimento speditiva, che ha considerato le sole caratteristiche morfologiche rilevabili —o intuibili— dagli spazi liberamente accessibili o dalla cartografia aerofotogrammetrica: un rigoroso studio tipologico avrebbe infatti comportato, quanto meno, il rilievo planimetrico dei piani terra di tutti gli edifici ad una scala utile a descrivere strutture portanti, conformazione ed aggregazione degli spazi interni, impianto distributivo dell’organismo architettonico. Per questo motivo, pur utilizzando la definizione “tipologia architettonica”, si ritiene più corretta l’accezione di lettura “morfo-tipologica”, sviluppata sul territorio urbano. Gli elementi morfologici presi in considerazione per la determinazione delle classi tipologiche sono:

– modalità di edificazione del lotto; rapporti tra edificato, aree scoperte e percorsi;

– modalità di aggregazione e distribuzione degli spazi interni, dedotte attraverso la lettura dei prospetti architettonici;

– modalità di aggregazione in tessuti edilizi del sistema edificio-area di pertinenza con quelli adiacenti.

Tali modalità insediative, riscontrabili in forma consolidata nel nucleo urbano centrale, non presentano caratteri di regolarità tipologica nell’organizzazione urbana periferica, dove si riscontrano frequenti eccezioni e alterazioni nel rapporto edificio – lotto ed edificio – strada oltre ad eterogeneità di linguaggio architettonico. Questa riduzione della tipicità dei manufatti edilizi della periferia è da ascriversi alla rarefazione dei rapporti gerarchici e di continuità insediativa, caratterizzanti il “centro storico”, nella formazione dei tessuti, nonché ad un crescente grado di eterogeneità e marginalità delle funzioni insediate (commistione di attività produttive e residenza, ecc.)

 

ANTE 1940
CORTE

 

Sono gli edifici di originaria matrice rurale ancora ricono-scibili all’interno del tessuto urbano. Il rapporto con il per-corso non è mai diretto, ma mediato attraverso l’area sco-perta, principale sede delle attività agricole lavorative. L’organismo edilizio è costituito da un edificio principale ad uno o due piani a corpo semplice di forma rettangolare e profondità monocellulare a fronte cieco sul confine, mentre gli affacci si aprono sullo spazio interno. La tras-formazione di questi edifici in organismi edilizi residen-ziali ha prodotto notevoli modificazioni del tipo originario (quali l’apertura di affacci diretti su spazi esterni o l’acquisizione di servitù di veduta sulle corti contigue) facendone perdere l’originaria caratteristica di recinto chiuso. Nelle aree periferiche la variazione pre-valente del tipo si riscontra sotto forma di trasformazione in edifici mono-bifamiliari assimilabili alla tipologia moderna a villino, con alterazione del rapporto originario edificio-lotto e modifiche distributive e volumetriche
SCHIERA

 

Questa categoria contiene gli edifici a fronte monocellulare (4-6 m.) e due soli affacci, uno diretto su strada e l’altro su uno spazio scoperto retrostante di pertinenza, in uso esclusivo della casa; i muri laterali —ciechi— individuano il confine con gli edifici adiacenti e costituiscono appoggio comune per gli orizzontamenti. Caratteristica propria del tipo è la coincidenza con un’unica unità abitativa, organizzata su più livelli: il piano terra assolve a funzioni mercantili e di piccolo artigianato e gravita direttamente sul percorso; i piani superiori sono destinati ai locali di abitazione, a cui si accede da una scala interna. Una volta raggiunta l’altezza limite —tipica da luogo a luogo— i successivi processi di accrescimento della casa a schiera avvengono per intasamento dell’area di pertinenza, spesso ridotta a chiostrina interna.
PSEUDOSCHIERA

 

Questa categoria contiene gli edifici tipologicamente assimilabili alla casa a schiera, ma con elementi di alterazione rispetto alle caratteristiche architettoniche o d’uso, precedentemente descritte. In particolare ciò può verificarsi sotto forma di variazione dimensionale in profondità ed altezza dell’edificio e aumento del numero di unità abitative.
     

 

 

6. La divisione omogenea della città

La sintesi degli studi divide la città in parti omogenee che hanno costituito il riferimento per la disciplina del PUC:
1) omogenee a prevalenza di edifici di importanza storica, archi-tettonica e/o documentaria a sviluppo edilizio chiuso o aperto
a)    centro storico, costituito da un tessuto edilizio chiuso disposto su un tessuto regolare collegato da una rete infrastrutturale continua per poli o percorsi gerarchizzati, prevalentemente costituito da edifici di importanza storica e documentaria;
b)    tessuto storico del quartiere dei “Colli” costituito in prevalenza da edifici di importanza storica e documentaria a sviluppo edilizio aperto, con tipologia a palazzina, villa e villino;
c)    nuclei storici periferici costituiti da un tessuto a sviluppo edilizio chiuso disposti su dorsale prevalentemente costituiti da edifici di importanza storica e documentaria;
d)    tessuti centrali dei quartieri in area urbana periferica costituiti in prevalenza da edifici di importanza storica e documentaria;
2) le espansioni urbane definite come “aree periferiche”
a)    tessuti di impianto con presenza di edilizia storica a uno sviluppo edilizio aperto su impianto storico con prevalenza di tipologia a villino;
b)    tessuti pianificati di valore architettonico e/o documentario che com-prendono i quartieri della prima fase insediativa post bellica costituiti da tipologie in linea serialmente ripetute all’interno di una maglia regolare, con un equilibrato assetto morfologico tra edificato e spazi aperti;
c)    tessuto ortogonale recente a sviluppo edilizio chiuso che comprende l’espansione novecentesca della città con edifici ad alta densità a tipologia a blocco disposti su percorso urbano regolare a maglia ortogonale in modo tale da costituire una cortina edilizia continua;
d)    tessuti pianificati recenti costituiti dalle lottizzazioni recenti formate da tipologie edilizie e linguaggi architettonici disomogenei e diversificati che hanno raggiunto una forma insediativa compiuta ma scarsamente equilibrata con il contesto;
e)    tessuti recenti omogenei e disomogenei che comprendono le espansioni recenti spontanee con caratteri tipo-morfologici omogenei o disomogenei; le parti occasionali con una edilizia pri-va di alcuna relazione con il percorso di riferimento casualmente distribuita senza ordine e gerarchia e le espansioni collinari;
f)     aree “di ricomposizione urbana” che comprendono le aree all’interno dei tessuti caratterizzate da casualità insediativa, con forme e funzioni incoerenti incompatibili con i tessuti circostanti;
g)    aree specialistiche produttive (commerciali, terziarie, industriali, integrate e portuali).

TAV. D.6 – DIVISIONE FUNZIONALE DELLA CITTA’ CONSOLIDATA

Capitolo V 
Il sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei servizi

1. La viabilità provinciale
Il nuovo sistema della viabilità urbano e provinciale è stato negli ultimi anni oggetto della principale attenzione del Comune anche nei confronti dei piani di ordine superiore che si sono susseguiti.
La Spezia è una città particolare; la morfologia del sito la rende sostanzialmente unica nel panorama quanto meno nazionale. Infatti non solo è una città costiera, quindi non radiocentrica, ma è anche delimitata da una splendita corona di colline, il cui crinale coincide con il confine comunale.
Queste caratteristiche, unitamente alla storia della città (piccolo borgo fino al 1850, grande sviluppo urbano fino al 1930, espansione verso Migliarina nel dopoguerra) hanno reso il centro decentrato e di conseguenza faticoso il sistema della mobilità soprattutto pubblica (ferrovia – stazione – bus). L’unica infrastruttura nuova intervenuta sulla città, di carattere sovraccomunale, è stata l’autostrada e il raccordo autostradale, che assieme hanno reso definitivo il ruolo di isolamento terminale della città, che la geografia già le imponeva. Se questo fatto non fosse accompagnato dalla strategicità del sito probabilmente vi sarebbe per La Spezia una crisi di identità ancora maggiore di quella in cui si trova oggi in relazione al declino del suo modello economico di sviluppo. Invece il luogo (porto sicuro e il più vicino sull’itinerario Brennero-Tirreno, la bellezza dei luoghi), rendono pensabili e quindi perseguibili strategie territoriali di alto livello, che essenzialmente devono basarsi su tre obiettivi relativamente al tema mobilità:
– avvicinare la città all’Europa;
– rendere La Spezia una città non terminale ma capoluogo delle due valli che su di essa gravitano;
– modernizzare il sistema della mobilità e rendere cospicua l’offerta di spazi e servizi in tema di trasporto.

1.1. Le grandi infrastrutture

Il consolidamento del corridoio Brennero-Tirreno è il principale obiettivo che la città deve perseguire sia per il trasporto su gomma che su rotaia.
Gli interventi principali nei due settori sono ben noti:
– FF.SS. – raddoppio pontremolese;
– itinerario Brennero – autostrada Parma-Mantova;
– completamento nodo autostrada-porto.
Non è certamente compito del PUC approfondire questo tema, ma solo richiamarlo data la sua rilevanza strategica a scala assai più vasta.

1.2. Il progetto della viabilità provinciale

Il sistema della viabilità provinciale ebbe un primo momento di ripianificazione nel 1989, quando con il progetto di riuso dell’area IP il Comunbe della Spezia propose una nuova viabilità in variante alla Statale Aurelia nel Territorio provinciale (Val di Vara varainte nel tracciaro attuale – La Spezia tangenziale urbana – Val di Magra variante Aurelia e Cisa in sponda sinistra).
Fu inserito nel piano regolatore della Spezia il sistema della tangenziale oggi in costruzione e la realizzazione di un nuovo nodo intermodale di scambio ferro-gomma-bus nell’area IP. La progressiva redazione del Piano territoriale di Coordinamento La Spezia – Val di magra ha messo in discussione la cosiddetta proposta complanare, individuando come necessario, per problemi ambientali e di spreco di territorio, massimizzare il riutilizzo delle strade esistenti nella Val di Magra. La Regione Liguria, per altro, ha ulteriormente messo in discussione la Variante Aurelia nel tratto Sprugola di S.Benedetto-Riccò per motivazioni geologico-ambientali.
In considerazioni di quanto sviluppatosi in questi anni il Comune ha rivisitato la soluzione complessiva della viabilità provinciale, mantenendo fermo il sistema della tangenziale di la Spezia con le tre previste penetrazioni in città (zona Chiappa-Fossitermi – IP/Fontevivo-Felettino) e la connessione della stessa con il sistema autostradale in loc. Boschetti; il completamento del sistema dello svincolo Stagnoni – collegamento con S.S. Aurelia ai Boschetti, la nuova dogana negli svincoli autostradali – l’asse per il porto cui si aggiunge un nuovo ingresso a raso per il terminal di levante, la viabilità per Lerici.
Nelle relazioni col sistema autostradale si ritiene necessario in Val di Vara un nuovo casello autostradale in loc. Cavanella di beverino, connesso alla variante alla Statale Aurelia, che si propone corra da Sprugola di S.Benedetto nella Val Graveglia fino a ricongiungersi alla attuale statale in loc. Padivarma (il casello Spezia Ovest e la variante Aurelia scolmano di traffico la bretella autostradale di S.Stefano – La Spezia nella direzione da e per Genova – km.8 anzichè km.21).
In Val di Magra è necessario completare lo svincolo di Fornola per rendere possibili una serie di funzioni di collegamento (La Spezia-Follo e La Spezia-Ressora) e connesso ad esso la ristrutturazione della provinciale della Ripa dotandola di caratteristiche di strada statale.
Alla Spezia si prevede lo svincolo in loc. Pianazze, già individuato dal PRG vigente per scolmare del traffico pesante e leggero la bretella autostradale nel tratto urbano e contestualmente completare la viabilità alternativa all’Aurelia nel tratto Termo-Boschetti. Questa soluzione restituisce l’attuale Aurelia a caratteristiche di strada residenziale per i quartieri di Levante.
Il sistema di accessibilità per la città, così come disegnato, prevede, oltre alla esistente bretella autostradale, tre direzioni:
– Alta Val di Vara (casello Spezia Nord – S.S. Aurelia in Val Graveglia);
– Bassa Val di Vara (variante S.S. 330 Buonviaggio – Ponte Ceparana – Felettino – connessione con tangenziale della Spezia);
– Bassa Val di magra (variante S.S. 432 Romito – connessione con la variante Stagnoni-Muggiano);
In Val di Magra si propone una variante alla S.S. Aurelia in sponda destra che riutilizzi strade esistenti dal ponte di Ceparana – provinciale Ripa – svincolo Fornola – strada industriale Ressora – ponte Sarzana – provinciale per Marinella – connessione con variante Aurelia in Toscana); in sponda sinistra si ritiene sufficiente realizzare la viabilità industriale prevista dai PRG dei Comuni di S.Stefano, Sarzana, nonchè i nuovi tratti Ceparana – Ponte di Caprigliola – S.Stefano.

2. L’assetto della viabilità della città

La struttura viaria spezzina è ancora saldamente legata agli assi di Viale Amendola e di Viale Italia, un sistema ad “L” che racchiude la città ottocentesca novecentesca e la divide dal porto militare e dal porto commerciale. Su tale sistema viario convergono tutte le penetrazioni di carattere intercomunale, di carattere regionale e di carattere sovraregionale. In particolare ad est, attraverso Via Carducci, converge il raccordo autostradale con l’A12 Genova-Livorno e l’A15 Parma-La Spezia, che rappresenta il principale collegamento con il sistema nazionale per il quale Spezia costituisce il nodo di attestamento.
Convergono inoltre nel settore orientale della città la Statale n.1-Aurelia, che attraversa la città e prosegue verso nord-ovest per Genova e la n.331 (da Sarzana e Lerici), che nel tratto urbano è denominata Via San Bartolomeo; da nord la Statale n.330 del Buonviaggio (da Aulla e Pontremoli) e da sud i principali collegamenti con i comprensori turistici di Portovenere e delle Cinque Terre, rispettivamente la statale n.530 (Viale Fieschi) e n.370 (Via delle Cinque Terre).
Su questa struttura viaria, in circa venticinque anni, il traffico automobilistico è triplicato senza che intervenissero particolari adeguamenti o potenziamenti, salvo la realizzazione nell’area centrale della galleria Spallanzani negli anni ‘80 e della recente strada veloce per Lerici nel Levante cittadino, di recente ultimazione. In particolare si è affermato un modello che ha fortemente privilegiato l’utilizzo del mezzo privato da parte dei pendolari, anche incoraggiato dalla consistente disponibilità di sosta su suolo pubblico della città ed in particolare nell’area centrale, che presenta una dotazione di circa 19.000 posti auto, per lo più non regolamentati. Le indagini del Piano Urbano del Traffico (PUT) confermano che l’incidenza del traffico privato sul totale delle modalità di spostamento risulta fortemente squilibrato, se confrontato con altre città italiane dello stesso rango di La Spezia.
All’interno del centro storico della città la struttura viabilistica è caratterizzata da una maglia viaria ortogonale che ha i suoi assi portanti in Corso Cavour e Viale Garibaldi nel settore Ovest e in via Chiodo – via V. Veneto, via XXIV Maggio nel settore Est. Oltre a questi assi, resta una maglia estremamente fitta, composta per la maggior parte dei casi da strade strette caratterizzate dal senso unico di marcia e da parcheggi su entrambi i lati della strada.
La situazione viabilistica risulta di fatto influenzata dall’intensa progettualità infrastrutturale maturata nel decennio scorso e dall’incompiutezza di una serie di opere strutturali che da questa derivavano. Opere da una parte indirizzate a dare un’efficace risposta all’affermazione terminalistica del Porto con nuove strutture viarie e ferroviarie, ma anche a costituire un diverso assetto viabilistico non più attestato sul sistema di Viale Amendola e di Viale Italia. Opere in gran parte contenute nel Prg vigente, non ancora ultimate e pertanto oggi ininfluenti per l’assetto del traffico. Ci si riferisce in particolare alla Variante Aurelia, completamente realizzata per il primo e secondo lotto dalla Foce al Felettino, ma non ancora aperta al traffico a causa del mancato completamento della galleria Marinasco: arteria importante ma che non potrà assumere un ruolo efficace fino al completamento del terzo lotto (connessione con il raccordo autostradale) di cui si stanno definendo le progettazioni esecutive; alla strada per Lerici, nonchè all’unificazione della barriera doganale che impegna il nodo di Stagnoni e riorganizza i varchi portuali. Tale situazione incide sulle arterie che hanno sopportato i maggiori incrementi di traffico negli ultimi dieci anni e che in gran parte coincidono con quelle per cui risultano più critiche le condizioni di inquinamento acustico e atmosferico.
Le arterie più sollecitate risultano essere in sostanza i principali assi di penetrazione, ossia via Carducci, viale Fieschi, viale Sauro, via Buonviaggio, via Fiume, viale San Bartolomeo, nonchè la spina dorsale portante dell’intero sistema viabilistico cittadino, costituita da viale Amendola e da viale Italia. Il traffico che vi insiste è sostanzialmente caratterizzato da un’origine comunale o intercomunale relativa per lo più a centri compresi in un raggio di 15 chilometri dal capoluogo (Sarzana, Bolano, Vezzano, Arcola, Follo, Lerici, S.Stefano, ecc.).

3. L’assetto ferroviario

Il nodo ferroviario della Spezia è nato come infrastruttura connessa alla scelta sa-bauda di realizzare l’arsenale militare ed ha costituito un segno fondante dell’insediamen-to urbano. La stazione passeggeri è loca-lizzata nella parte nord della città, allora cen-trale rispetto alla città; gli sviluppi urbanistici novecenteschi nella piana di levante hanno richiesto la realizzazione di una stazione secondaria a Migliarina, finalizzata soprattutto allo spostamento dei pendolari.
Il traffico merci è costituito da due impianti:
– quello di Valdellora, vero e proprio scalo merci, ora sottoutilizzato,
– quello di Migliarina, struttura di supporto all’impegnativo traffico ferroviario portuale.
I punti di crisi del sistema passeggeri-merci sono molteplici, alla luce del grande sviluppo del trasporto ferroviario di merci containerizzate generato dal porto mercantile e non risultano sufficienti ,se non integrati da ulteriori infrastrutture, gli interventi realizzati recentemente, quali il parco ferroviario di Santo Stefano Magra e il binario di connessione Santo Stefano – Porto della Spezia; così come sono inutilizzati e ormai solo dei vincoli territoriali alcuni binari a servizio delle zone industriali.

3.1. Il trasporto passeggeri

La stazione principale è localizzata in posizione ormai non più baricentrica rispetto allo sviluppo urbano, è sempre più difficilmente raggiungibile anche per le misure necessarie prese con il piano urbano del traffico, mancante di idonee infrastrutture di servizio, quali in particolare parcheggi e stazione autolinee, non facilmente risolvibili se non a costi elevatissimi.
La seconda stazione La Spezia -Migliarina non è da ritenersi una alternativa valida, poichè anch’essa decentrata e non dotata di numero di binari sufficiente per assolvere adfunzioni superiori.
Nonostante la grande potenzialità del trasporto locale passeggeri su rotaia sia nei confronti del comprensorio residenziale e turistico delle 5 Terre, che della Lunigiana, soprattutto per il trasporto casa-lavoro, e pur in presenza di numerose stazioni minori, non è possibile costruire un sistema di trasporto, metropolitano, per la saturazione della linea tirrenica.

3.2. Il trasporto merci

Il trasporto merci si basa su una infrastrutturazione che è rimasta imutata dalle origini sino agli anni ‘80: un grosso parco ferroviario all’interno dello scalo marittimo con un solo binario di raccordo con la linea tirrenica, e un solo binario di servizio alla zona cantieristica-industriale e militare.
Negli ultimi anni sono state realizzate dalle FF.SS., due importanti infrastrutture connesse all’itinerario Pontremolese, il parco ferroviario di S.Stefano e il raccordo tra questo e il porto mercantile, mediante un nuovo binario da Boschetti a S.Stefano
In effetti l’attuale sistema ha consentito di raggiungere buoni risultati,dal momento che nel porto della Spezia ben il 35% delle merci usa la rotaia, in questo primo porto nazionale,persistono tuttavia numerosi problemi sia in ordine alla funzionalità (troppe manovre, un unico binario di uscita dal porto, la irrazionalità nella composizione dei treni-blocco, la necessità di utilizzare il supporto dello scalo merci Migliarina, il non funzionamento del nuovo parco ferroviario di S.Stefano), che all’impatto ambientale (il binario di ingresso al porto nel tratto tra Fossamastra e via Palmaria è adiacente all’abitato con gravi problemi di inquinamento acustico anche perchè non elettrificato – il binario tra cantieri e zona industriale del tutto inutilizzato è un’ingombrante infrastruttura per la riqualificazione produttiva della zona).
La programmazione in corso da parte FF.SS. prevede la realizzazione di un fascio binari in loc. Canaletto e il raddoppio del binario esistente tra S.Bartolomeo e Boschetti,con ciò duplicando la funzionalità del tratto e liberando il binario lungo il viale S.Bartolomeo.
Inoltre l’ASA logistica sta provvedendo ad integrare l’impianto di S.Stefano con il porto della Spezia per ottimizzare il traffico ferroviario, nel contempo migliorando la logistica complessiva, così potrà tendenzialmente non essere più essenziale lo scalo Spezia Marittima la cui s dismissione è fondamentale per il riuso del 1° bacino portuale.
Ulteriori interventi non programmati, ancora da FF.SS., ma concertati dal Comune con esse, riguardano il completamento del 3° binario Pontremolese da Boschetti alla Spezia Centrale, al fine di rendere del tutto indipendente la linea tirrenica dalla Pontremolese sino alla stazione centrale e consentendo una programmazione d’uso della ferrovia anche per il trasporto metropolitano.
Un ultimo intervento,il più consistente, riguarda la realizzazione della nuova stazione passeggeri principale nello scalo merci di Valdellora, ove già esiste un adeguato numero di binari allo scopo; con il riuso delle aree dismettibili dell’attuale scalo merci sono certamente prevedibili tutte le funzioni legate aall’intermodalità. Di questo fondamentale distretto di trasformazione si parla in altra parte della relazione; esso costituisce elemento essenziale per il riordino

4. Il trasporto pubblico

Le strategie definite per la mobilità confermate dai vigenti Piani di settore (Piano Urbano del Traffico, Piano dei Trasporti Pubblici Urbani e Suburbani, Piano dei Trasporti Marittimi) nonchè dal Piano dei Trasporti in fase di ultimazione assegnano al trasporto pubblico un ruolo primario nel soddisfare la domanda di mobilità. In questo senso si orientano anche le politiche urbanistiche del Preliminare di PUC.
Si dovrà puntare gradualmente e senza traumi verso sistemi di incentivazione dellíofferta di trasporto pubblico in quanto attualmente la situazione spezzina si presenta pesantemente connotata dallíuso del trasporto privato, che interessa soprattutto il traffico pendolare.

5. La rete pedonale e ciclopedonale

L’offerta delle aree pedonali e percorsi ciclopedonali risulta piuttosto limitata, sia sotto il profilo quantitativo, che per quanto concerne l’articolazione di una rete. Quest’ultimo aspetto risulta primario per la riqualificazione dell’area centrale e per l’integrazione dei tratti esistenti del sistema ciclopedonale. Per quanto concerne gli spazi pedonalizzati, la situazione attuale risulta la seguente:
– una zona pedonale gravitante intorno a via del Prione;
– il sistema dei “portici” di via Chiodo e di via Vittorio Veneto;
– la passeggiata “Morin” lungo líunico vero affaccio a mare della città;
– tratti di viabilità ordinaria, tra i quali viale Mazzini,alcuni brevi tratti tra Corso Cavour e via Gramsci, via della Canonica e parzialmente via Rattazzi, via Manzoni e via Fiume.
Situazioni certamente non trascurabili, ma non ancora composte all’interno di un sistema di percorsi interconnesso e continuo. Emerge la mancanza di veri e propri itinerari pedonali e soprattutto di una asta forte di collegamento pedonale che dalla città storica arrivi alla passeggiata a mare e all’area centrale da realizzare, sostanzialmente, attraverso l’estensione delle aree oggi già interessate dalla pedonalizzazione, in cui sono sono presenti situazioni a forte vocazione pedonale; ci si riferisce in particolare al tratto di Corso Cavour compreso tra via Chiodo e via Rosselli interessato da flussi di traffico senza dubbio eccessivi per la capacità non solo ambientale ma anche fisica della strada, i cui flussi di traffico potrebbero essere trasferiti su viale Amendola.
La rete attuale risente, soprattutto, della necessità di un potenziamento del sistema attraverso interventi mirati al recupero ambientale e alla pedonalizzazione di tutte quelle situazioni (strade, piazze, aree) inserite in contesti urbani di forte pregio o a forte vocazione pedonale, in coerenza con quanto definito dal PUT.
In questo quadro di pedonalità risulta indispensabile prevedere nuovi parcheggi in struttura per la sosta dei residenti e a rotazione, sostitutivi dei posti auto eliminati su sede stradale. In questo modo si tende, da una parte a contenere l’impatto delle auto private costantemente in sosta lungo le vie principali, dall’altra di liberare in alcune aree centrali strategiche parcheggi regolamentati a pedaggio (Piazza Cavour, Piazza Chiodo, Piazza Verdi e nelle vicinanze del Centro Allende, ecc.). Così come si registra la mancanza di significativi itinerari pedonali urbani, non risulta riconoscibile una vera e propria rete ciclabile. Le uniche piste ciclabili sono presenti lungo viale Italia, via Prosperi, viale Fieschi e via Monfalcone, ma non sono tra loro connese. Esiste comunque una programmazione in tal senso che dovrà essere recepita dal PUC e sollecitata. Infatti il caso spezzino tende a privilegiare il principio della pista ciclopedonale in sede propria in quanto le dimensioni della rete urbana risultano in generale modeste e inadeguate ad ospitare anche corsie riservate alla mobilità ciclopedonale. Ciò rende più elevati i costi di realizzazione della rete e più complicate le soluzioni di connessione dei vari segmenti.
La programmazione in corso prevede una rete costituita soprattutto da piste a doppio senso di marcia o a senso unico in sede propria e da brevi tratti in sede promiscua con il traffico privato o in commistione con i flussi pedonali. L’assetto proposto punta sulla continuazione verso ovest delle piste esistenti lungo viale Italia e via Vittorio Veneto attraverso via Cavour, Ferrari-viale Sauro, viale Fieschi; nel settore est il sistema si chiude in Corso Nazionale, ma é evidente che nell’ambito delle trasformazioni urbanistiche previste dal PUC, nonché della realizzazione della seconda stazione ferroviaria, si potrà pensare ad un suo completamento.

6. Sistema della viabilità – scenari di intervento

Dal quadro del sistema della viabilità emerge l’esigenza di completare le infrastrutture programmate, finanziate e in parte già realizzate. Determinante per il futuro assetto viabilistico sia a livello territoriale che urbano, in quanto si configura come “tangenziale della città” a tutto beneficio della qualità urbana dell’area centrale e delle attuali condizioni di attraversamento della città, risulta il completamento della Variante Aurelia.
Nel Piano dei Trasportisono stati considerati diversi scenari di intervento sul sistema della viabilità per valutare innanzi tutto gli effetti indotti sul traffico della città dalla realizzazione dei vari lotti funzionali del sistema tangenziale costituito dalla variante dell’Aurelia e in particolare per valutarne gli effetti sulla viabilità urbana, quindi per conoscere il ruolo e gli effetti indotti dalla realizzazione di una gronda urbana a nord della ferrovia che, con una nuova galleria tra Valdellora e la Stazione FS, consenta di declassare la Galleria Spallanzani.
Gli scenari considerati sono nove; in questa sede si ritiene opportuno riportare solo quelli che interessano i nodi più problematici di collegamento tra il sistema tangenziale e la viabilità urbana, quindi anche la prevista nuova gronda urbana, soprattutto in relazione alle ricadute sul sistema urbanistico ed ambientale:
1° scenario: collegamento diretto tra la Variante Aurelia e via S. Francesco, da adeguare e potenziare, tramite bretella, senza collegamento con via Fiume;
2° scenario: sostituzione della bretella di collegamento utilizzando via Sarbia e via dei Colli e confermando il potenziamento di via S. Francesco;

STRALCIO DELLA RETE FOGNARIA NELL’AREA CENTRALE

TAV. D7 – IL SISTEMA DELLE PRINCIPALI INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO E DELLA MOBILITA’ 

3° scenario: conferma dello scenario 2 con una nuova bretella di collegamento tra l’Aurelia e viale Fieschi (prima del bivio per Portovenere e per le cinque terre);
4° scenario: gronda urbana senza sistema tangenziale;
5° scenario: gronda urbana con sistema tangenziale;
6° scenario: collegamento del sistema tangenziale alla viabilità urbana diretto tramite bretella, con connessione alla gronda urbana diretta in galleria, evitando così nuovi traffici su via S. Francesco.
Dai risultati delle simulazioni, fatte sul solo traffico automobilistico emerge:
1) l’importanza del sistema tangenziale per ridurre la pressione di traffico in città (la riduzione varia dal 10% al 24% a seconda delle soluzioni ipotizzate per i suoi raccordi con la viabilità urbana);
2) l’importanza della nuova Gronda Urbana, per declassare il ruolo dell’attuale galleria Spallanzani, anche in presenza del sistema tangenziale;
3) problematica la connessione del sistema tangenziale alla viabilità urbana nel settore ovest della città, in corrispondenza di via S. Francesco;
4) lo scenario n°6 risulta quello più adeguato rispetto alla necessità da una parte di salvaguardare via Fiume e dall’altra di preservare via S. Francesco quale asse ambientale a vocazione pedonale.

7. Le reti tecnologiche

L’analisi delle reti tecnologiche tende a far emergere un quadro assai positivo rispetto allo scorso decennio. Gli sforzi sia progettuali che economici sono stati in questi anni indirizzati verso tutti i settori ed in particolare hanno colmato l’arretratezza storica della rete fognaria che sarà completata entro due anni e per la quale l’obiettivo finale consentirà di depurare il 90% delle acque di scarico sia civili che industriali. I servizi (acquedotto, fognatura, depurazione, gas) sono gestiti in modo integrato dalla municipalizzata Acam.
Per quanto riguarda la rete idrica il servizio copre tutto il territorio e i lavori in programma prevedono un costante ammodernamento della rete per risanare e migliorare il sistema acquedottistico e ridurre progressivamente le perdite. Sono previsti numerosi interventi di sostituzione delle tubazioni più obsolete dove si registrano con maggior frequenza gli interventi di manutenzione e sarà avviato un importante programma sperimentale di ricerca perdite acqua. La rete idrica esistente sul territorio ha oggi uno sviluppo di circa 210 chilometri, con un approvigionamento prevalentemente costituito da pozzi localizzati nel letto fluviale del Magra, fuori comune. L’ottimizzazione del sistema acquedottistico viene dal ‘98 operata attraverso un sistema informatico territoriale di calcolo (Hynet) e dal prossimo anno si darà corso agli interventi che consentiranno di offrire maggiori condizioni di stabilità e continuità della fornitura, anche con un aumento delle capacità di stoccaggio, con la realizzazione di serbatoi di compenso con una capacità complessiva di 12/15.000 mc.
La rete fognaria ha invece uno sviluppo sul territorio della Spezia di circa km. 67. La rete è sufficientemente estesa, anche se risultano ancora alcune zone marginali non servite. Per quanto riguarda questo servizio è previsto nell’arco del prossimo tiennio il completamento dei lavori di risanamento ed estensione delle reti fognarie nel centro storico e nel centro città, per un importo complessivo di circa 20 miliardi con un contributo regionale di 16 miliardi. Sono inoltre già previsti interventi che riguardano la realizzazione delle rete fognaria nelle frazioni collinari e la connessione alla rete cittadina, nonché la dotazione di infrastrutture depurative adeguate.
Per quanto riguarda gli impianti di depurazione, è già previsto il completamento dei lavori del 1° lotto di ristrutturazione dell’impianto degli Stagnoni per un importo di circa 5 miliardi e il suo adeguamento in relazione allenuove capacità derivanti dallíestensione della rete.
Anche per il servizio energetico relativo alla distribuzione del gas la rete risulta sufficientemente estesa ed articolata e gli interventi necessari riguardano il progressivo ammodernamento delle reti esistenti e la riduzione delle perdite. La rete gas esistente sul territorio ha uno sviluppo di circa km. 173. Sono già in fase di realizzazione numerosi interventi di sostituzione delle tubazioni più obsolete dove si registrano con maggior frequenza gli interventi di manutenzione, e l’estensione della rete nelle zone di più recente sviluppo insediativo.
Sono, infine, in fase avanzata di studio e progettazione i progetti di attivazione del servizio di teleriscaldamento e autoproduzione di energia elettrica. In particolare, sarà avviato l’intervento relativo all’area ex IP, che consentirà a tutte le unità insediative, che si insedieranno nell’area, di usufruire di un’infrastruttura tecnologicamente avanzata e conveniente rispetto ai servizi tradizionali.

8. Il sistema dei servizi pubblici

L’indagine sui servizi ha avuto cura di restituire una fotografia dello stato di fatto completa di tutti quei particolari che ne agevolino una efficace traduzione in azioni di progetto. La conoscenza dello stato dei servizi ha pertanto costituito una fase specifica del processo di formazione del Piano per l’incidenza che essi hanno assunto nella costruzione e nella riqualificazione della città;
La lettura dello stato dell’offerta di servizi è stata condotta secondo i criteri del vigente D.M. 1444/68, dal momento che, a tuttora, la Regione Liguria non ha ancora emanato i nuovi criteri di quantificazione previsti dalla nuova Legge Urbanistica Regionale. La classificazione dei servizi esistenti è stata dunque tradizionalmente articolata nelle due tipologie del D.M. (quartiere, interesse generale) cui si aggiungono i servizi non espressamente normati dal decreto stesso e che il piano ha distinto come “altri servizi”. Un ulteriore elemento dell’analisi individua i servizi in proprietà o in gestione privata e la relativa incidenza sullo standard complessivo, nell’ottica di una potenziale parziale compensazione, già, peraltro, prefigurata dalla stessa L.U.R.
Alla valutazione quantitativa, l’indagine ha affiancato una lettura qualitativa e prestazionale volta ad individuare sia le attrezzature e le aree dismesse, sia la qualità (nei termini di giudizio morfologico e sullo stato di conservazione che hanno complessivamente caratterizzato le indagini di piano) di ciascuna area per servizi esistente o prevista dal P.R.G. vigente.
L’analisi ha evidenziato la sostanziale inefficacia delle politiche di reperimento “quantitativo” di aree per servizi della precedente fase pianificatoria, ponendo in luce l’inadeguatezza di una strategia vincolistica e frammentaria di massimizzazione dello standard quale quella del vigente P.R.G., spesso caratterizzata dalla localizzazione in aree di scarsa accessibilità e morfologicamente inappropriate e confermata dall’elevata quota di previsioni inattuate : a fronte dei circa 21 mq/ab che il piano dell’82 prevedeva come standard-obiettivo medio comunale per una popolazione presunta di 143.217 unità, l’indagine condotta sullo stato dell’offerta ha verificato uno standard di circa 9,3 mq/ab riferita agli attuali 98.000 abitanti circa.

8.1. Le attrezzature urbane

L’attuale configurazione del sistema delle attrezzature urbane di interesse generale è caratterizzata da un processo di rilocalizzazione dei principali poli di terziario direzionale pubblico dal centro storico verso le aree del “nuovo centro “ urbano, a consolidarne l’identità di baricentro comprensoriale, che ha preso avvio con il vigente P.R.G.: Palazzo di Giustizia, Questura, polo direzionale del Centro Kennedy, nuova sede della Pubblica Assistenza, sono gli elementi principali di questa azione di decentramento rispetto alla città storica, in diretta connessione con i principali bacini di trasformazione urbana, Area Ip e Calata Paita. Ad essi si affianca la programmata realizzazione del polo ospedaliero del Felettino e la potenziale conversione dell’area di S.Cipriano ad attrezzature per il terziario pubblico. Parallelamente ha trovato progressiva attuazione la specializzazione in senso culturale delle attrezzature all’interno del centro storico, di elementi della nuova rete museale (Museo Civico Lia, Palazzina delle Arti, Museo d’Arte Sacra) con la realizzazione del polo universitario “G. Marconi”, e con la riapertura del Castello di S.Giorgio.
Nell’area del Levante cittadino, la realizzazione del Palasport costituisce un primo elemento di polarizzazione della fascia urbana di via Carducci, che versa oggi in condizioni di degrado, preludendo ad una progressiva specializzazione dell’area a funzioni di servizio di interesse generale (Quartiere Fieristico, nuove attrezzature sportive).
Il recupero del Mattatoio Civico e la sua parziale destinazione a mercato ittico e il depuratore Acam degli Stagnoni costituiscono i principali impianti tecnologici del Comune.

8.2. Aspetti quantitativi e carenze del sistema dei servizi di quartiere

La verifica dello standard per servizi, e del correlativo fabbisogno arretrato, è stata attuata avendo a riferimento le perimetrazioni delle unità insediative illustrate al capitolo precedente. Ciò per ricondurre la valutazione ad un’unità territoriale maggiormente aderente, rispetto alle precedenti suddivisioni amministrative in quartieri, alla realtà insediativa, morfologica e funzionale dei luoghi e alla reale pertinenzialità dei servizi rispetto a ciascuna unità.

Il quadro complessivo delle dotazioni di quartiere mostra una situazione di deficit generalizzato per ciascuna delle categorie di servizi. Lo standard medio esistente valutato su tutto il territorio comunale ammonta, infatti, complessivamente a 9,3 mq/ab, a fronte dei 18 mq/ab minimi previsti dal D.M. 1444/’68. Più in particolare si riscontrano sensibili carenze nell’ambito del sistema dei parcheggi pubblici e degli spazi per l’istruzione, sensibilmente inferiori, questi ultimi, alla metà di quelli prescritti dal D.M. 1444/’68 (1,8 mq/ab stimati sull’intero territorio comunale a fronte dei 4,5 mq/ab necessari).

SERVIZI PUBBLICI DI QUARTIERE ESISTENTI
mq
mq
Istruzione e attrezzature civili e religiose
279161
2,85
Zone a verde attrezzato, sportive e di relazione con il mare
543180
5,54
Zone per parcheggi pubblici
89261
0,91
TOTALE
911602
9,30
Il bilancio degli spazi per attrezzature scolastiche si aggrava ulteriormente se si considera che circa il 10% degli stessi è in dismissione e che molti di essi non risultano sufficienti nella dotazione di aree verdi previste dal D.M. 18/12/’75; in sostanza la carenza non è di plessi scolastici, ma in alcuni casi di adeguati spazi pertinenziali. Quantitativamente carenti anche il verde pubblico di quartiere (5,54mq/ab a fronte dei 9 mq/ab del D.M. 1444) e le attrezzature di interesse comune.
Da un punto di vista insediativo, il sistema dei servizi di quartiere risulta frammentario, soprattutto nelle aree periferiche, con una distribuzione territoriale discontinua ed una scarsa interrelazione tra le singole parti, tra gli spazi pubblici della città: la parziale realizzazione delle previsioni del P.R.G. vigente non ha complessivamente prodotto un sistema interconnesso di servizi, in favore di un’attuazione sporadica.

8.3. Il sistema del verde urbano

L’attuale configurazione del verde urbano è costituita da quattro principali nuclei: i giardini storici, il parco della Maggiolina, il parco di Gaggiola e il parco del Colombaio. Il parco della Maggiolina, frutto del piano Moroni, è la principale risorsa di verde urbano dell’area di levante e costituisce un cruciale elemento di connessione ambientale tra i tessuti del “Area Centrale” e il sistema della Piana di Migliarina.
Il parco si interrompe attualmente in corrispondenza di via del Canaletto, lungo una delicata “linea di contatto” tra l’insediamento urbano consolidato su maglia ortogonale e l’unità insediativa Canaletto-via Carducci, soglia oltre la quale è predominante l’immagine tipica del “non finto” periferico. La necessità di un completamento del sistema del verde implica la sua connessione:
– con i servizi esistenti (Biblioteca Beghi, Palazzetto dello Sport, aree attrezzate e sportive del margine urbano lungo via Lunigiana);
– con il sistema ambientale della Dorgia quale elemento di continuità fisica e di connessione ed attraversamento della città dall’ambito extraurbano al mare;
– con la più generale necessità di trasformazione in luogo centrale e sistema di servizi urbani che il piano riconosce all’unità di via Carducci-Canaletto.
Il parco di Gaggiola (parco della Rimembranza-anfiteatro di viale Alpi) e il parco del Colombaio sono i due elementi attualmente esistenti del “Parco delle Mura”, già configurato dal vigente P.R.G.:
– come sistema di cintura ambientale tra tessuti urbani centrali e sistema extraurbano;
– come elemento di connessione verde delle unità insediative Centro Storico, Colli, Vicci-Quartiere Umbertino, Fossitermi-Scorza, Chiappa-Rebocco, Pegazzano-Buggi, ordito lungo il percorso tracciato dalle monumentali mura ottocentesche;
– come unificazione “alta” dei servizi della fascia collinare dal polo università-cattedrale-castello di S. Giorgio al polo parco del Colombaio-Stadio Comunale.
A questo livello si associa quello delle aree verdi dei quartieri periferici, per le quali le indagini sui servizi hanno evidenziato:
– la scarsa efficienza degli spazi verdi frammentari e di piccole dimensioni sporadicamente distribuiti nei tessuti periferici;
– il migliore livello funzionale e qualitativo delle aree di maggiori dimensioni ubicate in prossimità dei quartieri di edilizia residenziale pubblica ad alta densità (Fossitermi e Pianazze) che presentano un più diretto rapporto di pertinenzialità tra abitazione e spazio collettivo;
– la necessità di un potenziamento delle dotazioni di verde dei servizi scolastici, attualmente sottodimensionate in una pluralità di casi.
 
TAV. D.8A – STATO DELL’ATTUALE OFFERTA DEI SERVIZI

TAV. D.8B – QUALITA’ DELLE AREE PER SERVIZI ESISTENTI E DELLE AREE INTERESSATE DALLE PREVISIONI DEL PRG 87


Capitolo VI 
Processi socioeconomici in atto

1. L’andamento demografico

La costruzione di un quadro demografico attendibile è uno dei presupposti basilari per fondare le future scelte di programmazione territoriale. Esso si configura non soltanto come elemento attraverso il quale dimensionare gli interventi urbanistici, ma, specie nella componente migratoria, diventa una variabile dipendente dell’evoluzione economica, la quale, a sua volta, è condizionata dalle generali politiche di sviluppo locale di cui fanno parte anche le scelte urbanistiche. Oggi, attraverso lo studio demografico si tende a fornire elementi non solo in termini di tendenza di sviluppo (o di regressione) ma, in particolare, per quantificare deficienze per tipologia dei servizi e delle abitazioni e, di conseguenza, per formulare delle ipotesi di progetto della citty basato su necessity reali, non solo in termini quantitativi, ma di quality (dei servizi, dell’ambiente, della condizione abitativa, della mobility).
Per comprendere l’andamento della popolazione del Comune della Spezia si fa riferimento ai dati censuari dal 1911 al 1991. Da questa raccolta di informazioni è possibile distinguere quattro cicli: uno di crescita intensa, uno di incremento meno marcato, uno di pressoché stasi demografica, l’ultimo di declino:
a) il primo ciclo arriva fino al 1951, durante il quale la popolazione sale da 82.362 a 111.849 unity con una variazione percentuale del 35,8% ed un incremento medio annuo dello 0,89%;
b) il secondo ciclo interessa il decennio dal 1951 al 1961; in questo periodo la popolazione aumenta di circa 10.000 unity, pari ad un incremento percentuale del 9,01% ;
c) il terzo ciclo riguarda il decennio 1961-1971 durante il quale la popolazione residente cresce molto rispetto al periodo precedente (è quasi una stasi demografica se rapportata alle variazioni dei primi due cicli), con un aumento di 2.624 unità in valore assoluto (l’incremento medio annuo risulta essere dello 0,21%);
d) il quarto ciclo, (dal 1971 ad oggi), mostra un declino demografico confutato dalla perdita di 9.155 unity tra il 1971 ed il 1981 (-7,35%) ulteriormente accentuatosi tra il 1981 ed il 1991, intervallo temporale durante il quale la popolazione residente si riduce di 13.950 elementi (-12,09%), scendendo nel 1995 arriva a 98.415 unità, con una variazione media annua del -0,87%.

L’arresto demografico del Comune è da attribuirsi all’insufficiente ricambio naturale (costantemente negativo) ed a quello migratorio.
Nell’area geografica comprendente il comune della Spezia e quelli a lei confinanti le dinamiche demografiche risultano diverse tra Comune e Comune. Suddividendo il periodo 1971-1991 in due intervalli temporali intercensuari di osservazione, si evince che:
a) il decennio 71-’81 ha visto una riduzione della popolazione nel Comune della Spezia (-7,35%), Lerici (-6,93%), Portovenere (-7,83%), Riomaggiore ( 7,85%); un trend demografico positivo si è invece verificato nei Comuni di Arcola (+10,14%), Follo (+18,87%), Riccò del Golfo (+2,68%), Sarzana (+2,87%) e Vezzano (+8,18%);
b) il decennio ‘81-’91 ha portato un aggravamento nel decremento della popolazione nel Comune della Spezia ( 12,09%), di Lerici (-10,47%), di
Riomaggiore (-15,98%) ; nel periodo considerato si nota invece un notevole incremento nel Comune di Riccò del Golfo (14,76%) e di Follo (22,70%).

Nel periodo 1991-1995 si registra un ulteriore diminuzione di abitanti nel comune della Spezia (-2,8%), Lerici (-3,39%) e Riomaggiore (-3,73%). La migliore performance rimane quella riscontrata nel Comune di Follo (12,16%), Portovenere (+3,44%), Riccò del Golfo (+3,25%).
Per ciò che riguarda il Comune della Spezia, la diminuzione della popolazione è imputabile principalmente al decremento naturale sempre contrario dal 1976 al 1995, ulteriormente aggravato da un saldo migratorio, anch’esso negativo negli anni considerati.

Nei comuni limitrofi che hanno fatto registrare un aumento di popolazione, la causa che ha fatto notare un saldo positivo è da ricercare sempre nell’andamento dei saldi migratori positivi che hanno continuamente sopperito all’andamento negativo del saldo naturale.
Al tendenziale calo di popolazione si accompagna un progressivo invecchiamento degli abitanti che non investe solo il comune capoluogo.

Nel Comune della Spezia tra il 1971 e il 1995 i giovani in ety inferiore a 14 anni diminuisce di ben 13.492 unity (da 23.543 a 10.051, pari a – 57%), mentre gli ultrasessantacinquenni salgono di 7.428 (17.719 a 25.147, pari a +42%).
Tutto questo spiega l’aumento consistente dell’indice di invecchiamento che, sempre nello stesso periodo 71-95, è passato da 75,26 a 250,19.

Tutti gli indicatori demografici confermano il generale declino della popolazione della Spezia.

Per ciò che riguarda l’andamento delle famiglie nel periodo compreso tra il 1951 e il 1995, a possibile notare una duplice dinamica:
1) la popolazione ha registrato un incremento dal 1951 al 1971 di 12698 unity subendo, successivamente, una drastica riduzione fino alle 98.316 unity del 1995;
2) il numero di famiglie presenti nel Comune a aumentato dalle 33.425 unity del 1951, alle 49.134 del 1981; nel decennio successivo (‘81-’91) le famiglie registrano un decremento (43.202 unity nel 1991), continuando a ridursi fino al 1995 (42.594 unity).
L’andamento a forbice verificatosi nel periodo ‘51-’71 tra famiglie e popolazione residente, si a tradotto in una nuova contrazione del numero medio dei componenti che a sceso da 3,3 (1951) a 2,7 (1971) fino ad attestarsi sulla media attuale di circa 2,3. La più rilevante trasformazione nel campo delle famiglie riguarda la crescita di nuclei unipersonali che hanno assunto dal 1981 al 1995 un peso percentuale maggiore sul totale, passando dal 27,2% al 30,6%.

La contrazione della dimensione media e la conseguente parcellizzazione dei nuclei composti da uno e due persone dà dunque ragione ai mutati valori nei
rapporti di formazione che si sono spostati a favore delle minime dimensioni. L’elevato numero anagrafico di famiglie minime può comunque essere attribuito all’esistenza di norme che favoriscono in campi diversi coloro che possono esibire la qualifica di capofamiglia, anche se di un nucleo unipersonale. È dunque probabile che nell’anagrafe comunale siano sottodimensionate le famiglie più ampie.

2. La distribuzione territoriale della popolazione

Vediamo adesso, brevemente, come la popolazione sia distribuita sul territorio e quale siano state le principali variazioni nel periodo 1988-1991, prendendo come unità territoriale di riferimento la circoscrizione amministrativa.

La densità media territoriale è di 19,8 ab/ettaro e varia da un minimo di 6,9 nella 1^ Circoscrizione (Biassa, Pegazzano, Cadimare, Marola), ad un massimo di 135,4 ab/ ettaro nella 3^ Circoscrizione (centro città). La zona più densamente popolata è quella centrale, che distanzia molto la zona successiva che è quella della 4^ Circoscrizione (la zona oltre la ferrovia) dove la densità territoriale è di 28,34 ab/ettaro. La situazione non si modifica, come tendenza, se la densità viene misurata attraverso il parametro dei vani/Ha. Come per la densità della popolazione, anche quel-la abitativa è più elevata nella 3^ Circoscrizione con 265,3 vani/Ha, seguita dalla 4^ Circoscrizione, dove si riscontrano 45,6 vani/Ha.

I dati sulla densità della popolazione e abitativa risultano molto interessanti se si confrontano con le variazioni subite dalla popolazione stessa nelle 5 Circoscrizioni:
a)    nella 1^ Circoscrizione (con la densità abitativa più bassa, pari a 12,02) subisce nel periodo 1988-1991 una riduzione di 547 unità (variazione percentuale di -4,69%) ;
b)    la 2^ Circoscrizione registra un decremento pari a -4,15% in valore relativo;
c)     nella 5^ Circoscrizione è riscontrabile una riduzione degna di interesse
(-5,97%) che è, poi, quella più consistente nel periodo considerato.
C’è da far rilevare, comunque, che la contrazione della popolazione è un fenomeno presente in tutto il Comune della Spezia, comprese anche le zone centrali della città (Circoscrizioni 3 e 5), nelle quali è risContrabile, rispettivamente, una variazione percentuale del -5,55% e del -5,97%.
La zona del centro cittadino possiede la densità di popolazione e la densità abitativa più elevata, e la presenza maggiore di persone anziane. L’indice di vecchiaia più alto si trova infatti nella 3^ Circoscrizione (273,32), mentre la 5^ Circoscrizione risulta essere quella con l’indice di vecchiaia più basso (229,23). Comunque si può affermare che gli indicatori di anzianità sono molto elevati in tutte le 5 Circoscrizioni esaminate e tutto ciò non fa altro che confutare l’analisi eseguita nei paragrafi precedenti, con la quale si è rilevato il forte invecchiamento della popolazione residente.
CIRCOS.
1991
SUP.
ETTARI
POPOLAZIONE
 
STANZE
INDICE DI INVECCHIAMENTO
 
 
1981
1991
DENS.
TERR.
VARIAZ.
1981-91
TOTALE
1991
DENS.
TERR.
1992
1995
1
1606,00
11652
11105
6,91
-4,69
19300
12,02
235,9
235,75
2
1195,00
18370
17607
14,73
-4,15
29116
24,36
239,52
242,49
3
212,00
30386
28700
135,38
-5,55
56233
265,25
277,85
273,32
4
973,00
27758
27573
28,34
-0,67
44348
45,58
243,23
252,75
5
1141,00
17502
16457
14,42
-5,97
27258
23,89
228,26
229,23
TOTALE
5127,00
105668
101442
19,79
-4,00
176255
34,38
 
 
 

3. La condizione abitativa

Nel Comune della Spezia, nel 1991, sono state rilevate 44.906 abitazioni e 176.255 stanze (occupate e non occupate). Rispetto al 1981 si è verificato un incremento delle abitazioni di 715 unità in valore assoluto (+ 1,6%) e di 3.593 stanze. Risulta chiaro il rallentamento della crescita edilizia nel decennio: infatti, mentre nell’intervallo temporale ‘71-’81 l’aumento si attestava in termini relativi sul 6,23%, nell’ultimo periodo l’incremento era del solo +1,62%.
 
ANNO
TOTALE ABITAZ.
ABITAZ. OCCUPATE
STANZE OCCUPATE
STANZE NON OCC.
POPOLAZ
RESIDEN
1971
41599
39801
148918
6498
124547
1981
44191
41096
161842
10820
115392
1991
44906
40560
161280
14975
101442
 
 
 
 
 
 
71-81 V.A.
2592
1295
12924
4322
-9155
71-81 V.%
6,23
3,25
8,68
66,51
-7,35
81-91 V.A.
715
-536
-562
4155
-13950
81-91 V.%
1,62
-1,30
-0,35
38,40
-12,09
 
                                                            
 
INDICATORI:
ANNO 1971
ANNO 1981
ANNO 1991
DIM MEDIA
ALLOGGI OCCUP.
3,74
3,94
3,98
INDICE AFFOLLAMENTO
3,94
0,71
6,27
% STANZE NON OCC SULLE OCC.
3,98
0,63
8,50
 
Una considerazione a parte va fatta per le abitazioni e stanze non occupate: tra il 1971 ed il 1981 abbiamo un incremento di stanze non occupate molto elevato, pari al 66,51% (si passa da 6.498 a 10.820), contro una riduzione del 7,35% della popolazione residente. La crescita delle stanze non occupate continua anche nei dieci anni successivi (1981-1991) seppure se in maniera molto più contenuta (38,4%). Il risultato odierno è che le stanze non occupate sono l’8,5% del patrimonio abitativo (dato del 1991), aumentate rispetto al 1971 (4,18) e al 1981 (6,27%). Sempre in relazione alle abitazioni non occupate è significativa l’analisi che emerge dal dato relativo al motivo della non occupazione: nel 1981 le stanze non occupate erano 10.820, nel 1991 eese salivano a 14.975 facendo registrare un +38,4%. Le stanze non occupate per motivi di vacanza salgono appena del 14%, mentre quelle non occupate per “altri motivi” (non disponibili per la vendita e l’affitto) passano da 5.387 a 8.067 pari a +50%. Questo dato conferma l’ipotesi che alla Spezia il mercato dell’abitazione è rivolto quasi esclusivamente al fabbisogno interno ed i dati mostrano che c’è stato uno “spostamento” di persone da alloggio ad alloggio (da casa vecchia a nuova casa) dentro i limiti comunali e che il patrimonio liberato non è stato reinserito nel mercato delle costruzioni. L’analisi degli indicatori relativi al grado di utilizzazione dei servizi, mostrano una elevata qualità degli stessi ed un sufficiente sfruttamento degli alloggi. In particolare, osservando le variazioni degli indici principali (dal 1971 al 1991), possiamo evincere quanto segue:
a) l’indice di affollamento si modifica dallo 0,84% allo 0,63%;
b)  la dimensione media degli alloggi occupati varia da 3,74 a 3,98;
c) le abitazioni con bagno completo nel 1991 sono il 98,68%;
d) le abitazioni fornite di riscaldamento centralizzato sono il 78,31%;
e)  le abitazioni fornite di acqua di acquedotto sono il 99,58%.

3.1. Il mercato delle costruzioni

L’analisi dei dati relativi alle concessioni edilizie rilasciate dal Comune nel decennio 1985-95, mostra un andamento discontinuo dell’attività, evidenziando due distinti periodi: prima e dopo il 1987, anno di approvazione del nuovo Piano regolatore. Infatti, prima di tale data, l’attività edilizia era assestata su una media inferiore a 25 mila/mc. per anno, subito raddoppiata nel 1988 dopo l’entrata in vigore del nuovo Prg. Nel triennio 1991-1993, l’attività edilzia subisce una notevole impennata con valori superiori a 100 mila mc/anno, in gran parte da assegnarsi agli interventi realizzati all’interno dei Piani di zona.
 
Anno
Residenziale
Non Residenziale
N° concess.
Volume Mc.
N° concess.
Volume Mc.
1985
5
19.988
2
9.700
1986
11
21.763
5
225.930
1987
10
25.833
1
6.973
1988
22
49.767
3
201.786
1989
30
48.692
3
60.413
1990
27
45.413
1
31.900
1991
37
87.798
2
79.591
1992
45
113.257
0
0
1993
34
108.450
1
16.632
1994
53
47.164
2
109.150
1995
47
94.955
2
135.198

3. La condizione economica della popolazione

La popolazione attiva del Comune, nell’ultimo censimento, era di 40.576 unità, il 4,67% in meno rispetto al 1981 con una riduzione delle persone in età lavorativa compresa tra 14 e 64 anni pari a 11,72% in meno.
Il tasso di attività scende da 89,11% all’86,8% (variazione pari a -2,31%) ; gli occupati nel periodo 1981-1991 si riducono del 7,15%, mentre aumentano i disoccupati (addirittura del 50,32%) e di coloro in cerca di prima occupazione (2,74%).

Nel Comune della Spezia, la popolazione attiva nel 1981, suddivisa per ramo di attività economica, è impiegata per circa il 33% nell’industria, seguono la Pubblica Amministrazione ed i servizi (30,68%), il commercio (19,68%) ed i trasporti e comunicazioni (9,79%). Il 1991 segna invece un mutamento nel peso percentuale degli occupati nei vari rami di attività. La Pubblica Amministrazione ed i servizi pubblici e privati divengono il ramo di attività con il peso più elevato degli occupati (35,01%).
L’industria scende al 25,21% degli occupati sul totale degli attivi, l’agricoltura riduce il suo peso relativo allo 0,65%, così come i trasporti e comunicazioni (8,89%). Il credito e servizi aumentano di circa il doppio
il numero degli occupati, passando dal 5,31% del 1981 al 10,27% del 1991.Globalmente gli occupati hanno subito una riduzione in valore assoluto di 2.084 (-5,32%). Una tendenza rilevata in questo ultimo decennio è il passaggio di occupati dal settore industriale al comparto P.A., servizi pubblici e credito. Tale fenomeno è riscontrabile anche nei Comuni confinanti.

5. Caratteri evolutivi dell’industria dell’artigianato e del commercio

Il sistema economico spezzino ha attraversato durante gli ultimi venti anni un periodo critico caratterizzato dalla crisi della ande impresa manifatturiera, dalla crescita del tasso di disoccupazione, accompagnate da un sensibile calo demografico, dal forte invecchiamento della popolazione e dalla riduzione dei nuclei familiari. Tutto ciò assume notevole importanza se si associa all’evoluzione ventennale (1971-1991) del tessuto industriale spezzino. Quest’ultimo, infatti, si sviluppava secondo una struttura dicotomica, tanto che nel 1991 si notava una prevalenza di imprese (89,4%) nella classe dimensionale compresa tra 1-9 addetti (con il 29,3% degli occupati), mentre la grande impresa occupava il 35,6% degli addetti del settore. Durante il decennio 1981-1991 il sistema industriale spezzino è sembrato avviarsi verso un bipolarismo che vede da una parte la grande impresa concentrata e dall’altra un indotto costituito da piccole realtà diffuse nel territorio e legate indissolubilmente alla committenza.
Nel 2000 le imprese attive nel settore industriale in senso stretto sono il 12.26% del totale delle imprese iscritte al registro della Camera di Commercio e rappresentano il tasso di attività più elevato rispetto a quello rilevato nelle altre province liguri. Infatti, Genova ha un percentuale più bassa, pari allo 11.86%; mentre solo il 9.19% delle imprese savonesi e il 7.50% di quelle di Imperia svolgono attività manifatturiera. Il settore industriale costituisce attualmente il 31% del valore aggiunto provinciale, con un peso crescente dal 1994 fino d oggi, e occupa il 27% del totale dell’occupazione provinciale.
 
I Principali settori e la loro localizzazione
L’attività industriale prevalente nella provincia della Spezia riguarda il comparto meccanico (fabbricazione di prodotti in metallo esercitata dal 18.58% delle imprese presenti sul territorio). Seguono poi le industrie che lavorano minerali non metalliferi (pari al 14.55% del totale provinciale) e i cantieri navali dove operano il 13.16% delle aziende. Numerose risultano anche le industrie per la fabbricazione delle macchine (10.06%), le industrie alimentari (8.20%) e l’editoria (6.81%).

Mentre nel settore manifatturiero ed edile nel suo complesso la forma giuridica

predominate rimane la ditta individuale, per il settore industriale è invece prevalente la forma delle società di capitali (67% sul totale provinciale), grazie soprattutto all’evidente peso delle società a responsabilità limitata che raggiungono l’85% del totale delle società di capitale presenti. Il 14% è appannaggio delle società per azioni, mentre le società di persone occupano il 15% del totale provinciale.

Ben 80 aziende su 120 per il settore lavorazione di prodotti in metallo hanno adottato la forma di società di capitali, e lo stesso vale per 72 aziende su 94 per il settore della lavorazione dei minerali non metalliferi che, come osservato, sono le principali attività industriali nell’intera provincia spezzina.
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale i dati della Camera di Commercio mostrano che la maggior presenza di imprese industriali si concentra nell’area del Golfo (43.4%) e in Val di Magra (36.7) con la stessa dislocazione anche per il settore costruzioni, dove il 40.8% delle imprese oprano nell’area del Golfo.
L’area del Golfo, riconfermata come l’area territoriale di maggior concentrazione di imprese industriali, ha visto incrementare il numero di aziende del settore dalle 1.779 unità nel 1999 alle attuali 1.836.

Per ciò che concerne una più precisa collocazione delle principali attività industriali vi è una forte presenza di attività cantieristiche sul viale San Bartolomeo, il settore edile è invece piuttosto diffuso su tutto il territorio. Le attività di movimentazione dei containers sono localizzate all’interno del porto ed in Viale San Bartolomeo, Via privata ENEL e Via Valdilocchi; le industrie chimiche si trovano nelle via Vappa, Via Fontevivo, Via Pitelli; le agenzia marittime e spedizionieri si dividono tra il Porto mercantile, Viale San Bartolomeo e Viale Italia.

5.1. L’industria

Nel 1991 il comparto manifatturiero confermava il ruolo di primo piano nel sistema industriale, seguito dalle costruzioni, cantieristica, meccanica di precisione e metalmeccanica. Tutto ciò sebbene nel decennio considerato si sia verificato un fenomeno di deindustrializzazione, con un calo del peso degli addetti industriali rispetto alle altre attività economiche ed un ridimensionamento del settore manifatturiero stesso (-3% di occupati) e di unità locali.
Nel periodo ‘91-’94 c’è stata una ulteriore contrazione delle imprese industriali (-10,9%) che hanno interessato maggiormente: l’edilizia (-13,6%); il manifatturiero tessile (abbigliamento -17,4%); la produzione dei beni di metallo (-12,7%), la lavorazione dei minerali non ferrosi (11,3%), la cantieristica (-8,3%). In questo periodo aumenta invece il peso della metalmeccanica (22,2% nel 1991 e 23,3% nel 1994), caratterizzandosi come il comparto a maggiore “tenuta” (-6,8%). La meccanica di precisione ha mostrato, durante gli anni di riferimento, la più alta stabilità come variazione del numero di imprese e una grande reattività al momento sfavorevole tanto da ottenere un saldo positivo (+7,3%) nel 1993.
Per ciò che riguarda la struttura del sistema, nel 1994 la forma giuridica prevalente nel settore industriale spezzino era la Ditta Individuale (61,1%) con una prevalenza nei comparti del tessile-arredamento e le costruzioni. Le società di persone e di capitale erano invece maggiormente presenti nell’energetico e nell’estrattivo. Il metalmeccanico presenta il 20,5% di società di capitali ed il 27,9% di società di persone. L’altra metà sono ditte individuali.
La maggiore contrazione dell’occupazione industriale nel periodo ‘91-’94 si è registrata nel comparto delle costruzioni (-37,9%). Nell’industria il calo di occupazione è dovuto al blocco delle assunzioni, al pensionamento e prepensionamento sfociato poi nei licenziamenti. Tutto ciò non ha fatto che sottolineare il ruolo importante della grande industria pubblica (Arsenale M.M.) e quella a partecipazione statale: il peso infatti è salito dal 35,8% al 33,1% del totale della forza lavoro industriale. La grande industria spezzina ha fatto riscontrare una contrazione occupazionale pesante nel comparto armiero (OTO Melara) e nella cantieristica e collegate (Termomeccanica).
Il 1995 sembra evidenziare un miglioramento dovuto ad un progressivo processo di emancipazione della PMI spezzina, caratterizzata fino a quel momento da un tipo di produzione da “indotto”. Essa, infatti, tende sempre più a crearsi una propria personalità, ad orientarsi al mercato, in competizione per ciò che riguarda la tecnologia dei processi produttivi e la capacità di penetrazione. D’altra parte esistono tuttora le PMI non competitive, ancorate all’indotto della grande industria locale, situazione che durante il periodo di contingenza sfavorevole (‘91-’94) ha portato insieme alla crisi della grossa impresa, quella della PMI locale legata ad essa.
La Spezia ha la maggiore percentuale di industrializzazione regionale (20,2%). La grande industria ha avuto un calo occupazionale costante che continua fino ad oggi: la Termomeccanica si è ridotta in un anno (‘94-’95) di circa 1/3; l’OTO del -5,3%; la Fincantieri -4,1%; l’Inma –10,6%. In controtendenza sono l’Ocean +10,1% (da 536 a 590 addetti) e l’Intermarine dello 0,3% (compresa la zona di Sarzana).

5.2. L’artigianato

La crisi che si è verificata durante l’intervallo temporale ‘91-’93 ha indubbiamente interessato anche l’artigianato spezzino. Il 1994 ha evidenziato una certa ripresa constatata da una crescita del volume di affari ed un aumento delle imprese operanti in alcuni settori. Complessivamente, mentre da un lato si è verificata una crescita dello 0,3% delle UL (interessando maggiormente quelle del legno, l’impiantistica, i parasanitari), dall’altro gli addetti si sono ridotti del -2,7%, sebbene questa caduta sia inferiore rispetto agli anni della crisi. Il problema maggiore sembrano riscontrarlo le imprese che hanno sempre operato nell’indotto della grande industria (OTO Melara, Termomeccanica e Arsenale): esse infatti hanno avuto difficoltà di ripresa a seguito delle minori richieste provenienti dalle grosse committenti a causa della vicenda EFIM. La riduzione del -2,7% degli addetti occupati nelle imprese artigiane nel 1994 è dovuto al fatto che esistevano ed esistono esigenze di flessibilità nel processo di produzione. Questo ha portato una crescita della quota capitale ed una riduzione della domanda di lavoro; tutto ciò associato ad una riduzione delle dimensioni. Dal punto di vista della struttura delle imprese artigiane la ditta individuale resta la forma giuridica con maggiore peso sul totale (circa l’80%).
Nel comprensorio La Spezia-Val di Magra nel comune capoluogo erano concentrate il 50,4% delle imprese artigiane, mentre nella valle del Magra esse arrivavano a circa il 30%. Oggi le imprese artigiane sono concentrate per il 39,7% nel Comune della Spezia e per il 33,6% nella valle del Magra. Questa delocalizzazione di imprese verso la valle del Magra è da imputare principalmente alla scarsità di aree artigianali nel Comune. Nel periodo ‘91-’94 i settori che hanno avuto un andamento negativo sono stati: il chimico-plastico -13%; il metalmeccanico -10,3%; l’edilizia -4,73%; l’igiene e pulizia -5,2%; i trasporti -6,1%.
La dimensione media delle aziende artigiane è pari a 1,9 addetti per impresa. La dimensione media passa da 1,96 a 1,81 per l’edilizia; da 2,69 a 2,40 per l’alimentare. La classe dimensionale minima (un solo addetto) rappresenta l’80% delle imprese ed il 41,1% dell’occupazione complessiva. La classe tra 2 e 9 addetti ha un peso sul totale pari al 18,5%. Per quanto riguarda i vari settori, il comparto meccanico ha una tendenza all’aumento dimensionale anche se esistono ancora imprese legate all’indotto della grande industria incapaci di presentarsi in modo indipendente sul mercato. L’edilizia, come l’artigianato di servizio, prosegue nei segnali di stasi. L’alimentare ha subito la riduzione dei consumi soprattutto a livello urbano; nel settore trasporti, infine, si evidenzia una riduzione di richieste, anche in relazione al mutamento degli scenari competitivi.

5.3. Il commercio

Analisi della rete

Uno sguardo più ampio all’ambito nazionale, secondo quanto recentemente pubblicato da Infocamere, mostra che, a fronte di un aumento complessivo del numero delle imprese, si è registrato nel

primo trimestre del 2001 una diminuzione complessiva di 7.952 unità commerciali pari ad un tasso di crescita negativo dello – 0.52%. La dinamica natalità- mortalità delle imprese mette in evidenza il processo di ristrutturazione in atto nel settore del commercio. Lo studio condotto da Unioncamere attribuisce, infatti, tale risultato negativo al processo di ammodernamento che sta coinvolgendo il settore. La ristrutturazione in atto si evince da una diminuzione che riguarda prevalentemente le ditte individuali nel commercio (5.951) e da un contemporaneo aumento riguardante esclusivamente le società di capitale (+ 461) pari ad un tasso di crescita dello 0.25%.[1]   Un dato interessante se incrociato con i dati provinciali dai quali emerge un prevalenza delle ditte individuali (il 70.95% sul totale) e delle società di persone (21.17%) sulle altre forme giuridiche. Lo stesso rapporto sull’economia provinciale della C.C.I.A.A riferito ai dati 1999 ha evidenziato una contrazione delle imprese individuali e delle società di persone, con l’unica eccezione delle società di capitali che hanno totalizzato una tendenza al rialzo pari all’11,5%.[2] Il 2000 è caratterizzato come un anno di forte ripresa delle aperture di esercizi commerciali da ricondurre all’applicazione delle nuove norme sulla libertà d’accesso, introdotte dalla riforma del settore: nella provincia sono registrate 337 nuove iscrizioni nei registri camerali relative al commercio al dettaglio fisso con un saldo positivo pari a +76, in controtendenza rispetto al saldo tra imprese iscritte e cancellate del 1999 pari a –74.[3]
Il grafico 2 sintetizza l’andamento del commercio locale nel periodo 1995-2001. I dati riguardano il primo trimestre di ogni anno e sommano il numero delle imprese attive nel commercio all’ingrosso, intermediazione del commercio e commercio al dettaglio esclusi il commercio relativo alla riparazione e manutenzione degli autoveicoli. Il grafico e’ stato elaborato in base ai dati pubblicati sul sito Internet di Infocamere.
L’interpretazione di un simile dato dimostra che anche di fronte alla diminuzione costante delle attività commerciali non si registrano variazioni significative nel settore in esame.
La differenza tra il primo trimestre 1995 e 2001 mostra una differenza di sole 426 unità distribuite in 7 anni.[4]     Ciò confermando i dati elaborati dallo studio della DITEA.
A marzo 2001 delle 167 nuove attività iscritte alla C.C.I.A.A 25 riguardano il settore del commercio ovvero l’0.14% delle nuove attività.[5]
Continuando l’indagine relativa al contesto provinciale, rileviamo che il commercio spezzino si presenta prevalentemente come commercio al dettaglio (42.3%),[6] assorbendo circa il 25% degli occupati totali della provincia.[7] Secondo i dati recentemente divulgati dall’Osservatorio Nazionale del Commercio presso il Ministero dell’industria il commercio spezzino è caratterizzato prevalentemente da esercizi non specializzati a prevalenza alimentare (409 su un totale di 3264 esercizi),altri esercizi specializzati non alimentari (508) e di attività inerenti al settore dell’abbigliamento, accessori e pelliceria (581)[8]
Per ciò che riguarda il Comune della Spezia la tendenza che si rileva è sostanzialmente la stessa con un incremento evidente solo nel primo semestre del 2001 per gli esercizi di vicinato alimentari e non alimentari.
Il 2002 rappresenta l’anno in cui la riforma relativa al commercio si è andata assestando e definendo. All’incremento del numero degli esercizi si è associato un altrettanto incremento relativo alla superficie di vendita.
Una particolare attenzione deve essere rivolta al piccolo commercio, che rappresenta ancora, sia in termini quantitativi che qualitativi, l’ossatura della rete spezzina.
Un processo di evoluzione di questo livello distributivo va guidato ed incentivato verso forme evolute di associazionismo, sia fondato su basi territoriali sia su affinità merceologiche.
E’ questa l’unica efficace strategia, unita ad una costante politica di promozione, in grado di ridurre i costi ed elevare la qualità dei servizi alla clientela, realizzando livelli di competitività in grado di rispondere efficacemente alla crescita della grande distribuzione, in quest’ottica sempre più l’amministrazione tende a favorire la realizzazione di consorzi.
L’apertura degli esercizi di vicinato è regolata da una procedura semplificata che consiste nell’invito al Comune di una preventiva comunicazione e lasciando allo stesso un termine di 30 giorni per effettuare le opportune verifiche permette al soggetto interessato di dar corso all’apertura dell’esercizio dopo il trentesimo giorno.
La normativa consente delle deroghe a tale principio per le aperture di esercizi di vicinato, queste sono state utilizzate dalla Regione Liguria che ha ridotto nei propri indirizzi e criteri, il limite di 250 Mq. di superficie di vendita a 100 Mq. nelle zone urbanistiche di tipo “A“ (D.M. n° 1444/68), nei centri storico commerciali, nei comuni con popolazione residente fino a 3.000 abitanti e in tutte le frazioni o centri abitati con popolazione fino a 500 abitanti; con l’attuazione del nuovo P.U.C. si intendono mantenere detti limiti comprendendoli negli ambiti territoriali di conservazione: nel centro storico, nei nuclei collinari e costieri e nel quartiere dei colli.
Ciò al fine di salvaguardare in questo settore la rete commerciale esistente senza peraltro scoraggiare la sua modernizzazione e la produttività.
Tutto questo nel nostro comune è stato recepito ed utilizzato per ciò che riguarda il settore alimentare. E’ indubbio che la media distribuzione alimentare ha subito negli ultimi anni un incremento, nel 1990 rappresentava il 34,2% della superficie dell’intero comparto alimentare, nel 1998 la media risultava cresciuta del 5,27%.
Questo processo di razionalizzazione del settore si è realizzato prescindendo dalle previsioni della programmazione commerciale.    La suddetta realizzazione è avvenuta mediante lo sviluppo dei discount e delle superette, si è così determinata una forte densità di esercizi nella fascia più bassa della media secondo i limiti del decreto 114 (250-2500 Mq.). Questo processo ha tuttavia delineato un nuovo equilibrio della rete che le ha assicurato un’accettabile livello di efficienza e capillarità.
 
La pianificazione commerciale
La Regione ha accompagnato la stesura dei suoi criteri ed indirizzi emanati nel 1999 ad uno studio approfondito effettuato dal Dipartimento di Tecnica ed Economia dell’azienda dell’Università di Genova.
Lo studio aveva preso in esame le variabili di carattere demografico e socio economico che avevano influito sull’assetto del sistema commerciale ligure.
Dal punto di vista demografico si era registrata una complessiva staticità, con tendenza alla diminuzione della popolazione ligure con un progressivo aumento delle fasce più anziane e una diminuzione di quelle più giovani. Ciò non aveva influito comunque in maniera apprezzabile sui processi di trasformazione del settore. 
Si ritiene che tale studio, effettuato dalla DITEA nel 1998/1999 possa, in attesa dei nuovi criteri che dovranno essere emanati dalla Regione Liguria nell’aprile 2002, essere ancora alla base della programmazione non essendosi verificate ad oggi variazioni sostanziali.
Dall’approvazione dei primi criteri nel maggio del 2000 si è detto che la rete commerciale non si è sostanzialmente modificata, con l’attuazione dei criteri regionali si sono andate definendo le situazioni relative a quanto era già stato programmato negli anni precedenti.
Di ciò si ha un riscontro oggettivo esaminando la grande distribuzione, la delibera regionale n° 29/1999 aveva confermato gli indirizzi programmatori esistenti in materia di grande distribuzione, prevedendo per il nostro territorio tre insediamenti di cui due nell’area ex IP (ex tipo B e ex tipo D) e il terzo previsto nella zona ponente oggi in fase di completamento.
Appare importante confermare l’orientamento dell’amministrazione, sentite le forze sociali, a richiedere una sostanziale revisione di quanto programmato nell’ex area IP.
I dati prodotti confermavano una forte evasione dei consumi a favore di aree limitrofe sia nel settore alimentare che non alimentare. Tali dati evidenziavano una carenza oggettiva della rete e cioè l’assenza di un centro commerciale in grado di attirare flussi di consumatori anche su scala sovracomunale.    Nulla è mutato.
Un centro di maggiori dimensioni ripensato anche dal un punto di vista progettuale consentirebbe di colmare l’oggettiva lacuna ricordata e di sviluppare un rapporto sinergico anche con il commercio al dettaglio specializzato.
Emerge inoltre l’esigenza di dover prevedere superfici di medie dimensioni alimentari in zone urbanistiche predeterminate, ciò al fine di salvaguardare in questo settore la rete commerciale esistente senza per altro scoraggiare la sua modernizzazione e produttività.
Per il settore non alimentare invece non si ritiene necessario attivare tali deroghe, proprio per favorire nel centro storico e in altre zone strategiche l’ammodernamento della rete, la sua qualificazione cercando di far diventare il centro storico un polo d’attrazione per il commercio nei settori dello “shopping-goods”.
Per ciò che concerne la media distribuzione non alimentare la rete appare ancora oggi molto poco articolata se non addirittura carente.   
La pianificazione deve prevedere e favorire la possibilità di nuovi insediamenti anche capaci di attirare nuovi flussi turistici.
Un altro tema di fondamentale importanza per quanto concerne la programmazione della piccola distribuzione è quello della salvaguardia degli esercizi collocati nelle zone periferiche ed in particolare in quelle collinari. Tali esercizi costituiscono servizi di grande importanza anche sociale in relazione all’invecchiamento della popolazione. Essi costituiscono rispetto ai fenomeni di concorrenza in atto delle realtà sempre più marginali.


[1] Indagine Movimprese del 23 aprile 2001.
[2] Rapporto sull’economia provinciale pubblicato della C.C.I.A.A.
[3] Dati relativi all’anno 2000 pubblicati dall’Osservatorio del Commercio presso il Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato.
[4] Elaborazione dei dati disponibili sul sito internet htto://www.infocamere.it/movi/tables/2001/SP12001.htm.
[5] Dati pubblicati da “Il Sole-24 Ore” sezione Nord-Ovest in data 30/04/01 formulati in base alle nuove iscrizioni al registro imprese di marzo 2001.
[6] Rapporto Provinciale del 1999.
[7] “I dati sul mercato del lavoro in Provincia di La Spezia: Anno 2000” pubblicato dalla CC.I.AA.
[8] Osservatorio sul Commercio:http://www.minindustria.it/Dgcas/Osscommercio/Tavole/TAV3_7A_Liguria.htm.



6.     Elementi dell’indagine logistico-economica 
6.1.  Il Porto e la nautica da diporto 
6.2.  Il turismo 
6.3.  Ipotesi e tendenze del settore turistico

Capitolo VII 
Turismo – Sviluppo e prospettive 

 

1.     Premessa 
2.     I flussi turistici – Comune, Provincia, Regione 
2.1.  Nel Comuni della Spezia – periodo 1995/2000 
2.2.  Nella Provincia della Spezia – periodo 1995/2000 
2.3.  Nelle Province liguri – periodo 1990/1999 
3.     I tipi di turismo nel Comune della Spezia 
4.     Lo stato di fatto: le strutture ricettive esistenti 
5.     Elementi per il dimensionamento della capacità ricettiva 
5.1.  Considerazioni preliminari 
5.2.  Valutazioni per il dimensionamento della capacità ricettiva 
5.3.  I tipi di turismo e di ricettività: considerazioni sullo sviluppo del settore

 

Capitolo VIII 
Le condizioni del processo di pianificazione

 
1.     Il Piano urbano del traffico 
1.1   Il piano dei trasporti pubblici urbani e suburbani 
1.2   Il Piano dei Trasporti Marittimi 
2.     Lo stato di attuazione del Prg vigente 
2.1.  La residenza 
2.2.  Le aree produttive 
2.3.  I servizi di quartiere 
3.     La potenzialità del sistema insediativo